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Nell’era post digitale la Comunicazione è Business

La società post digitale, trainata da un’accelerazione convergente di più tecnologie mai sperimentata dall’uomo, si sta lentamente modellando. I fenomeni da analizzare sono tantissimi e uno di questi è senz’altro il ruolo della comunicazione.

Una prima riflessione riguarda il fatto che tra i principali protagonisti della società post digitale ci sono delle media company come Meta e Google, due aziende private che ogni anno investono in nuova tecnologia più o meno la metà di quello che investe tutto il sistema Italia. L’altro aspetto da sottolineare è il conseguente ingresso della comunicazione nel DNA delle strategie di business e quindi la capacità di generare valore per le organizzazioni e gli stakeholder.

La Comunicazione come fattore produttivo

Sempre più, quindi, la comunicazione è da intendere come uno dei fattori produttivi da combinare tra loro per massimizzare i profitti e generare valore sostenibile. Ritengo quindi lecito affermare che nella società post digitale non esista una strategia di business senza una strategia di comunicazione.

I germi di questo fenomeno sono presenti nel sistema da molto, segnali deboli da catturare durante la tempesta digitale che si è abbattuta su un ecosistema per troppo tempo impegnato nel biblico esercizio di provare a svuotare il mare del nuovo con la piccola conchiglia della resistenza. Con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

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Il caso della nuova Fiat 500

Il primo segnale che ricordo è il rilancio della Fiat 500 nel 2007, forse potremmo affermare che in quella occasione la comunicazione coincideva con la strategia di prodotto. Il risultato fu il rilancio dell'azienda, il miglioramento della percezione del brand, in Italia e all’estero, e l’aumento del valore nominale in borsa. Qualche dato può aiutare a focalizzare meglio.

Nei primi due giorni, Fiat ricevette 57.000 ordini dai concessionari, superando la produzione prevista per i due trimestri successivi. La Fiat 500 fu prodotta in più di 2.5 milioni di unità nei primi dieci anni dal suo rilancio. La milionesima auto venne prodotta nel 2012, mentre il traguardo di 2 milioni di modelli venduti fu raggiunto nel 2017.

Il ruolo degli stakeholder nelle strategie di Comunicazione

Non ritengo sia un caso se oggi la 500 è l’unica automobile a trazione elettrica nel parco auto Fiat che contribuisce al portafoglio dei prodotti del Gruppo Stellantis. Un acceleratore alla dimensione strategica della comunicazione arriva anche dal basso, ovvero dai clienti quelli che nella vita dell’azienda sono "gli stakeholder".

Abbiamo analizzato spesso l’evoluzione che porta le persone ad esigere dalle aziende un comportamento sempre più virtuoso e coerente. Ciò ha portato alla definizione di organizzazioni purpose driven.

Il valore della Leadership nella Comunicazione

Nella società post digitale quanto più è ampio il gap tra la comunicazione e la strategia di business tanto più è probabile che in quello spazio si annidi la sfiducia dei consumatori e la conseguente perdita di mercato da parte dell’organizzazione. Certo assumere il ruolo di comunicatore richiede una grande preparazione hardware e la capacità di apprendere continuamente, come del resto accade per le altre figure apicali.

Nello stesso tempo è necessaria una presa di coscienza dell’intero ecosistema e una leadership che sappia guidare le organizzazioni guardando alla gestione del cambiamento richiesta dal passaggio alla società post digitale ponendo nuova attenzione alle figure chiave del proprio team di business.

 

 


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Parità di genere: una sfida che deve includere le famiglie

Ogni 8 marzo, il mondo celebra la Giornata Internazionale della Donna, un'occasione non solo per riconoscere i traguardi raggiunti, ma anche per riflettere sui persistenti divari di genere che caratterizzano il panorama professionale.

Nonostante i progressi significativi, questioni come il gap salariale, la scarsità di donne in posizioni di leadership e le disuguaglianze nelle discipline STEM rimangono ostacoli rilevanti.

