La comunicazione nella scuola, un ponte verso il futuro

La comunicazione nella scuola, un ponte verso il futuro

La scuola non è solo un luogo di lezioni, ma l'investimento più lungimirante per il futuro di una nazione. Un'impresa che, invece di produrre beni materiali, forgia talenti, coltiva menti critiche e forma cittadini pronti per le sfide di domani. Proprio come ogni organizzazione di successo monitora i propri progressi attraverso KPI (Key Performance Indicators), anche la scuola dovrebbe adottare strumenti di misurazione chiari per valutare, valorizzare e comunicare i risultati raggiunti.

Eppure, spesso questo non accade. C'è un evidente vuoto di comunicazione tra il mondo scolastico e il resto della società. Gli sforzi, i progressi e persino i successi degli studenti raramente vengono condivisi in modo efficace con le famiglie, le istituzioni e il mercato del lavoro. E questo rappresenta un limite enorme per un sistema che dovrebbe essere il motore principale dello sviluppo sociale ed economico.

I dati parlano chiaro: secondo l'OCSE, un laureato guadagna in media il 57% in più rispetto a chi possiede solo un diploma di scuola secondaria superiore. Inoltre, esiste una correlazione diretta tra il livello di istruzione e il tasso di occupazione: nel 2022, il tasso di occupazione tra i laureati italiani era del 78%, contro il 62% dei diplomati.

La scuola, investimento per il futuro

Questi numeri confermano che la scuola non è solo un percorso obbligato, ma un vero investimento economico e culturale sia per l'individuo che per le famiglie. Tuttavia, questa consapevolezza non è ancora sufficientemente radicata nella nostra società quanto dovrebbe. Paesi come la Finlandia o il Canada, che da anni investono in un'educazione trasparente e comunicativa, registrano tassi di successo scolastico e lavorativo nettamente superiori.

La comunicazione nella scuola, un ponte verso il futuro
La comunicazione nella scuola, un ponte verso il futuro

Il nuovo rettore della Bocconi, Francesco Billari, ha recentemente sottolineato l'importanza di colmare il gap tecnologico tra gli studenti italiani e quelli di altri Paesi: "Bisognerebbe dare un computer ad ogni bambino. Non è più un lusso, ma una necessità."

Un'affermazione potente che evidenzia non solo l'urgenza di investire nelle infrastrutture scolastiche, ma anche nella comunicazione. Una comunicazione che non si limiti alle sole pagelle o ai consigli di classe, ma che racconti percorsi, successi, difficoltà e opportunità.

La comunicazione per orientarsi verso il futuro

Allargare il campo della comunicazione scolastica significa anche potenziare l'orientamento dei giovani. Solo conoscendo le diverse strade disponibili e ascoltando storie di chi quelle strade le ha già percorse, gli studenti possono fare scelte consapevoli e felici.

C'è poi un aspetto fondamentale spesso trascurato: la comunicazione ha un impatto diretto sull'inclusione e sulla diversità. Una scuola che comunica in modo efficace apre le porte a tutte le storie, valorizza ogni talento e offre pari opportunità, un principio che anticipa il merito.

È solo comunicando che i nostri giovani possono fare scelte felici per il loro futuro e significative per il Paese. Un sistema scolastico che dialoga apertamente aiuta ogni studente – indipendentemente dal contesto sociale o culturale – a trovare la propria strada.

Un elemento quanto mai critico per un paese in inverno demografico, che sta entrando nell’epoca post digitale con una percentuale di laureati troppo bassa e un gap formativo enorme nelle materie STEM, divario che va necessariamente colmato.

Perché la scuola italiana possa davvero diventare quell'impresa culturale di successo che immagina e costruisce il futuro, è necessario colmare questo vuoto. Creare indicatori di performance chiari, raccontare i risultati, valorizzare le storie di successo e dare voce a studenti e insegnanti sono solo alcuni dei passi fondamentali.

Happy school!

