Il potere della comunicazione, perché il business deve crederci
Molte aziende trattano ancora la comunicazione come un’attività operativa o estetica (“facciamo il post”, “facciamo il video”), e non come un elemento centrale della strategia di business. L’intento di questo articolo è dissuadere da una comunicazione slegata dal progetto imprenditoriale, perché essa è un asset che impatta direttamente sul conto economico, incidendo su ricavi e profitti. In questo contesto, l’intelligenza artificiale generativa e gli agenti digitali non devono spaventare: rappresentano un alleato per amplificare il potere narrativo e liberare tempo da dedicare al valore.
Il potere delle emozioni e della forma del messaggio
Che sia scritta, ascoltata in un podcast o vissuta visivamente, ogni forma di comunicazione incide sulle decisioni d’acquisto. La struttura del messaggio, il ritmo, le emozioni – il 54% degli acquirenti a livello globale cerca emozioni nello shopping online – che un brand sceglie di condividere influenzano direttamente i clienti.
Senza una strategia, la comunicazione è solo un flusso disordinato: poco importa quanto “bella” possa sembrare.
Un caso ispirante: Etsy e le collezioni algotoriali
Condivido un caso che mi ha colpito.
La piattaforma di e-commerce, focalizzata su prodotti artigianali e vintage, ha introdotto collezioni “algotoriali”: una selezione iniziale curata da persone (50 articoli) viene espansa dall’IA in oltre 1.000 suggerimenti stilisticamente coerenti ma sorprendenti. Risultato? +23% nel tempo medio di sessione sull’app. Un segnale chiaro: la Gen AI può essere complice della scoperta.
B2B: quando la comunicazione diventa relazione
Anche nel B2B la comunicazione non è più solo informativa, ma relazionale. I decisori aziendali non cercano solo dati: vogliono esperienze, coerenza, fiducia. Mai come oggi le figure apicali si mostrano disponibili al confronto – anche pubblico – tra pari. Il confronto diventa un asset per contrastare l’incertezza.
Sempre più aziende B2B si stanno trasformando in B2BtoC, chiamate a comunicare lungo tutta la filiera, fino all’utente finale.
Per questo serve una strategia narrativa capace di connettere valori, tecnologia e persone.

Sei mosse per reinventare il business attraverso la comunicazione
Ecco 6 consigli pratici per reinventare il business attraverso la comunicazione – sia in contesti B2C che B2B:
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Lega il piano di comunicazione al business plan. Questo ti aiuterà a essere rilevante e a distinguere ciò che è “nice to have” da ciò che è “must have”.
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Passa da “messaggi” a “esperienze”. Non limitarti a trasmettere informazioni: progetta esperienze di comunicazione che coinvolgano emozioni, sensi e interazioni. Che sia una demo, una mail o un evento, chiediti: cosa sentirà la persona, non solo cosa capirà?
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Metti in scena i tuoi valori, non solo i tuoi prodotti. Le persone (clienti, partner o dipendenti) comprano ciò in cui credono. Valorizza la cultura aziendale attraverso storie autentiche, scelte editoriali coerenti e contenuti che riflettano il “perché” oltre al “cosa”.
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Integra IA e umanità. L’intelligenza artificiale può moltiplicare efficienza e personalizzazione, ma non deve annullare l’unicità del brand. Usa l’IA come assistente creativo, non come copia-incolla emozionale.
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Reinventa i touchpoint interni. La comunicazione non è solo esterna. Newsletter interne, onboarding, riunioni… sono occasioni strategiche per rafforzare l’identità aziendale, alimentare la motivazione e creare senso di appartenenza.
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Allena il team alla narrativa strategica. Ogni persona in azienda è un portavoce. Offri formazione e strumenti per trasformare tecnicismi in storie e trasmettere visione, valore e impatto in ogni scambio. La comunicazione efficace è una soft skill strategica.
Happy communication!
Comunicazione intergenerazionale: quando il team diventa il messaggio
Perché le aziende più visionarie stanno scoprendo che il vero vantaggio competitivo non è solo nella strategia, ma nella composizione generazionale dei team che la pensano, la scrivono e la raccontano.
La comunicazione non è mai neutra. Porta con sé codici, riferimenti, tempi e visioni del mondo. In un contesto in cui i brand devono parlare a pubblici sempre più multigenerazionali e diversificati, avere un team di comunicazione intergenerazionale non è solo utile: è strategico. Ma attenzione: non si tratta solo di mettere insieme giovani digitali e professionisti senior. La differenza si fa quando le competenze si potenziano a vicenda, generando un output che nessuna generazione, da sola, sarebbe in grado di produrre maggiore produttività e soddisfazione dei dipendenti.