Il ruolo della comunicazione per l'attenzione sui problemi

La business community e il dibattito pubblico hanno indubbiamente messo in luce l'importanza di queste tematiche, sottolineando la necessità di una comunicazione che si adoperi costantemente per portarle all'attenzione di tutti.

Tuttavia, per indirizzare il progetto verso un’azione che possa accelerare la soluzione dobbiamo osare una domanda più profonde:

Quali sono le radici culturali e sociali che alimentano un tale squilibrio?

Le radici dello squilibrio

Negli anni è stato dimostrato che molte delle sfide affrontate dalle donne hanno origine fin dall'infanzia, quando le scelte educative fatte dalle famiglie vengono influenzate da stereotipi di genere.

In un altro articolo abbiamo raccontato di quanto l’orientamento scolastico dei ragazzi sia fortemente condizionato dai genitori.

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Il cuore della soluzione a queste problematiche risiede proprio nella famiglia, il fulcro dove si possono innescare cambiamenti significativi. Istituzioni, organizzazioni, aziende, media hanno il potere di attuare iniziative e strategie comunicative mirate a coinvolgere le famiglie in un processo di storydoing che mira a promuovere una nuova cultura, incentrata sulla parità e il valore intrinseco di ogni individuo, a prescindere dal genere.

Incoraggiare una nuova generazione di Donne

Incoraggiando una nuova generazione di donne attraverso un ambiente familiare che le sostengano, possiamo porre le basi per un futuro in cui la parità di genere nel mondo del lavoro sarà la norma.

Le imprese, per quanto possano cercare di promuovere la diversità e l'inclusione, si troveranno a combattere una battaglia persa in partenza se non si affronta e si previene il problema alla sua radice, , aumentando significativamente il numero di donne formate in materie STEM.

Le famiglie al centro del Cambiamento

In conclusione, il cambiamento verso la parità di genere richiede un impegno collettivo che parte dalle fondamenta: le nostre famiglie.

Solo affrontando e modificando le convinzioni e i comportamenti a livello domestico, possiamo sperare di sradicare le cause profonde delle disuguaglianze di genere, permettendo alle donne di ogni età di realizzare appieno il loro potenziale.

Celebriamo quindi la Giornata Internazionale della Donna non solo come un momento di riflessione, ma come un punto di partenza per un impegno rinnovato verso l'uguaglianza di genere in ogni ambito della vita.

 

 


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Le 4 C del Comunicatore per guidare i CEO nell′era della volatilità

Di fronte a sfide senza precedenti, le aziende e i loro CEO sono chiamati a dimostrare la propria solidità.

I CEO dichiarano di vivere una stagione estremamente complessa, compressi tra numerose priorità strategiche contemporanee e disruption causate da fenomeni esterni al perimetro aziendale. Questo è uno dei dati che emerge da “United Nations Global Compact-Accenture CEO Study”  che si basa su informazioni raccolte da più di 2.600 CEO di 128 paesi, 18 settori industriali, approfondite in oltre 130 interviste

La priorità è creare valore in un ambiente globale sempre più volatile. Per i leader ciò significa prendere decisioni difficili che potrebbero non essere sempre gradite da tutti gli stakeholder.

La domanda che mi pongo, rispetto al mio mestiere, è: come possono gli specialisti della comunicazione supportare le nuove sfide e sostenere i CEO?

È il contesto che può ribadire la centralità dei comunicatori che hanno saputo abbracciare il nuovo e fatto maturare il proprio team intorno a un concetto di leadership responsabile.

In un contesto del genere appare quanto mai necessario per i comunicatori essere top of mind per i leader di business ed individuare insieme ai loro le priorità da portare sul mercato esterno. Se questo non accade è sempre più alto il rischio di uno “scollamento” tra mercato e comunicazione.

Ma non basta. La strategia di comunicazione deve essere concepita in un’ottica di personalizzazione perché le audience sono immerse nelle peculiarità del contesto, quindi gli approcci generalisti non sono più in grado di soddisfare il loro bisogno di informazione, che è sempre più verticale ma anche ricco di quei significati che le persone cercano nei brand.

