Le soft skill sono le qualità più ricercate e la base su cui si fondano le “professioni del futuro”. Ma dove impararle? A mio parere lo sport può dare un contributo fondamentale, ad oggi solo in parte valorizzato prevalentemente a causa della sua marginalizzazione nel percorso didattico e educativo del nostro sistema scolastico

Lo sport conduce alla voglia di migliorarsi costantemente, a capire le regole, ad avere un approccio strategico e abbassare le soglie di stress. Ma può anche creare modelli di leadership autentici e ispirazionali.

Del resto, lo sport risponde a una molteplicità di stakeholder eterogenei, dal Consiglio di Amministrazione alla comunità dei tifosi. Illuminanti le parole di un ex presidente del Manchester City: “Nel calcio è come avere una quarantina di Consigli di amministrazione all’anno, nei quali 40.000 azionisti si presentano per esprimere ciascuno la propria opinione”.

Ma c’è un legame tra chi gestisce un team di lavoro e un allenatore? Su questo mi sono confrontato con un grande coach, Raffaele Parlati, che mi ha rassicurato che non sono fuori strada. Raffaele è l’allenatore della nazionale di Judo e padre del campione Cristian, che lo scorso ottobre ha confermato il proprio talento con l’argento nella categoria -90 kg ai Mondiali organizzati in Uzbekistan.

Insomma, non uno qualunque a cui ho posto due domande.

Raffaele, secondo te un leader che capacità deve avere per includere tutti e non perdere nessuno?

Rispondo volentieri alle domande che mi hai fatto. Come gestire un gruppo di atleti è la prima domanda che ogni allenatore si fa.

Credo che le abilità che un buon coach deve possedere, al di là delle conoscenze tecniche, sono empatia, comunicazione efficace, coerenza delle scelte e il saper motivare tutti riuscendo a far coincidere gli obiettivi personali – dell’atleta – con quelli della squadra.

Come è possibile trasmettere valori e ottenere consenso?

Per quanto riguarda i valori del Judo credo che siano valori universali ed in quanto tali restano sempre gli stessi al di là dei cambi generazionali. Sta alla capacità del maestro far recepire questi valori ai ragazzi, trovando la giusta comunicazione per arrivare ai giovani.

Queste due risposte hanno un grande significato declinabile su tanti fronti.  Primo fra tutti quello che conferma il collegamento tra lo sport, il lavoro e sistema formativo ed educativo italiano, fornitore e propulsori di nuovi talenti e giovani per le organizzazioni. Gli antichi romani ne erano già convinti: Mens sana in corpore sano. Un’abitudine che veniva condivisa anche tra i popoli dell’antica Grecia dove si proponeva un’idea di benessere psicofisico che prevedeva il raggiungimento dell’equilibrio tra corpo e mente e che passava, tra le altre attività, anche attraverso la ginnastica.

Judo soft skills armandobarone

Uno studio apparso sull’Annals Journal of Health Promotion da un team di esperti dell’Università del Montreal, ha dimostrato quanto lo sport abbia influenza anche sui risultati degli studenti. Per realizzare il test, gli esperti hanno analizzato 2700 alunni di età compresa tra i 13 e i 18 anni scegliendo un numero di ragazzi abituati a fare sport e altri che, invece, dedicavano il loro tempo solo allo studio e ad altre attività. Esaminando i risultati scolastici, è emerso che gli studenti che praticavano uno sport in modo regolare, raggiungevano risultati migliori con voti più alti. Tra le caratteristiche che presentavano in comune vi era maggiore autocontrollo e una concentrazione più duratura. Non solo, gli stessi giovani, dopo solo 5 minuti di sport, rivelavano risultati migliori nello svolgimento di test valutativi delle capacità intellettuali. Inoltre, è emerso che il 50% dei soggetti che praticavano sport studiavano in media circa 3 ore in più a settimana rispetto agli altri.

Lo sport va quindi inquadrato come un alleato in questo momento di trasformazione per aiutare il sistema Paese a migliorare il proprio capitale umano e fornire al mondo aziendale tecniche di gestione dei team, utili per valorizzare appieno le soft skill degli individui.

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Armando Barone Armando Barone
Ufficialmente il mio percorso nel mondo della comunicazione inizia nel 1999, ma ho sempre creduto di averlo iniziato molto tempo prima. Ed esattamente nel 1980 quando il terribile terremoto dell’Irpinia che aveva devastato la mia città Napoli, fu per il bambino di allora assetato di sorprese, l’occasione per ritrovare tra le mura fogli di giornale. Una vera magia! Le pareti crollate rivelavano pagine sovrapposte di quotidiani che una volta si usavano per favorire l’aderenza della carta da parato.
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