Un rapporto di Harvard Business Publishing sottolinea che team inclusivi e diversificati tendono a superare in performance quelli omogenei, grazie alla varietà di prospettive e all’autenticità promossa all’interno del gruppo.
Un professionista con vent'anni di campagne alle spalle conosce bene le strutture persuasive, il peso delle parole, la coerenza di marca nel tempo. Un talento più giovane, magari nativo digitale, si muove con agilità tra nuovi format, tone of voice mutevoli, contenuti effimeri. Quando si lavora insieme, la strategia non è più solo un piano logico: diventa un ecosistema vivo, capace di dialogare sia con la solidità di un brand book sia con l'agilità di una story su TikTok.
Un copy senior sa costruire ritmo, tensione narrativa, evocazione. Ma spesso rischia di usare formule datate. Un junior ha accesso al linguaggio del momento, ma può mancare di profondità. Metterli in coppia (o farli co-editare) significa creare un testo che sa parlare sia al cuore che all'algoritmo. Un copy con memoria e futuro.
In un mondo in cui l'immagine è sempre più linguaggio, avere visioni estetiche di epoche diverse nello stesso flusso creativo può fare la differenza. I visual designer più esperti conoscono l'equilibrio, l'identità, il dettaglio. I più giovani portano glitch, velocità, contaminazioni. Insieme possono creare contenuti che siano rilevanti oggi, ma risonanti anche domani.

Anche il lavoro degli specialisti delle PR aziendali può arricchirsi enormemente grazie all’intergenerazionalità. I professionisti senior portano una comprensione profonda delle dinamiche istituzionali, delle relazioni con i media tradizionali, della gestione delle crisi con equilibrio e senso della misura. I più giovani, invece, conoscono il linguaggio degli influencer, le dinamiche della reputazione distribuita, i codici del tempo reale.
Quando queste competenze si incontrano, nascono strategie di comunicazione capaci di presidiare ogni tipo di conversazione, dalla conferenza stampa ufficiale al tweet virale, passando per le relazioni con stakeholder giovani e movimenti emergenti. È qui che le PR smettono di essere difensive o promozionali, e diventano architettura dinamica della reputazione.
Due casi sono emblematici. Gucci ha introdotto un "consiglio ombra" composto da giovani talenti che affiancano il top management. Il risultato? Non solo idee più fresche, ma anche una comunicazione più coerente con il sentire culturale dei nuovi pubblici. E in molte agenzie creative stanno nascendo "coppie miste" formate da un senior e un junior: i pitch migliori nascono proprio da tensioni generazionali risolte creativamente, non da briefing lineari.
In un'epoca in cui il pubblico ha imparato a decodificare ciò che sta dietro il contenuto, anche la composizione del team è parte della narrazione. Un brand che comunica attraverso una pluralità di generazioni comunica inclusione, ascolto e visione.
Non si tratta di un gesto politico, ma di un atto strategico: solo chi ascolta più generazioni sarà in grado di parlarne. E c'è di più: grazie alla collaborazione intergenerazionale, i team possono uscire dalle metriche di vanità (like, reach, impressioni) per concentrarsi su impatti reali: brand trust, profondità di engagement, fidelizzazione a lungo termine. Perché quando i contenuti nascono da voci diverse, parlano a pubblici diversi. E non solo per essere visti, ma per essere ricordati.
Happy Collaboration!
Dall’innovazione all’IA, una nuova era per la comunicazione
Prima ancora di ripensare i processi, serve ripensare le competenze. La trasformazione guidata dall’intelligenza artificiale non riguarda solo le tecnologie, ma anche le persone che le utilizzano. Secondo il rapporto Future of Jobs” del World Economic Forum (gennaio 2025), il 63% dei datori di lavoro considera le lacune nelle competenze il principale ostacolo alla trasformazione aziendale nei prossimi cinque anni. È per questo che l’85% delle aziende punterà sul reskilling, mentre il 70% prevede di assumere profili con competenze emergenti.
Le nuove figure per la trasformazione
Per affrontare questa transizione, emergono tre figure chiave: il Centauro, che combina la potenza computazionale dell’IA con l’intuito umano; il Curatore Cognitivo, in grado di trasformare dati in decisioni strategiche; e il Meta-Generalista, capace di collegare discipline diverse e pensare in modo sistemico. Questi profili non sono fantascienza: rappresentano già oggi il ponte tra l’efficienza tecnologica e la profondità umana, essenziale per costruire comunicazioni significative, etiche e impattanti.