I professionisti della comunicazione si trovano di fronte a una domanda importante: come possiamo aiutare le nostre organizzazioni a navigare in queste nuove acque?

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Non solo devono essere in alcune circostanze “la penna e la voce dei CEO" nell'ambiente volatile di oggi, i confini si sono ampliati per includere:

-Conoscere bene gli eventi dove è importante che CEO partecipino, perché possono avere un impatto sull'organizzazione.

-Comprendere l'impatto dei fattori interni ed esterni sul successo dell'organizzazione.

-Sviluppare strategie di comunicazione di personal branding per rafforzare la credibilità del CEO e garantire la sinergia di questa con quella dell’intera organizzazione

È compito del comunicatore fornire al business le evidenze per produrre la necessaria consapevolezza sulla necessità di una nuova alleanza con la comunicazione per creare vantaggio competitivo. È mia opinione che i leader solidi sanno che non possono permettersi di ignorare il ruolo della comunicazione nel successo dell'organizzazione. Sanno che in tempi di volatilità accelerata devono saper comunicare una visione strategica e uno scopo chiari, sviluppare messaggi forti per i dipendenti e agire per garantire che le loro organizzazioni continuino a crescere anche nei momenti difficili.

Il comunicatore dal canto suo deve essere connesso con l’ecosistema ed avere la capacità di cambiare rotta in un attimo, se necessario, e questo significa mettere continuamente in gioco la propria comfort zone.

Significa quindi cambiare prospettiva e agire non solo come professionista della comunicazione e specialista di un mestiere ma anche come leader.

Il mondo di oggi è complesso e in rapida evoluzione, non possiamo aspettarci che una sola persona abbia tutte le risposte. Una volta che il CEO ha tracciato la rotta, il team deve seguirlo e guidarlo nelle scelte dei messaggi per lui è per l’azienda. Nel modello tradizionale il CEO aveva il suo consulente o team di comunicazione, oggi nell’era della fluidità non ci sono più questi scollamenti. La figura del CEO e dell’azienda si sovrappongono e si alimentano.

Quindi cosa potrebbe mancare? Beh, c'è un concetto di immersione. Una volta capito il posizionamento del CEO e la rotta che lui stesso vuole intraprendere bisogna partecipare attivamente ai progetti e avere la forza di guidarlo nella direzione migliore.

E poi si aggiunge un aspetto rilevante, che riguarda il purpose. La comunicazione è sempre stata considerata principalmente come uno strumento per trasferire informazioni da una persona all'altra, ma non è mai stata vista come uno strumento per creare capitale sociale.

In un ambiente in rapida evoluzione come quello odierno, in cui i canali di comunicazione tradizionali sono sempre più fluidi nel trasmettere i messaggi desiderati, i comunicatori devono guardare oltre il loro ruolo tradizionale di fornitori di informazioni per essere maggiormente coinvolti nella formazione di valori e credenze nella società.

Siamo quindi pronti ad affrontare qualsiasi sfida, con le 4 C del comunicatore di oggi: competenza, coraggio, carattere e coinvolgimento:

Le 4 C del comunicatore di oggi:

  • Competenza: bisogna conoscere il pubblico, gli argomenti e il contesto.
  • Coraggio: dobbiamo essere disposti a condividere la nostra opinione e a parlare in modo franco, diretto e trasparente.
  • Carattere: dobbiamo gestire le resistenze, aiutare fact based il business a ragionare per decidere insieme le leve del cambiamento;
  • Coinvolgimento: bisogna coinvolgere il proprio team e tutti gli attori necessari. L’epoca dell’”uomo solo” e dell’autarchia oggi non è adeguata.

Happy innovating!


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L'empatia alla base della nuova Leadership

Le nuove sfide in epoca never normal mettono nelle nostre agende la priorità di un equilibrio tra empatia e obiettivi. L’attenzione alle persone e l’utilizzo di linguaggi, toni e azioni appropriate, rendono il ruolo della comunicazione e dell’informazione più importante che mai.