 


scuola IA post digitale armandobarone

L’intelligenza artificiale nelle scuole: verso l’educazione post digitale

È proprio di questi giorni la notizia che sta per iniziare una sperimentazione finalizzata ad introdurre nelle scuole italiane l’intelligenza artificiale generativa. La sperimentazione coinvolgerà  15 scuole e rappresenta certamente un'iniziativa significativa per il nostro sistema scolastico. Ci auguriamo che questa sperimentazione sia un primo passo verso una scuola capace di interpretare i bisogni della società post-digitale.

L’intelligenza artificiale è un vero e proprio driver d’innovazione capace di trasformare il sistema scolastico. La sua adozione può supportare non solo gli insegnanti, ma anche gli studenti, offrendo loro un’esperienza educativa personalizzata, inclusiva e capace di adattarsi ai ritmi di ciascuno studente.

L'impatto della IA sull'istruzione

Possono aiutare lo studente ad aumentare la produttività nell'apprendimento grazie anche alla capacità di organizzare e suggerire un metodo per preparare interrogazioni ed esami. Addirittura, lo studente potrebbe trovare l'utilizzo dell'intelligenza artificiale divertente, un verbo scomparso nell’esperienza degli studenti “nativi digitali”.

Preparare le nuove generazioni alle sfide anche del mondo del lavoro, che vedrà un sempre maggiore utilizzo di nuove competenze legate all'IA diventa cruciale per tutto l'ecosistema. Secondo stime della mia Accenture, l'Intelligenza Artificiale Generativa creerà oltre 2 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi anni e costituirà uno dei maggiori alleati per combattere gli effetti negativi dell’inverno demografico.

Il ruolo inclusivo della IA

Inoltre non dimentichiamoci il ruolo inclusivo dell'IA che attraverso l’uso di algoritmi di machine learning, permette agli insegnanti di identificare più facilmente le difficoltà degli studenti, per offrire interventi mirati e tempestivi. Inoltre, questa tecnologia può facilitare la gestione dei dati scolastici, ottimizzare l’organizzazione delle lezioni e persino suggerire nuovi approcci pedagogici.

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Uno studio della Commissione Europea ha rivelato che 7 scuole su 10 a livello europeo prevede di ampliare l'uso dell’IA nei prossimi cinque anni, segnalando la volontà diffusa di utilizzare la tecnologia per migliorare l’efficacia dell’insegnamento. L'Estonia, in particolare, ha già introdotto l’intelligenza artificiale nei suoi programmi educativi con risultati promettenti, garantendo un apprendimento più personalizzato e migliorando i tassi di successo scolastico. Guardiamo il caso Baltico un po' più da vicino.

Scuola e IA, l'esempio in Estonia

Le scuole estoni utilizzano l’intelligenza artificiale e le piattaforme digitali su tutto il territorio nazionale. La tecnologia viene usata per supportare gli studenti nella didattica quotidiana con programmi iper-personalizzati, che tengono conto di punti di forza ma anche delle fragilità dei ragazzi. Questo approccio ha permesso di ridurre i tassi di abbandono scolastico e di migliorare il rendimento degli alunni, con un impatto positivo sull’intero sistema paese.

A nostro avviso, la promettente iniziativa del governo italiano dovrebbe considerare un ciclo di sperimentazione rapido per garantire la raccolta dei dati e valutare una diffusione più ampia dell'intelligenza artificiale nelle scuole. Un periodo di test, contenuto, preventivato e a scalare, per consentire di adattare più velocemente le soluzioni e implementarle su scala nazionale quelle vincenti. Il numero limitato di 15 classi appare idoneo per iniziare un percorso che via via dovrebbe coinvolgere il maggiore numero di scuole possibili e raggiungere l’intera platea in pochi anni.

Ritengo che l’avvio della sperimentazione annunciata dal Governo sia un passaggio fondamentale per garantire alla nostra nazione un ruolo di primo piano nell'educazione del futuro e risolvere alcuni problemi strutturali come il basso numero di specializzati e laureati e del conseguente mismatch tra domanda e offerta di lavoro.

 


potenza culturale istruzione post digitale armandobarone

Una potenza culturale ha bisogno di una Istruzione post digitale

Nel mondo in continua evoluzione di oggi, la contaminazione tra il settore pubblico e privato non dovrebbe limitarsi a migliorare i servizi esistenti, ma estendersi a settori in cui il cambiamento a scala è strategico, urgente e necessario. Uno di questi settori è l'istruzione, che in Europa e in Italia sta vivendo una trasformazione senza precedenti.