Dall’innovazione all’iper-innovazione, nuovo paradigma
Per decenni, l'innovazione ha seguito un percorso consolidato: ricerca, ideazione, prototipazione, test e lancio. Questo modello, sebbene efficace, è diventato una routine aziendale. Tuttavia, l'avvento dell'intelligenza artificiale (IA) sta trasformando radicalmente questo approccio, inaugurando l'era dell'iper-innovazione.
Nella comunicazione, l'iper-innovazione implica l'integrazione dell'IA in ogni fase del processo comunicativo, consentendo alle aziende di non solo reagire ai cambiamenti, ma di anticiparli e plasmarli. Questo approccio proattivo permette di creare strategie comunicative più efficaci e personalizzate.

Le quattro fasi dell'iper-innovazione comunicativa
Analisi e insight in tempo reale
- Analisi e insight: tradizionalmente, raccogliere informazioni sul pubblico richiedeva tempo e risorse significative. Oggi, l'IA può analizzare vasti volumi di dati in tempo reale, identificando modelli e tendenze che informano la strategia comunicativa.
Ideazione strategica potenziata
- Ideazione della strategia: con l'ausilio dell'IA, le aziende possono generare e perfezionare concetti strategici, adattandoli ai vincoli di costo e alle esigenze del mercato, migliorando l'esperienza del cliente e garantendo una maggiore efficacia dei messaggi.
Contenuti personalizzati su larga scala
- Creazione dei contenuti: l'IA consente di sviluppare contenuti personalizzati su larga scala, ottimizzando testi, immagini e video per diversi segmenti di pubblico, aumentando l'engagement e la rilevanza dei messaggi.
Ottimizzazione continua
- Lancio e ottimizzazione: dopo il lancio, l'IA monitora le performance in tempo reale, analizzando il sentiment dei consumatori e adattando dinamicamente le strategie per massimizzare l'impatto comunicativo.
Secondo il report "Pulse of Change" di Accenture, il 76% dei leader aziendali vede l'IA generativa più come un'opportunità che come una minaccia, riconoscendo il suo potenziale nel trasformare le strategie comunicative e nel favorire la crescita dei ricavi.
L'integrazione dell'IA nel processo comunicativo rappresenta non solo un vantaggio competitivo, ma una necessità per le aziende che desiderano rimanere rilevanti in un mercato in continua evoluzione. Abbracciare l'iper-innovazione nella comunicazione significa adottare un approccio proattivo, sfruttando le potenzialità dell'IA per creare strategie più efficaci, personalizzate e reattive alle esigenze del pubblico.
Happy AI!
Il Giubileo della Comunicazione e il potere dell'Hopetelling
Eravamo abituati allo storytelling, l’arte di raccontare storie capaci di emozionare. Poi è arrivato lo storydoing, che ha trasformato le parole in azioni concrete, rendendo la narrazione più autentica e tangibile. Oggi, in un’epoca segnata da crisi e incertezze, emerge un nuovo paradigma: l’hopetelling, il racconto della speranza, una narrazione che non solo informa, ma ispira e motiva al cambiamento.
In questo scenario, il Giubileo della Comunicazione diventa un’opportunità per riflettere sul potere delle parole e sul loro impatto nel costruire un futuro più consapevole e positivo. Può la comunicazione, spesso dominata dal sensazionalismo e dalla paura, farsi strumento di speranza e trasformazione?
Il Giubileo è tradizionalmente un momento di riflessione e rinnovamento, e applicarlo alla comunicazione significa interrogarsi su come questa possa diventare più etica, inclusiva e costruttiva. La società contemporanea è spesso segnata da una comunicazione polarizzata, in cui prevalgono il sensazionalismo e la paura. Tuttavia, questo evento ci invita a ripensare il modo in cui raccontiamo la realtà: può la comunicazione essere al servizio del bene comune?
Papa Francesco, in più occasioni, ha sottolineato l'importanza di un’informazione che non si limiti alla denuncia del male, ma che sappia anche evidenziare il bene, promuovendo l'impegno come purpose per un futuro migliore. Questo approccio si collega perfettamente all'idea di hopetelling.
Cosa si intende per Hopetelling
L'hopetelling è una strategia narrativa che si concentra sulla comunicazione di storie di speranza, trasformazione e soluzioni. Non significa edulcorare la realtà o ignorare le difficoltà, ma mettere in luce percorsi di resistenza e resilienza che possano ispirare e motivare.