Capire e collegarsi alle persone diventa l’oro delle organizzazioni, e uno scarso utilizzo di questa variabile può portare a una mancanza di fiducia interna ed esterna.

Il termine “empatia” deriva dal greco “en-pathos”, che significa letteralmente “sentire dentro”: consente di percepire le emozioni e gli stati d’animo degli altri come se fossero propri e quindi di mettersi nei panni delle altre persone.

Ma cosa significa esattamente in ambito aziendale? Significa dotarsi di una buona dose di intelligenza emotiva e dare priorità alle persone e al loro benessere. Agire in modo autentico e ruotare intorno al reale valore dell’azienda: i suoi dipendenti, i suoi clienti, i suoi partner. Questo può sembrare banale, ma ciò che all’apparenza è semplice non è scontato da eseguire.

Del resto, le tecnologie digitali hanno accelerato il bisogno di empatia. TikTok si è fatto un nome come spazio per contenuti non filtrati e autentici, dove le persone si possono esprimersi in un modo diverso. Sempre più applicazioni decentralizzate (grandi e piccole) consentiranno alle persone di interagire e scambiare informazioni direttamente tra loro, eliminando la necessità di un intermediario.

Già prima della pandemia l’esperienza contava più di ogni altra cosa nei mercati. Non è un caso che in questo ultimo quinquennio si è parlato assiduamente di economia dell’esperienza. Velocità, esecuzione, ingegnosità oggi non possono fare a meno di un approccio empatico in ogni interazione.

Il modello “empathic oriented”  è diventato centrale per affrontare il prossimo decennio di transizione digitale. È un allontanamento radicale dal passato e rappresenta la via per il futuro. Le aziende del nostro Paese attraverso questo modello consentono un'ondata dal basso di idee ed entusiasmo per affrontare con fiducia, sicurezza e collaborazione le sfide dell’innovazione in continua evoluzione.

Quando ci impegnano veramente a mettere la dimensione umana al centro, creiamo apertura nelle discussioni e aiutiamo a spingere gli stakehoder verso l’ottimismo, da sempre motore della crescita e antidoto all’incertezza.

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L’empatia ha un ruolo importante anche nella leadership per guadagnarsi il permesso e l'energia di guidare e ispirare team di lavoro. Quindi cosa significa questo per un team leader? Significa guidare il tuo team in un modo che faccia sentire tutti i membri fiduciosi nel proprio contenuto e compresi. Si manifesta con un ascolto attivo che permette di uscire dagli schemi mentali e accogliere apertamente anche punti di vista molto diversi dal nostro.

Un approccio così in azienda non è determinante solo per le relazioni interne, ma anche per il business. Secondo diversi studi, la maggior parte dei consumatori dichiara di evitare l’acquisto di prodotti o servizi da un’azienda percepita come scarsamente empatica.

D'altronde, questo è alla base del moderno consumo, infatti per conquistare l’attenzione di un acquirente occorre, entrare in sintonia con le necessità e le sue emozioni per offrire un’esperienza emotiva positiva.

Ecco 4 consigli per utilizzare un approccio “empathic oriented”  al centro dei processi aziendali:

  1. Riconoscere che sono le persone a fare la differenza nella qualità dei processi e metterle nelle condizioni di lavorare con un livello di benessere massimo;
  2. Incentivare la comunicazione interna, stimolare momenti di confronto in tutti i dipartimenti. Sviluppare piani interni che facciano leva su una strategia della comprensione;
  3. Attivare sportelli e punti di accoglienza solidali direttamente in azienda affinché qualsiasi dipendente possa ricorrere e chiedere aiuto in qualsiasi situazione difficile;
  4. Dare spazio alla creatività e alle idee come motore per far sentire ogni persona partecipe al risultato globale dell’azienda;
  5. Formare nuove competenze e arricchimenti di conoscenza per elevare il sapere personale in funzione del proprio benessere economico e di crescita professionale.

