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Il potere dei Brand: opportunità per una Società più Gentile

Nel mondo il 76% dei lavoratori di prima linea sperimenta l'inciviltà almeno una volta al mese. È un dato che mi ha colpito, facendomi scorrere davanti agli occhi i tanti episodi a cui con sempre più frequenza siamo costretti ad assistere. Al livello micro quanto macro, in un contesto dove anche la guerra sembra essere ritornata ad essere un’opzione accettabile.

Lasciando da parte gli scenari complessi e geopolitici legati alle guerre, vorrei focalizzarmi con voi sulla “micro inciviltà”. Quell’impulso che spinge una persona ad incidere il proprio nome sul Colosseo oppure a guidare guardando una serie TV, ad esempio.

Cosa sta alimentando tutto ciò? La risposta è complessa. La solitudine, la polarizzazione, il flusso travolgente dei social media, il crescente divario economico sono tutti fattori contribuenti, ma è difficile determinare se siano causa o conseguenza.

I Brand promotori del Cambiamento

Rimane il fatto che nel vasto panorama della società moderna l'inciviltà sembra guadagnare uno spazio crescente. Da indomabili ottimisti vogliamo analizzare un angolo di luce. I brand possono farsi avanti come potenti agenti di cambiamento, capaci di guidare il nostro mondo verso una direzione più civile e gentile.

Con le loro singole identità e purpose, essi possono contribuire a un quadro più ampio di civiltà. Come le note di una sinfonia, ognuno di essi suona un ruolo specifico, ma tutti insieme creano un'armonia che ispira.

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Se rileggete gli articoli condivisi con voi in questo sito vi accorgerete immediatamente che il tema del purpose è un fil rouge molto attuale.

Esso si sta rapidamente diffondendo nell'economia moderna. E le aziende non sono più solo entità che cercano di massimizzare i profitti.

È possibile che quelli che abbracceranno un ruolo civico, ovvero che rappresenteranno qualcosa di più grande di sé stessi lavorando instancabilmente per costruire un mondo più civile, saranno certamente accolti con entusiasmo da coloro che desiderano essere parte di un mondo migliore.

I Brand come "difensori civici"

Ci sono tanti temi di cui i brand potrebbero farsi “difensori civici”. Guardiamo alle strade italiane, per esempio. Incidenti stradali, pedoni investiti, semafori ignorati: sono tutti segni di inciviltà che mettono a rischio la vita delle persone. Lo scorso anno più di 3000 persone hanno perso la vita sulle strade italiane con 485 pedoni investiti.  È un problema di sicurezza stradale che va oltre il mero rispetto delle regole.

La sicurezza è un bisogno umano fondamentale, come ci insegna la Piramide dei Bisogni di Maslow. I brand possono intervenire in sinergia con la doverosa opera di repressione delle autorità pubbliche. Infatti, non basta imporre leggi più severe; serve anche una grande opera di comunicazione e sensibilizzazione. Ecco dove entrano in gioco i "purpose brand", aziende che vogliono cogliere l'opportunità di avere un impatto positivo sulla società. Possono promuovere la sicurezza stradale attraverso campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione stradale e investimenti in tecnologie avanzate per la sicurezza automobilistica.

In conclusione, in un mondo in cui l'inciviltà sembra diffondersi i brand possono contribuire ad invertire il trend e rendere l’educazione un fatto “cool”.

Possono ispirare, educare e guidare la società verso una direzione più civile. E attraverso la comunicazione, trasformare la consapevolezza civica in azione concreta.

 

Happy Purpose!

 


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Gender Gap, una sfida che richiede soluzioni concrete

È ammirevole il coraggio delle donne iraniane che stanno sfidando la teocrazia che domina il loro paese. Il regime dell’Ayatollah teme l’emancipazione femminile come uno dei pericoli più concreti contro il potere. Stessa cosa accade nell’Afghanistan dove i talebani, appena ritornati alla guida, hanno prioritizzato la lotta all’istruzione delle donne. Ma perché tanto accanimento? È evidente che ad una maggiore partecipazione delle donne alla vita culturale e produttiva dei paesi corrisponde maggiore benessere e democrazia. Non è un caso che le prime posizioni nell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (UNDP), un rapporto che monitora annualmente la qualità della vita, sono stabilmente assegnate a paesi che hanno un tasso di occupazione femminile alto.