Nella comunicazione, ciò si traduce in una maggiore attenzione ai progetti di innovazione sociale, alle storie di comunità che trovano soluzioni a problemi complessi e a quelle persone che, con le loro azioni, diventano simboli di cambiamento. L'obiettivo è fornire al pubblico non solo un'analisi dei problemi, ma anche strumenti narrativi che alimentino la fiducia nel futuro.

Perché l'hopetelling è essenziale oggi?
Viviamo in un'epoca in cui il "doomscrolling" – l’abitudine a consumare incessantemente notizie negative – può generare ansia e sfiducia. Di fronte a questo fenomeno, l’ecosistema della comunicazione ha la responsabilità di bilanciare il racconto della realtà con narrazioni capaci di generare speranza e consapevolezza.
L'hopetelling è essenziale per almeno tre validi motivi:
- Offre una prospettiva alternativa: invece di concentrarsi solo sui problemi, mostra le soluzioni in atto.
- Motiva all'azione: evidenziando esempi di cambiamento positivo, ispira altre persone a contribuire alla trasformazione sociale.
- Rafforza il senso di comunità: promuove la condivisione di esperienze costruttive e crea connessioni tra chi vuole migliorare la complessità.
Un esempio concreto di hopetelling nel giornalismo è l’iniziativa di The Guardian, che ha lanciato una sezione dedicata al constructive journalism (giornalismo costruttivo) chiamata “The Upside” e del Corriere della Sera con “Buone notizie”.
Un nuovo riferimento: offrire soluzioni
Questo progetto che mirano a raccontare non solo i problemi, ma anche le soluzioni e le persone che stanno lavorando per risolverli, un approccio che potrebbe diventare un riferimento editoriale diffuso.
Il Giubileo della Comunicazione è stata un'occasione per riflettere sul nostro modo di raccontare il mondo. L'hopetelling rappresenta una prospettiva che può rinnovare la comunicazione, rendendola più orientata al bene comune e capace di risvegliare nelle persone il desiderio di essere parte attiva di un cambiamento positivo.
In un'epoca in cui la speranza sembra talvolta offuscata dalla crisi e da un’incertezza conclamata, il potere della narrazione può essere un faro capace di illuminare strade nuove e possibili.
Happy Telling!
La Comunicazione del futuro, tra IA e autenticità umana
Nel panorama sempre più complesso della comunicazione, l’Intelligenza Artificiale (IA) non è più solo uno strumento, ma un alleato capace di trasformare decisioni complesse in opportunità concrete.
Tuttavia, in un contesto in cui la velocità del cambiamento è spesso paralizzante, emerge un bisogno fondamentale: mantenere al centro l’autenticità e l’empatia umana.
Le aziende più visionarie stanno già adottando soluzioni innovative per prevedere scenari futuri e guidare con precisione le proprie strategie comunicative.
L’obiettivo? Democratizzare il futuro e rafforzare il dialogo con stakeholder e audience, con un approccio chiaro e genuino.
Secondo le ricerche più recenti:
- Il 49% dei consumatori globali desidera un clone IA entro il 2035 per gestire attività ricorrenti.
- Il 70% ritiene che, entro lo stesso anno, le relazioni con l’ IA potranno essere gratificanti quanto quelle umane.
Cosa significa questo per la comunicazione aziendale?
Bilanciare Innovazione e Autenticità
Le organizzazioni devono imparare a bilanciare innovazione e autenticità, utilizzando l’ IA come mezzo per anticipare esigenze e comportamenti, ma senza perdere di vista l’identità umana del messaggio.
Butterflies, un social network lanciato nel 2024, utilizza l’ IA per creare avatar che rappresentano le personalità degli utenti in maniera autentica e fluida. Questo permette alle persone di vivere narrazioni digitali più umane e coinvolgenti.
Immaginiamoci una CEO reputation strategy dove l’ IA aiuta a personalizzare i messaggi per diversi stakeholder, mantenendo però coerenza e autenticità nella voce del leader.
Altro esempio che vorrei segnalare è Future You una piattaforma che utilizza gemelli digitali per aiutare individui e organizzazioni a visualizzare le conseguenze delle decisioni nel tempo. Un potenziale rivoluzionario per chi deve definire strategie comunicative e prevedere l’impatto delle proprie azioni.

La IA per il benessere sociale
Un leader aziendale può usare questi strumenti per simulare scenari di crisi o opportunità, perfezionando i propri messaggi e affrontando proattivamente le criticità.
Anche il caso di Lenovo è interessante, ha introdotto un progetto IA per supportare la salute mentale dei giovani, dimostrando come la tecnologia possa avere valore sociale.
Creare contenuti responsabili e consapevoli che affrontano temi delicati come il benessere e la pressione sociale, promuovendo un linguaggio empatico e autentico.
