L’Italia paese dei comuni, ha saputo creare una rete economica diffusa sul territorio che è alla base del successo del Made in Italy. Questo fenomeno, dai tratti ampiamente positivi, cela una criticità strutturale non trascurabile nel mondo contemporaneo: una percentuale di gradi aziende estremamente bassa, intorno all’1% del tessuto produttivo, valore che per Germania e Francia è invece superiore al 2%.

La struttura economica e le sfide

Un dato che desta attenzione perché, sebbene stiamo parlando di un numero rispettabile, di un’economia complessa appartenente al G7, è emblematico di una realtà più ampia che vede l’Italia distante dai modelli di paesi come la Francia o la Germania, dove le grandi imprese sono in una percentuale più che doppia e giocano un ruolo centrale nell’economia e nella vita del paese.

Si tratta quindi di una constatazione che invita a riflettere sulla necessità di un cambiamento strutturale. Come potrebbe essere il nostro sistema Paese con un’economia energizzata dalla creazione di grandi imprese nei settori strategici del futuro?

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Dalla stagnazione al dinamismo

Emerge un quadro di stagnazione che potrebbe trasformarsi in dinamismo, di lentezza burocratica che potrebbe cedere il passo a processi decisionali snelli e rapidi, di investimenti contenuti che potrebbero espandersi significativamente migliorando la qualità della vita dei cittadini, di piccole eccellenza che potrebbero diventare campioni internazionali.

Le grandi aziende necessitano di un “ecosistema paese” funzionante, caratterizzato da un sistema giudiziario efficiente, infrastrutture moderne, smart city operative e un sistema scolastico e universitario all’avanguardia.

Il ruolo svolto dalle grandi aziende

Quando una grande azienda si stabilisce in un territorio, beneficiando di un contesto ottimale, il suo impatto sull’economia diventa significativo, incidendo sull’indotto e aumentando la competizione tra e con le aziende peer. Si crea lavoro e con il lavoro il livello di contribuzione a favore dello Stato aumenta cosa che può incidere sul miglioramento dei servizi per il cittadino. Questo effetto a cascata, quindi, non si limita agli aspetti puramente economici: si estende anche alla qualità della vita delle persone e delle famiglie che avranno maggiore possibilità di investire nel capitale umano rispetto a cui abbiamo molte volte discusso lo stato di pericoloso affaticamento.

Questo ciclo virtuoso, innescato dalla presenza di una grande impresa, contribuisce dunque non solo alla crescita economica del territorio ma anche al suo sviluppo sociale e culturale, promuovendo l’istruzione e l’apertura verso nuove opportunità e orizzonti.

Le questioni da affrontare

Affrontare la questione richiede un approccio olistico, che consideri l’ecosistema italiano nella sua interezza.

  • Riforme Strutturali: Implementare riforme volte a snellire la burocrazia, rendendo l’Italia più attrattiva per investimenti di larga scala. Ciò include la semplificazione dei processi per l’avvio di nuove grandi imprese e per l’espansione di quelle esistenti.
  • Investimenti in Infrastrutture: Ampliare e modernizzare le infrastrutture critiche, quali trasporti e telecomunicazioni, per sostenere le esigenze operative delle grandi aziende e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
  • Focalizzazione sulle Smart Cities: Promuovere lo sviluppo di città intelligenti che integrino tecnologie avanzate per gestire efficientemente le risorse, migliorare i servizi pubblici e stimolare l’innovazione.
  • Potenziamento del Sistema di istruzione Investire di più nell’istruzione, in particolare in quella superiore e nella ricerca per fornire alle aziende un accesso a talenti altamente qualificati e a innovazioni di frontiera.
  • Incentivi all’Innovazione: Creare un sistema di incentivi che premi le imprese per investimenti in R&D, innovazione tecnologica e sostenibilità, incoraggiando così la crescita di aziende competitive a livello internazionale.

Il  potenziale delle grandi corporation per l’economia e la società è innegabile.

Happy Company, Happy Country!

 

 

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Armando Barone Armando Barone
Ufficialmente il mio percorso nel mondo della comunicazione inizia nel 1999, ma ho sempre creduto di averlo iniziato molto tempo prima. Ed esattamente nel 1980 quando il terribile terremoto dell’Irpinia che aveva devastato la mia città Napoli, fu per il bambino di allora assetato di sorprese, l’occasione per ritrovare tra le mura fogli di giornale. Una vera magia! Le pareti crollate rivelavano pagine sovrapposte di quotidiani che una volta si usavano per favorire l’aderenza della carta da parato.