L’occidente è un faro per i diritti civili e il contrasto alle differenze di genere rappresenta una priorità nell’agenda di tutti i leader. Ciò accede anche in Italia, che sconta un forte ritardo con un tasso di occupazione femminile di circa 50% a fronte di una media UE di oltre 60% e con picchi superiori a 70% in Norvegia.

Credo che le radici di questo ritardo siano prima di tutto culturali. In Italia le donne sono 31,4 milioni di persone, gli uomini invece 29,6 milioni. Ebbene quante donne completano il ciclo di studi fino alla laurea? Circa 220 mila. Gli uomini sono invece solo 187 mila. La logica vorrebbe quindi che il mercato del lavoro di un Paese sviluppato il genere che rappresenta più laureati veda la maggiore rappresentazione. Invece, viceversa, il tasso di occupazione femminile è, come detto sopra del 50% mentre quello degli uomini del 62.5%.

Cosa genera questa distruzione di valore se non un bug nel processo culturale di indirizzo e valorizzazione del talento femminile?

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È un punto che il PNRR sembra avere colto. Il progetto prevede una serie di azioni che affrontano alla base il problema. Sono previsti importanti investimenti per la realizzazione di asili nido, l’evasione scolastica, l’orientamento allo studio, l’introduzione di nuove metodologie di studio, nuove politiche di equilibrio vita privata e lavoro, formazione ad hoc, politiche di inserimento.

Nella speranza che il PNRR nella sua fase di delivery non tradisca gli impegni è necessario che il settore privato continui nell’investire nella chiusura del gender gap.

Non mancano progetti di grande portata come quelli promossi dalla Fondazione Valore D oppure il programma di Diversità e Inclusione della mia Accenture.

Bisogna quindi riuscire ad accendere una sinergia in grado di portare gli esempi di eccellenza in una fase che possa generare grandi numeri.

Guardando all’estero, sempre a proposito di impegno collettivo,

Un caso interessante è quello di GrubHub che dimostra come le aziende possano utilizzare le loro risorse per supportare le donne e ridurre il divario di genere. Il progetto RestaurantHER, lanciato in occasione del Mese della Storia delle Donne, ha creato una mappa digitale per evidenziare i ristoranti gestiti da donne, con l'obiettivo di aumentare il business per le proprietarie femminili e di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare. Grazie a questa iniziativa, le donne proprietarie di ristoranti hanno ricevuto un maggiore sostegno e visibilità, incoraggiando altre donne a intraprendere carriere in questo settore.

Tuttavia, il caso di GrubHub evidenzia anche la necessità di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare e in altri settori. Secondo Grubhub, solo il 20% dei cuochi sono donne, un dato che mette in luce l'importanza di promuovere l'uguaglianza di genere anche in settori tradizionalmente considerati maschili. Inoltre, il progetto RestaurantHER dimostra come le aziende possano collaborare con organizzazioni di donne per promuovere la parità di genere e l'accesso alle opportunità.

La parità di genere è senz’altro un impegno da perseguire senza se e senza ma e bisogna realizzare che nell’affrontare questo determinante diritto stiamo percorrendo una delle maggiori leve di crescita per il Paese. Infatti, secondo una stima dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), se l'Italia aumentasse il tasso di occupazione delle donne dal 50% al 60%, potrebbe generare un aumento del PIL di circa l'1,2% nel medio termine (circa 10 anni) e di circa il 2,3% nel lungo termine (circa 20 anni).

Innovare fa bene e conviene.


La relazione tra Brand e persone si basa sulla fiducia

Svolgo questo meraviglioso lavoro da più di vent’anni e mai come oggi le sfide da affrontare sono significative. Lo scenario economico, geopolitico e sociale ha spinto ovunque il “trust gap” a livelli importanti, farsi ascoltare dalle audience diventa sempre di più complesso del catturare l’attenzione. Comunicare un brand oggi vuol dire sempre più andare oltre le qualità intrinseche del prodotto/servizio offerto per entrare sempre più nella sfera dei valori che “la persona” vuole realizzati nelle società.