Per le organizzazioni che vogliono guidare il cambiamento attraverso la comunicazione, è essenziale adottare approcci che integrano l’IA con l’empatia umana.
L’utilizzo di modelli IA può aiutare a prevedere trend emergenti e personalizzare i contenuti per i diversi target. Ad esempio, analizzando dati e feedback, è possibile creare narrazioni che risuonano realmente con i valori e le aspettative degli stakeholder.
Comunicare con Trasparenza
L’IA non deve mai sostituire la persona, ma amplificarla. Le aziende devono saper comunicare in modo autentico, affrontando imperfezioni e complessità.
In un mondo saturo di informazioni, chi sa comunicare con trasparenza e autenticità costruisce relazioni di fiducia a lungo termine. Le tecnologie possono diventare strumenti di supporto decisionale sia interno (team aziendali) che esterno (clienti e partner).
La comunicazione del futuro, si gioca sul delicato equilibrio tra previsione e autenticità. L’AI può anticipare, analizzare e semplificare scenari complessi, ma spetta ai leader aziendali mantenere viva la dimensione umana, emotiva e autentica del dialogo.
In questo contesto, la comunicazione esterna e la reputazione sono pilastri strategici: saper navigare il futuro con strumenti innovativi, senza perdere il contatto con ciò che rende la comunicazione vera e potente.
La comunicazione come leva di valore: il nuovo paradigma aziendale
In un contesto di turbolenza economica e di trasformazione sociale, il valore non si misura più solo in termini finanziari, ma attraverso nuove modalità di partecipazione e scambio. Per le imprese che aspirano a prosperare, la chiave sarà ripensare il modo in cui comunicano e come coinvolgono il pubblico, trasformando i valori condivisi in autentico valore di business.
Oggi, la comunicazione non può essere un monologo; deve essere partecipativa, aperta, basata su uno scambio equo e significativo. I brand di successo sono quelli che parlano non solo di prodotti, ma di valori, e che offrono agli utenti modi innovativi per partecipare e sentirsi ricompensati.
I consumatori ridefiniscono il concetto di valore
I consumatori stanno ridefinendo il concetto di valore in un periodo di crescente incertezza economica. Con la Generazione Z sempre meno attratta dal lavoro tradizionale (il 49% ritiene che non soddisfi le proprie aspettative), stanno emergendo nuovi modelli per creare e catturare valore. Questo spostamento richiede che le aziende comprendano come l’impegno autentico e la partecipazione strategica possano tradursi in relazioni più profonde e in una fedeltà duratura.
Piattaforme di gaming e app social, ad esempio, stanno già sperimentando nuovi scambi di valore basati sull’attenzione. Giochi come Hamster Kombat su Telegram, che ha raggiunto 300 milioni di giocatori, dimostrano che la ricompensa per l’attenzione può diventare una moneta di scambio potente. Ma non si tratta solo di gaming: sistemi come il programma TYB di Glossier, che valorizza il coinvolgimento genuino dei micro-influencer, mostrano che l’autenticità è il nuovo asset più prezioso.

Perché adesso? La pressione sui consumatori e il ruolo della comunicazione
La pressione economica sta spingendo il 57% dei consumatori a effettuare ricerche approfondite prima di acquistare, considerando non solo il prezzo ma anche il valore futuro di rivendita o il supporto post-vendita. Questo fenomeno, unito all’ascesa dei lavori secondari (il 45% della Gen Z ha un side hustle), indica che i tradizionali flussi di reddito sono insufficienti. In questo contesto, la comunicazione aziendale deve andare oltre le metriche tradizionali e abbracciare modelli che premiano l’impegno e il talento.
Un esempio significativo è IKEA, che ha sperimentato il pagamento di salari reali per lavori virtuali, aprendo la strada a nuove economie parallele. Analogamente, MM:Berlin ha trasformato il feedback collettivo in una valuta riconosciuta. Questi casi dimostrano come la partecipazione possa diventare un asset scambiabile, ridefinendo le regole del valore economico.
Le nuove generazioni sono parte del dialogo
Le nuove generazioni non cercano solo prodotti; vogliono sentirsi parte di un dialogo, di una comunità. Per conquistare questa audience, le aziende devono adottare approcci che premiano l’attenzione e riconoscono le contribuzioni individuali. Non si tratta più di “vendere” qualcosa, ma di creare un ecosistema in cui il consumatore è al centro, valorizzato e ricompensato per la propria partecipazione.