Abbiamo ampiamente parlato della grande difficoltà in cui versa il nostro paese, fanalino di coda nel mondo avanzato e analizzato il fenomeno India che si propone al mondo come il bacino in cui reperire giovani e qualificati talenti così come è evidente il forte nesso tra il livello di istruzione del paese e la difesa e rafforzamento del ruolo di “Super potenza culturale” che abbiamo analizzato.

In questo contesto, un fenomeno degno di nota è il boom di acquisizioni di scuole private da parte di gruppi internazionali, l’ultima delle quali messa a segno da Globeducate che ha acquistato la piemontese Learn&Play.

Questo trend non solo sta creando opportunità per gli investitori, ma ha anche aperto nuovi orizzonti per gli studenti e le famiglie. Le scuole private internazionali e bilingue stanno emergendo come leader nell'offrire un'educazione di alta qualità, spesso superando le scuole pubbliche in termini di risorse e innovazione.

Questo spostamento al momento sembra ampliare la forbice del nostro sistema educativo pubblico, che fatica ad adattarsi ai rapidi cambiamenti indotti dall’accelerazione delle tecnologie e alle conseguenti esigenze dei giovani dell’era post digitale, che non si riconoscono in programmi e tecniche di insegnamento nate nel mondo analogico.

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Una situazione che contribuisce in maniera determinante al mismatch di competenze che sempre più appare come uno dei maggiori rischi per il nostro sistema produttivo, come segnala ANPAL

Tuttavia, questa crescita delle scuole private internazionali non dovrebbe essere vista come una minaccia per il sistema pubblico, ma come un'opportunità. La competizione anche nel campo istruzione, può portare il “Sistema Istruzione” ad innescare un volano verso una qualità superiore e garantire un accesso più ampio da parte degli utilizzatori finali. Un sano confronto tra il settore pubblico e privato può quindi nutrire la scuola pubblica di nuove sfide e spunti per modernizzarsi e contribuire a formare il capitale umano necessario ad uno stato occidentale che vuole continuare a competere nel contesto internazionale.

In conclusione, mentre assistiamo a un'epoca di collaborazione tra pubblico e privato che sta portando benefici tangibili a molti settori, l'istruzione si trova in prima linea di questa trasformazione. La crescente presenza di scuole private internazionali può rappresentare un motore di cambiamento positivo, alimentando la modernizzazione della scuola pubblica e preparando gli studenti a un mondo in costante evoluzione. È un segno del nostro impegno collettivo a garantire un futuro migliore per tutti attraverso la scuola.

Happy learning!


nuova scuola armandobarone

La "nuova scuola" e la sfida del Cambiamento

Il settore della scuola deve adattarsi ai continui cambiamenti. Negli ultimi cento anni la scuola e l'istruzione italiana hanno visto una rapida evoluzione.  Da singole scuole a reti estese, da una lingua a più lingue, dall'istruzione obbligatoria alla libera scelta delle scuole, da aule isolate ad ambienti di apprendimento basati sulla tecnologia, da un insegnamento incentrato sull'insegnante a un apprendimento incentrato sullo studente, da risultati rigidi all'acquisizione di conoscenze basate su approcci di apprendimento attivo.

Quindi, la scuola deve continuare il proprio processo di adattamento facendo anch'essa i conti con un fenomeno mai visto nella storia: l'accelerazione esponenziale delle tecnologie disponibili. Un fenomeno che genera almeno 3 sfide contemporanee: la necessità di rivedere i percorsi formativi per orientare e formare i giovani su skill totalmente nuovi; aggiornare le modalità di erogazione del sapere; rivedere l'apparato burocratico per andare incontro ad un cliente/studente nativo digitale. Il tutto ad una velocità compressa, a cui la PA ma non solo, non è abituata.

