I Greci capirono che lo sport è una leva strategica per unire il popolo intorno ad una missione e creare lo “spirito del tempo”. I romani seppero cogliere questa intuizione ed elevarla nella strategia di gestione di un’area geografica che andava dall’Italia, all’Africa, all’Inghilterra fino al Medioriente creando un pilastro della cultura che ancora oggi riempie la nostra quotidianità.
Lo sport come leva di unione sociale
Lo sport, quindi, non è solo un fatto di trofei. Il campionato di calcio vinto dal Napoli, cattura l’occhio del mondo per la capacità del popolo partenopeo di festeggiare, dai più commentatori considerata “unica”, ma per coglierne il reale valore è nostra opinione bisogna guardare con maggiore attenzione, perché come abbiamo detto lo sport è molto di più 11 giovani talentosi che corrono dietro ad una palla.
La rinascita dal fallimento a modello
Facciamo un passo indietro. La società sportiva Calcio Napoli nel 2004 è fallita. Quando furono portati i libri in tribunale un imprenditore la comprò. Questo signore si chiama Aurelio De Laurentis, l’attuale presidente del club. Come è possibile che un imprenditore senza esperienza nel calcio abbia in poco più di due lustri portato un club fallito ai vertici dello sport nazionale mettendo in fila club blasonati come, Milan, Juventus e Inter?
A nostro parere è stata la capacità di creare un progetto fondato su una missione chiara, “Vincere, vincere e rivincere – dichiara De Laurentis” , basata sui valori del territorio e in grado di creare un nuovo “spirito del tempo”. I napoletani, tradizionalmente scaramantici, hanno manifestato chiaramente l’adesione a questo nuovo “sentire comune” arrivando a tatuarsi addosso il simbolo del quarto scudetto nonostante la sfida aperta dell’Inter conclusasi solo all’ultima partita disponibile. Un capolavoro di comunicazione purpose driven.

Sostenibilità e governance: un modello da studiare
Ma gli economics? De Laurentis nuovo mecenate che ad un certo punto scompare lasciando la società sul lastrico finanziario? Nemmeno per sogno. Il progetto, forte dei propri valori, ha alla sua base la sostenibilità. I conti del club sono in ordine e l’attrattività del brand – un club che gioca in uno stadio che De Laurentis ha voluto fosse chiamato Diego Armando Maradona, un contemporaneo dio dell’Olimpo – , unita ad una capacità di scouting e valorizzazione del talento che pochi possono vantare, ha reso possibile la vittoria del quarto titolo nonostante la rinuncia ai calciatori di maggiore talento, Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia bravi con il pallone tra i piedi, ma non più allineati alla “missione” della dirigenza.
Una vittoria senza precedenti
Non stupisce quindi l’unicità del trionfo del Napoli, considerato ancor più sbalorditivo perché per la prima volta nel campionato di calcio italiano (la formula attuale risale al 1929) una squadra si è affermata dopo un precedente campionato dove si era piazzata solo decima. Sicuramente è stata determinante la figura dell’allenatore ma la scelta del preparatissimo Antonio Conte è stata fondata sui valori e di conseguenza vincente.
Così come i romani forgiarono una missione di popolo in grado di guidare anche l’economia, anche Napoli sta vivendo un momento di entusiasmo che crea indotto economico, nonostante un tessuto socio-economico distante dai migliori modelli occidentali.
Lo sport è una leva di trasformazione
Napoli ha vinto ancora. Era già accaduto nel 2023 quando un’intera economia urbana — ristorazione, trasporti, hotellerie — trasse beneficio dal trionfo. Ma soprattutto, un’intera comunità si riconobbe nel successo.
Lo sport è una leva strutturale di trasformazione, così come le Olimpiadi di Barcellona del 1992 hanno rilanciato prima la città e poi la Spagna, chissà che questa vittoria senza precedenti del Napoli non aiuti il Paese a reinventarsi sulla forza di una missione condivisa.
Happy Sport!
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