La comunicazione non è più un mezzo, ma una leva per creare valore autentico. I brand che riusciranno a costruire sistemi inclusivi, che parlano attraverso i valori e premiano l’attenzione, non solo sopravviveranno a questa trasformazione, ma diventeranno leader del cambiamento. Ora è il momento di dimostrare il proprio valore.
Happy value!
Multinazionali made in Italy tra opportunità e successo: il caso Illy Caffè
Le multinazionali di quell’ampio comparto definito Made in Italy rappresentano una forza silenziosa ma estremamente dinamica all'interno dell'ecosistema globale delle imprese. Queste aziende, pur avendo dimensioni contenute rispetto ai giganti del mercato, giocano un ruolo fondamentale almeno su tre livelli: innovazione, crescita economica e competitività.
Operando in segmenti di mercato ad alta specializzazione, riescono a posizionarsi come leader nei loro settori, sfruttando al massimo la flessibilità e la capacità di adattarsi rapidamente alle mutevoli esigenze del mercato, spesso con un livello tecnologico superiore alla media del settore.
Il ruolo delle multinazionali nell'ecosistema economico
La loro importanza nell'ecosistema economico non va affatto sottovalutata. Queste aziende, centrate su prodotti di alta qualità, sono capaci di catalizzare innovazione non solo a livello tecnologico, ma anche in termini di modelli di business e strategie di comunicazione. Esse possono contribuire a muovere intere categorie merceologiche grazie alle loro iniziative. Inoltre, contribuiscono in modo sostenibile e significativo alla crescita delle economie locali, generando posti di lavoro e promuovendo una cultura imprenditoriale orientata alla qualità e alla vicinanza alle persone.
Grazie alla loro capacità di internazionalizzarsi pur mantenendo una forte identità locale, le multinazionali del Made in Italy fungono da ponte tra economie locali e mercati globali, arricchendo l'intero ecosistema con una visione imprenditoriale unica.
Parlando in questo articolo di multinazionali del Made in Italy, non posso non riferirmi a un’azienda che è anche motivo di orgoglio nazionale: il caso Illy.
Multinazionali di successo, il caso Illy Caffè
Illy Caffè è riuscita a costruire un brand mondiale grazie a una strategia di comunicazione raffinata e coerente. Pur operando in un mercato globale dominato da enormi corporation, Illy ha saputo differenziarsi grazie a un prodotto eccellente e a una comunicazione incentrata su qualità, arte e sostenibilità, conquistando così un posto di rilievo tra i brand premium price. Questo caso di studio esplora come la comunicazione abbia permesso a Illy di trasformarsi da azienda familiare a brand internazionale, esportando nel mondo non solo un prodotto, ma anche un’imprenditoria di eccellenza.
Fondata nel 1933 a Trieste, Illy Caffè ha costruito una reputazione per l'eccellenza del suo prodotto, rivolgendosi a un mercato dell’esperienza e a consumatori che cercano momenti di consumo di alta qualità. Partendo da un mercato italiano altamente frammentato, l’azienda ha adottato una missione che l’ha portata a promuovere nel mondo non solo il prodotto, ma l'intera esperienza del caffè come forma d'arte.

La sfida delle multinazionali Made in Italy
La sfida, comune a molte multinazionali del Made in Italy, è stata quella di comunicare efficacemente il proprio valore unico in un mercato internazionale dominato da grandi marchi con risorse finanziarie molto superiori. L'azienda doveva trovare il modo di posizionarsi come leader di qualità in un contesto complesso e competitivo.
I pilastri della Comunicazione
E così è stato! La comunicazione Illy Caffè ha costruito una strategia che si è basata su tre pilastri fondamentali:
- Branding basato sull'arte e la cultura: Illy ha collegato il suo brand all'arte e alla cultura, collaborando con artisti internazionali per creare collezioni di tazzine e packaging unici. Queste iniziative hanno posizionato il brand come sinonimo di stile e creatività, rendendo il prodotto non solo un bene di consumo, ma anche un oggetto di design e collezione.
- Forte impegno sulla sostenibilità: La comunicazione di Illy è fortemente incentrata sul suo impegno per la sostenibilità e l'eticità della filiera del caffè. L'azienda ha raccontato in modo trasparente il suo processo di approvvigionamento diretto dai coltivatori, sottolineando come la qualità del prodotto sia legata a pratiche agricole sostenibili. Questo ha rafforzato il legame con un pubblico sensibile ai temi ambientali e sociali.
- Espansione digitale e storytelling visivo: Illy ha utilizzato il digitale in modo strategico per raggiungere un pubblico globale, creando contenuti visivi di alta qualità e utilizzando piattaforme social per raccontare la storia del brand. Attraverso video, immagini e racconti dei luoghi di produzione, l'azienda ha creato un legame emotivo con i consumatori, facendo leva sul concetto di autenticità.