A proposito di empatia segnalo una campagna pubblicitaria di Barbie, i messaggi chiave sono: E se ogni individuo fosse più empatico? Ogni amico, più generoso? Ogni collega, più paziente? Ogni comunità, più inclusiva? E ogni leader, più comprensivo?". La campagna suggeriva che il mondo sarebbe un posto migliore se più bambini giocassero con le bambole, sviluppando abilità sociali ed empatia che svilupperebbero il loro “io” adulto. La campagna si basa su una ricerca commissionata dal brand, in cui il neuroimaging è stato utilizzato per esplorare gli effetti del gioco con le bambole. I risultati sono stati pubblicati nell'ottobre 2020 e hanno concluso che giocare con le bambole attiva regioni del cervello che consentono ai bambini di sviluppare capacità di elaborazione sociale e ragionamento empatico, anche se un bambino gioca da solo.


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Quando la Trasformazione fa rima con il Talento

La trasformazione ha dimostrato di essere una delle maggiori sfide che il mondo deve affrontare nei tempi moderni, avendo un profondo impatto sul benessere globale, sulla forza delle imprese, sulle economie e non per ultimo sulla vita quotidiana dei professionisti.

In una situazione come questa è comprensibile che due principali priorità aziendali siano la fidelizzazione dei dipendenti nell’era delle Grandi Dimissioni e l'aumento del ruolo sociale dell’impresa per garantire la crescita sostenibile dell’azienda stessa. 

In tempi d’incertezza come questi è importante spostare il focus sulle capacità e soft skills di ogni individuo, qualsiasi sia il ruolo nell’ecosistema: cittadino, genitore, professionista.

E nel portare attenzione all’individualità diventa importante per ognuno di noi focalizzarsi sui propri punti di forza piuttosto che su quelli di debolezza.

Il professionista contemporaneo dovrebbe conoscere le proprie skills e forze per meglio usarle a favore di se stesso e dei colleghi con i quali lavora. Credo fortemente che il team perfetto sia quello dove ogni individuo conosce le proprie forze ma anche quelle dei colleghi con i quali condivide visione, operatività e risultati.

Un approccio basato sui punti di forza è unico e potente. Una ricerca di Gallup mostra che la chiave del successo è comprendere appieno come applicare i propri più grandi talenti e punti di forza nella vita di tutti i giorni. I ricercatori Gallup hanno anche esaminato decenni di dati sui temi delle prestazioni individuali e dello sviluppo personale. Gallup ha studiato più di 1 milione di team di lavoro, condotto decine di migliaia di interviste individuali e formato decine di migliaia di dirigenti, leader, manager e collaboratori individuali. Tutte queste ricerche dimostrano che la chiave del successo è comprendere appieno come applicare i propri più grandi talenti e punti di forza nella vita di tutti i giorni.

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Quando scopriamo i nostri talenti, scopriremo anche le maggiori opportunità di eccellenza, successo e contributo. Saper manovrare le proprie soft skills secondo l’occorrenza costituisce la cassetta degli attrezzi del moderno membro di un team, che non è più un professionista fine a sé stesso ma dovrebbe saper interpretare un ruolo di leader vero e proprio e saper guidare la trasformazione. E puntando sulle nostre forze possiamo interpretare al meglio questo nuovo ruolo del professionista- leader.

Un team riesce a raggiungere una leadership in un contesto macro se e solo se ogni membro sviluppa una micro-leadership.

Per decenni siamo andati a lavorare sui punti di debolezza dei nostri team convinti che migliorare e migliorarsi significava ridurre il più possibile quel gap. Ma questo approccio allontana inevitabilmente dalle qualità e dai talenti che ogni persona si porta nel background, nel suo spazio naturale che costituisce vera forza per sé stesso, per i team e per l’impresa in senso più generale.