Come possono le organizzazioni colmare il vuoto lasciato dai governi, proprio ora che le persone attribuiscono alle aziende un ruolo importante nella società?

Se verso l’esterno tutte le parti di un’impresa sono responsabili dell’organizazione stessa , allora un efficace strategia di comunicazione deve avere il proprio baricentro sui valori e sul credo del brand, cioè sul suo purpose. I clienti non comprano più solo ciò che facciamo ma anche ciò in cui crediamo, il pubblico obiettivo della comunicazione non è più composto da coloro che hanno bisogno dell’azienda o dei suoi servizi e prodotti, ma da coloro che credono in ciò in cui l’azienda crede.

Si tratta di un fenomeno che ha implicazioni profonde. Pensiamo al fenomeno della “great resignation” e a come trattenere e attirare nuovi talenti. Appare lecito attendersi che quelle aziende che sapranno meglio interpretare il proprio ruolo di attore sociale e colmare il vuoto potranno gestire meglio di altri il grande tema del capitale umano.

Il ruolo del comunicatore si arricchisce quindi di nuove skill perché deve contribuire alla definizione del purpose, garantire azioni coerenti, intercettare stakeholders in sinergia con le credenze e valori aziendali. Se la strategia di comunicazione sarà vincente gli stakeholder restituiranno riconoscendo al brand tempo, fedeltà e anche denaro.

A proposito di Trust Gap e di di ruolo sociale delle aziende condivido con voi 3 best practise sperando di dare qualche spunto e riflessione.

Boots è uno dei principali retailer in UK che commercializza dal 1849 prodotti per la salute e per la bellezza. Per colmare il vuoto causato dall’inflazione e dalla crisi i del costo della vita dovuto ai grandi eventi contemporanei, il retailer ha bloccato il prezzo su 1.500 prodotti.

Proprio lo scorso mese Boots ha annunciato che l'azienda sta subendo la sua "più grande variazione di prezzo in assoluto" su oltre 1.500 prodotti per aiutare i clienti alle prese con la crisi del costo della vitaper aiutare i clienti alle prese con la crisi del costo della vita. Il rivenditore segue l’iniziativa della rivale Superdrug nel congelamento dei prezzi dei prodotti a marchio proprio, inclusi shampoo, dentifricio, gel doccia e pannolini, almeno fino alla fine del 2022. L'elenco dei prodotti sarà rivisto alla fine del 2022, sono disponibili 11.000 prodotti a marchio Boots, con prezzi a partire da 40 pence, con 100 linee al prezzo di 1 GBP o meno e 1.000 prodotti a un prezzo inferiore a 2 GBP.

Telco ha celebrato la fusione con telco Vocus regalando un bonus, a ogni bambino nato in Nuova Zelanda il 1 giugno 2022 assegnabili una quota di 222.000 NZD (circa 139.061 USD).

L'iniziativa mira a dare ad alcune famiglie neozelandesi un vantaggio nella creazione del proprio futuro più equo, un gesto in linea con lo scopo della società di telecomunicazioni di “Fighting for Fair”. L’iniziativa è stata accompagnata da una campagna umoristica e commovente, con un gruppo di bambini in tailleur su misura che rappresentano il futuro della Nuova Zelanda.

Alla luce della notizia del potenziale ribaltamento di Row vs. Wade nel maggio 2022 - che ha coinciso con la festa della mamma negli Stati Uniti - l'agenzia pubblicitaria GDS&M con sede in Texas ha pubblicato la campagna "Happy Forced Mother's Day". Le carte regalo raffiguranti lo slogan potrebbero essere condivise e inviate a funzionari federali e statali, fisicamente o digitalmente, nel tentativo di esercitare pressioni sul governo per proteggere i diritti all'aborto. La campagna afferma che le mamme sono fantastiche, ma nessuno dovrebbe essere costretto a esserlo.

Happy Innovating!