L'importanza della strategia
Risultati? Grazie a una strategia di comunicazione ben definita, Illy Caffè è riuscita a diventare un marchio riconosciuto a livello internazionale. La sua presenza globale è cresciuta significativamente, con una distribuzione in oltre 140 paesi e una rete di caffetterie che contribuisce a consolidare il brand e i ricavi. Illy è stata anche premiata per il suo impegno verso la sostenibilità, ottenendo certificazioni e riconoscimenti che hanno ulteriormente rafforzato la sua reputazione.
Questo caso dimostra che, per una multinazionale del Made in Italy, una comunicazione ben curata e focalizzata su valori distintivi può fare la differenza nella competizione globale. Illy, guidata da imprenditori illuminati, ha saputo raccontare una storia coerente e affascinante, legando il suo prodotto a concetti di arte, qualità e sostenibilità. Ha costruito così un brand che va oltre il caffè e che continua a crescere grazie alla sua capacità di comunicare in modo autentico e differenziato.
[L'immagine di copertina è stata generata usando un modello di intelligenza artificiale]
Il ritiro di Joe Biden, una lezione di leadership
Domenica 21 luglio 2024 è una data che entrerà nei libri di storia. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alle presidenziali del 2024.
Questa decisione è stata presa dopo una performance televisiva non all’altezza dell’incredibile curriculum del presidente americano.
Con oltre 50 anni di esperienza politica, Biden ha risollevato la più grande democrazia del mondo dopo i fatti di Capitol Hill del 2021, inanellando una serie di successi economici senza precedenti. Sotto la sua amministrazione, il PIL è salito del 3%, la disoccupazione è scesa ai minimi storici del 4%, i posti di lavoro sono cresciuti di 5 milioni e gli investimenti in infrastrutture hanno raggiunto i 1000 miliardi di dollari.
Un grande leader che ha saputo dimostrare il suo valore anche nel ritirarsi, compiendo un atto di enorme responsabilità, empatia e inclusività, nonostante la posta in gioco e la forte polarizzazione.
Da tecnici della comunicazione vogliamo porre l’attenzione sulla gestione della campagna per la rielezione di Biden che, a nostro parere, non è stata in grado di valorizzare l’“asset” Joe Biden.

La strategia di comunicazione, lungi dal valorizzare gli incredibili risultati sociali ed economici, è sembrata volere inseguire il proprio competitor, l’ex presidente Donald Trump, nei suoi punti di forza, mettendo in moto una macchina strategica che è deflagrata nel dibattito televisivo del 27 giugno.
L'azione del team del presidente Biden sembra quindi essere caduta nell’errore di elaborare una strategia da follower e di essere stata poco attenta ai “basic”. Ecco alcuni punti:
- Pianificazione puntuale e sostenibile: la pianificazione degli eventi deve essere contestualizzata, dettagliata e sostenibile.
- Preparazione all'evento con una checklist strategica: la preparazione dell’evento deve essere affiancata da una checklist strategica per garantire che il percorso di avvicinamento sia nella giusta direzione.
- Costruzione di una narrativa differenziante e strategica: creare una narrativa forte e unica che risuoni con il pubblico e distingua il leader dal follower.
- Media training: il portavoce deve essere in formazione continua e avere modo di simulare il proprio intervento per testare l’efficacia del contenuto e la presenza scenica.
- Monitoraggio continuo del feedback: analizzare continuamente il feedback ricevuto dal pubblico, dai media e dagli stakeholder per adattare e migliorare la strategia.
Happy leadership!
[Immagine di copertina di Gage Skidmore su Wikimedia Commons con licenza CC BY-SA 2.0.]
Nuovi KPI nella comunicazione post digitale
Il recente episodio che ha coinvolto Zlatan Ibrahimovic, ripreso mentre partecipava a un gioco omofobo con lo youtuber IShowSpeed, conduce a una riflessione sul rapporto tra il purpose delle aziende, la scelta del media mix e i KPI.
Purpose e KPI: un nuovo approccio
Le aziende post-digitali devono essere guidate da un purpose chiaro e integrato nel design organizzativo. Il purpose rappresenta, nell’azienda moderna, una componente centrale della governance organizzativa. La vicenda che ha visto protagonista il campione svedese rende attuale un interrogativo rispetto a scelte di comunicazione basate sui KPI tradizionali, spesso meramente quantitativi.