Anche se può sembrare un concetto astratto, il talento è invece connaturato alla natura stessa dell’uomo e la sfida è riconoscerlo e valorizzarlo. Questo permette non solo di scoprire e valorizzare il talento personale ma anche di riconoscere quello delle persone con cui lavoriamo, collaboriamo e interagiamo o incontriamo casualmente. Credo che questo approccio non riguardi solo le aziende, anche la scuola dovrebbe puntare sui punti di forza degli studenti anziché rilevare e fare leva sulle debolezze. In questo modo si rischia di perdere talenti per strada perché la fatica per una persona di ridurre il divario con le proprie debolezze è molta.  Non dovrebbe essere così, la scuola può aiutare a far emergere le forze e il talento, istruendolo e facendolo sbocciare. 

Uno dei motivi per cui il sistema educativo non riesce a far crescere molti talenti è che spesso si ha l’abitudine di guardare ciò che non va in uno studente, invece di mettere in risalto quello che di buono esiste già.

Tutto l’ecosistema dovrebbe cambiare un po' prospettiva e impegnarsi nell’interessante, e continua, scoperta dei nostri punti di forza (a partire dalla età dell’adolescenza). La valorizzazione e l’espressione dei talenti è un compito primario della scuola, dello sport e di tutte le realtà e comunità educative.

Crescere e svilupparsi - e ottenere il massimo ritorno sull'investimento individuale, di team e di azienda - è la sfida che deve muoverci tutti nessuno escluso verso il progresso, la trasformazione e la crescita sociale.

 

Happy Innovating!


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Come realizzare una presentazione aziendale efficace

Quante volte abbiamo assistito ad una presentazione e ci siamo accorti che non riuscivamo a stare concentrati, nel dilemma se seguire lo speaker oppure guardare le slide, oppure incantati dal bellissimo quadro alle spalle della spokesperson per cui il cervello si sganciava dall’evento e mentre si lanciava in una ricerca inarrestabile per ricordare l’autore fino a capitolare alla tentazione di dedicarsi a guardare i messaggi sul cellulare?

A mio parere in questi interventi il relatore ha sbagliato qualcosa, non riuscendo a coinvolgerci appieno.

Lo spostamento degli eventi dal fisico all’on-line, il mondo ibrido su cui si sta organizzando l’uscita dalla pandemia, ha reso strategica la preparazione degli interventi.

Slide o speech che sia, quando dobbiamo fare una presentazione è importante prima di tutto allocare del tempo per prepararsi, non bastano i pochi minuti tra un Teams e un altro.

Importante prendere in considerazione alcuni passaggi.

Il primo fondamentale, quanto bistrattato, è creare un set up adeguato ed evitare quelli che ci potrebbero apparire come piccoli errori ma che in realtà possono complicarci le cose. Se dovessimo applicare una legge di Pareto alle presentazioni direi che parliamo di quel 20% che fa l’80% del risultato! I passaggi da fare sono 3:

  1. Capire bene le motivazioni delle persone a cui presentiamo rispetto alle argomentazioni che vogliamo comunicare;
  2. Costruire uno speech e delle slide con l’obiettivo di creare una sinergia tra i messaggi sui due “mezzi” differenti;
  3. Curare e preparare bene la delivery per evitare brutte sorprese al momento della presentazione.

Sfoltire le slide che presentiamo è un must. Le persone riescono a processare 3 messaggi, se questi vengono nascosti intorno a decine di dati non solo i messaggi non emergono ma l’ascoltatore inevitabilmente si perde, ed eccolo là che tira fuori zitto zitto il suo smartphone. Sforziamoci quindi ad eliminare testo superfluo senza temere di dimenticarci il dato di dettaglio durante lo speech.

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Anche da un punto di vista estetico, aumentare sproporzionatamente la densità del testo nelle slide porta inevitabilmente a diminuire l’impatto visivo e la funzionalità che questo registro di comunicazione ha sull’apprendimento della audience.

Anche il tempo, può giocare a nostro favore se lo pianifichiamo bene, aspetto questo che con le presentazioni on line è ancor più vero.

Il modo migliore è stare dentro un certo minutaggio sorpassato il quale l’attenzione della audience cala inevitabilmente. Ecco perché ci converrebbe preparare bene lo speech, collegandolo alle slide – oppure al supporto visivo scelto, in maniera puntuale.

Sarà capitato anche a voi di assistere sia a presentazioni che hanno sforato con i tempi, sia a quelle invece fatte da relatori attenti che hanno concluso qualche minuto prima.

Chi avete apprezzato?

Scommetto che la risposta è chi ha chiuso qualche minuto prima.

I colleghi americani, un po’ per cultura un po’ per abitudine, sono più ferrati di noi quando gestiscono una presentazione. Negli USA, già dalle scuole elementari, insegnano ai bambini a presentare le proprie idee.

L’atto del presentare è a tutti gli effetti un atto comunicativo incentivato dal sistema scolastico. Ve ne racconto un’altra.

Nel mese di settembre, per una settimana decine d’imprenditori presentano le proprie start-up a influenti gruppi di esperti, investitori e media, in due diversi eventi: il TechCrunch 50 a San Francisco e il DEMO a San Diego. Per coloro che fondano una start up la posta in gioco è molto alta: successo o fallimento. Gli organizzatori del TechCrunch ritengono che 8 minuti sia un tempo sufficiente per “speakerare” un’idea. DEMO concede agli imprenditori ancora meno tempo, 6 minuti. Demo inoltre chiede 3000 dollari al minuto.

La domanda che potremmo farci è: se dovessimo sborsare 3000 euro al minuto per fare una presentazione, come ci muoveremo?

La preparazione di uno speech richiede non solo un termine di tempo entro il quale stare ma anche un attento lavoro sulla storia e sul ritmo dei contenuti, nonché un particolare check tra le parole che verbalizziamo e quelle riportate in slide. I “soundbite” che verbalizziamo dovrebbero trovare riscontro sulle slide. Chi ti ascolta ha sempre bisogno di un gancio visivo per fissare il messaggio.

C’è anche da dire che le presentazioni oggi non hanno solo un format, possono essere in presenza, trasferite in streaming in modalità one to many, visualizzate on-demand, statiche o interattive o distribuite su più piattaforme digitali.

One presentation fits all purtroppo non funziona più, dobbiamo quindi determinare il modo migliore per connetterci con la audience e quale formato utilizzare in base alla dimensione del pubblico, l’impostazione della presentazione, come il nostro pubblico preferisce ricevere informazioni; e un metodo di delivery che aiuti i nostri obiettivi di comunicazione.

Un altro aspetto importante è quello di bilanciare la necessità di un messaggio coerente con la flessibilità di una presentazione dinamica e personalizzata. Oggi teniamo molte presentazioni on line e in quest’ottica è importante considerare alcune sfumature che cambiano decisamente il risultato rispetto alla modalità di presentazione in presenza. Per esempio la tecnologia: tutti gli aspetti tecnici che in presenza ignoriamo perché c’è qualcuno che ci pensa oggi sono fondamentali per una resa efficace.

Inquadrature sbagliate, illuminazione scarsa, sedute scomode, possono compromettere realmente il percepito della audience. Così anche tutti gli aspetti legati all’audio.

Nelle presentazioni on line cambia anche la modalità di delivery della storyline. Meglio accorciare i bit di comunicazione e variare velocemente l’argomento, per ottimizzare l’attenzione del pubblico che in modalità ibrida cala più facilmente – quante telecamere sono spente durante le vostre performace online?