È nostra convinzione, invece, che in una società post-digitale le scelte di comunicazione debbano essere “certificate” con un nuovo rigore che gli attuali media mix, creati sulla base di KPI quantitativi, non riescono a fornire, generando scelte insufficienti per valutare l'efficacia della comunicazione e rischiose per l’azienda.

L'importanza dell'etica nella comunicazione
Appare sempre più evidente che l’ecosistema della comunicazione debba muoversi dalla comfort zone dei KPI quantitativi per sviluppare nuovi parametri in grado di rappresentare la qualità e l'impatto delle iniziative comunicative rispetto al purpose delle organizzazioni.
I driver per KPI post-digitali
Esistono almeno tre driver da considerare per la creazione dei KPI post-digitali:
- Engagement di Qualità: misurare l'interazione con il pubblico, valutando non solo la quantità ma anche la qualità delle interazioni.
- Impatto ESG: valutare il ROI delle campagne di comunicazione, pesando la loro capacità di promuovere la sostenibilità finanziaria, sociale e ambientale.
- Coerenza con il Purpose: monitorare la coerenza delle comunicazioni con il purpose aziendale, assicurando che ogni messaggio rafforzi i valori fondamentali dell'organizzazione.
Proprio qualche giorno fa, come membro del board di Comunicazione, ho partecipato all'evento "L’Impresa Comunicativa" organizzato da Assolombarda, dove è emerso come la comunicazione d’impresa sia sempre più centrale nella governance aziendale e nei processi decisionali. Appare quindi matura una riflessione su un set di KPI in grado di misurare questa nuova centralità della comunicazione.
Happy Purpose!
Il futuro del Made in Italy, tra tecnologia e comunicazione
Alla luce dei grandi cambiamenti in corso, come la sostenibilità, la transizione tecnologica, i cambiamenti nei modelli di business e nelle politiche transnazionali, è possibile immaginare una nuova centralità del brand "Made in Italy"? Il valore simbolico e la percezione di eccellenza sintetizzati nel logo-slogan Made in Italy associano l’immagine di tutte le aziende che lo utilizzano a una certa internazionalità.
L'importanza della Comunicazione
Parliamo di settori che, se considerati nel loro insieme, commerciano internazionalmente oltre il 50% della produzione complessiva, significativamente superiore rispetto al 35% degli altri settori manifatturieri. Quindi, la comunicazione gioca un ruolo prezioso nell'esito finale e la capacità di produrre una differenziazione di valore è una responsabilità non solo nei confronti dell'azienda stessa e dei suoi clienti, ma anche del brand Made in Italy.
L'Italia possiede un valore unico e iconico, in grado di rappresentare il "lifestyle italiano", molto apprezzato a livello internazionale. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy sta concentrando da tempo attenzione e investimenti per aumentarne la competitività globale e renderlo un motore di crescita accelerata per la nostra economia e per i giovani talenti e le future generazioni.

La responsabilità nella Comunicazione
Questo contesto pone grande responsabilità nella comunicazione dei brand che fanno parte di questo importante cluster dell’economia italiana. Infatti, devono garantire che i loro messaggi riflettano l'unicità e l'attrattiva del "lifestyle italiano", contribuendo così a mantenere e accrescere la competitività internazionale. Una comunicazione efficace non solo valorizza il brand stesso, ma sostiene anche l'immagine complessiva dell'Italia come leader in qualità, innovazione e stile, promuovendo una crescita accelerata per l'economia e offrendo opportunità ai giovani talenti e alle future generazioni.
È chiaro che il valore simbolico del Made in Italy non opera nel vuoto. Si inserisce all’interno di un sistema simbolico del consumo. Questo è evidente per il mondo della moda ma nel contesto odierno si applica anche ai brand B2B che vogliano scalare.
"Made in Italy" e opportunità tecnologiche
La diversità di questo brand è quindi un punto di forza che deve sensibilizzare la leadership delle aziende, nonché i comunicatori coinvolti, che devono essere in grado di accompagnare il percorso di business e l’evoluzione tecnologica che la sorregge anche per gli aspetti di comunicazione: la Gen AI costituisce infatti una grande opportunità per i brand del Made in Italy.
I modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) sono una frontiera da esplorare per dare maggior impatto alla narrativa del Made in Italy, soprattutto nel modo in cui i clienti interagiscono con l'informazione attraverso chatbot in grado di fornire risposte sempre più risolutive e soddisfacenti.
Se la marca altro non è che il risultato di una comunicazione interattiva e di uno scambio simbolico intorno al prodotto, la capacità dei brand del Made in Italy va oltre le parole o i loro loghi e diventa una questione strategica per la capacità dell’azienda di creare valore sostenibile.