Spero di avervi convinto che fare una bella presentazione non è scrivere tante cose intelligenti e chiedere ad un grafico di metterle insieme ma il risultato di una strategia e di un delivery ragionato. Ma quanto tempo c’è bisogno per prepararsi bene? A questa domanda rispondo segnalando alcuni passaggi che bisogna necessariamente fare:

Strategia

  • Comprendi bene le motivazioni del tuo pubblico rispetto all’argomento che devi presentare
  • Chiediti cosa speri di ottenere attraverso la tua presentazione e scegli una delivey in linea con i tuoi obiettivi (in presenza, on line, on demand etc);
  • Considera l’ambiente in cui presenterai (location fisica o spazio ibrido) e tutti gli aspetti che possono facilitare l’accesso ai contenuti da parte del pubblico;
  • Fissa bene lo “spostamento” che vuoi far fare al tuo pubblico per seguire la tua idea
  • Determina la lunghezza della tua presentazione
  • Decidi lo stile delle tue slide

Speech

  • Prepara lo schema del tuo speech e sviluppa i tuoi 3 messaggi;
  • Perfezionati ricordandoti che per risultare spontanei il giorno della presentazione ogni minuto di speech richiede almeno un quarto d’ora di allenamento;
  • Fai un check sul tempo che impieghi a deliverare tutto lo speech, qualora riscontrassi sforamenti elimina il superfluo.

Slide

  • Inserisci un’immagine, una head o poche key words e se hai necessità una body che non superi le tre righe;
  • Controlla che sulle slide siano riportati i soundbite che hai incorporato nel tuo speech;
  • Se ti troverai in presenza non perdere mai il contatto visivo con un pubblico voltando le spalle per leggere la slide. Se hai preparato bene lo speech e le slide sono essenziali non ne avrai bisogno.

Location

  • Se puoi scegli un luogo dove sei a tuo agio;
  • Prenditi cura dell’inquadratura e del background;
  • Scegli un abbigliamento che trasmetta autenticità, relativo al contesto ma che ti rappresenti.

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Sport e business, verso un modello più sostenibile

Lo sport fa bene alla salute e al business. Considerando la filiera (Aziende, società sportive e associazioni) il settore da occupazione a 389 mila persone, generando benefici sociali ed economici di rilievo. Secondo una recente analisi di Banca Ifis il sistema sport Italia produce un giro d’affari di 96 miliardi, incide del 3,6% sul PIL e può impattare in futuro sulla ricchezza nazionale.

Gli operatori “core”, sono le associazioni e le società sportive dilettantistiche e professionistiche, gli enti di promozione sportiva, le federazioni e le società di gestione degli impianti. Sono ben circa 35 milioni gli italiani che seguono e si interessano ad almeno uno sport, e 15,5 milioni gli italiani che lo praticano regolarmente. Il calcio è lo sport più praticato in Italia (34% tra gli over 18) ed è anche quello che genera maggiori volumi finanziari. È proprio il calcio ad avere di fronte a sé una sfida importante.

A partire dalla stagione 2023-24 i nuovi parametri di sostenibilità e stabilità fissati da Nyon impongono alle società di serie A di correggere gli squilibri ponderando i costi sui ricavi già a partire dalla prossima stagione in una percentuale del 90%. A regime, nella stagione 2025-26, il ratio dovrà essere del 70%. Esistono quindi due strade che possono avere effetti ben diversi: tagliare i costi oppure aumentare i ricavi.

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Agire sui costi rappresenta un elemento di rischio per la competitività del settore su cui si regge il Sistema sport italiano. Metteremo quindi a repentaglio non solo la qualità dello spettacolo ma un business che vale il 3.6% del PIL. L’unica strada è quindi lavorare sui ricavi e di conseguenza accelerare decisamente sugli investimenti a partire dagli stadi.

Anche per il calcio quindi si tratta di dotarsi di un nuovo modello di business fondato sulla sostenibilità.

Stiamo entrando in una nuova era del business dello sport? Me lo auguro, basta solo pensare alla stima dei benefici: ogni milione di euro di investimenti pubblici nello sport attiva quasi 9 milioni di risorse private che generano oltre 20 milioni di ricavi. E consideriamo anche che lo sport non è solo agonismo ma anche attrezzature, tecnologie, materiali, design, moda e alimentazione.

Lo sport crea valore sociale ed economico, trasformarlo è non solo possibile ma conveniente.