La "nuova scuola" dovrà seminare un germoglio del tutto nuovo: l'apprendimento costante. La società accelerata dalle tecnologie deve essere orientata al cambiamento costante e quindi alla necessità di aggiornare in maniera dinamica le proprie competenze. Bisogna inquadrare questa come una sfida prioritaria e da vincere. L'Italia è un Paese con un tasso demografico decrescente ed un livello di capitale umano istruito in calo. Al contrario il mondo sta orientando sempre di più la competizione sul sapere, con i grandi player demografici che stanno sempre più proponendosi come riserva di talenti per il mondo occidentale. In un altro articolo abbiamo visto come l'India stia investendo e guadagnando spazio.

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La tendenza va quindi velocemente invertita facendo leva sulle tante eccellenze distribuite sul territorio che devono adesso contribuire a creare un sistema pubblico/privato che sappia generare valore su numeri decisamente più grandi.

Sembra andare in questa direzione il Programma Scuola e Competenze. Finanziamenti ingenti, risorse di fondi europei che si affiancano al PNRR e lo potenziano, un grande salto in avanti per tutto l'ecosistema educativo.

Quasi 3,8 miliardi di euro, uno stanziamento record, una parte importante destinata al rafforzamento delle competenze della comunità scolastica e alla lotta alla dispersione e un'altra interessa invece il finanziamento delle infrastrutture (laboratori, mense e palestre, dispositivi per la didattica).

Tra le principali azioni previste c'è il potenziamento delle competenze di base e delle discipline STEM, la lotta alla povertà infantile, l'inclusione e il contrasto alla dispersione scolastica.

Nei prossimi anni si attueranno azioni per sostenere i bambini e i giovani nell'apprendimento e questo sarà portatore di entusiasmo, fiducia e ambizione. Ciò comprenderà il sostegno allo sviluppo delle competenze di base e delle discipline STEM nella scuola primaria e il contributo alla lotta contro la povertà infantile, alla lotta contro l'abbandono scolastico e all'inclusione.

Sembra quindi che ci stiamo mettendo finalmente alle spalle un lungo periodo di disinvestimenti nella scuola, sicuramente uno dei fattori chiave per spiegare le difficoltà di un paese in difficoltà da troppi anni.


Centralità scuola digitale

La centralità della Scuola per trasformare il Paese

Già da quest’anno sono operativi i primi importanti cambiamenti previsti dal PNRR.

Il prossimo “back to school” vedrà tra i banchi 100 mila studenti in meno, un primo effetto concreto del calo demografico che si stima raggiungerà il suo picco nel 2033 con 1.4 milioni di studenti in meno portando quindi il numero di giovani in formazione a solo 6 milioni. È un fenomeno che fa fare un “salto di qualità” verso la completa insostenibilità ad alcuni fatti che contraddistinguono il capitale umano del nostro paese, in particolare la bassa percentuale di laureati e il primato di giovani che non studiano né lavorano, quelli che vengono definiti NEET (Not engaged in Education, Employment or Training).

Sicuramente uno scenario tanto allarmante quanto noto ma che quest’anno si muove in un contesto differente, che giustifica un relativo ottimismo. La scuola è infatti uno dei pilastri del PNRR.

Centralità scuola digitale

L’inizio dell’anno scolastico 22-23 vedrà l’avvio del progetto Scuola Digitale il cui obiettivo è trasformare almeno 100 mila classi tradizionali in ambienti di apprendimento innovativi, integrati da un concetto di classe e laboratorio in grado di superare l’attuale modello ideato per sostenere il boom economico degli anni ‘60 del secolo scorso. Un modello quello attuale evidentemente poco appeling per le generazioni native digitali ed inefficace per formare capitale umano in grado di svolgere le professioni del futuro che sempre di più rappresentano i mestieri del presente. A questo proposito si pensi all’impatto che big data, il cloud, l’intelligenza artificiale, la sicurezza informatica e la blockchain stanno avendo nel modificare i mestieri “tradizionali” e nel creare nuovi lavori.

Sia inteso il progetto Scuola 4.0 non è una promessa ma un fatto che ha una dote complessiva di 4.9 miliardi di euro.

È certamente auspicabile arricchire questo progetto con ulteriori interventi sulla didattica per accelerare il cambiamento ed indirizzare alcuni fenomeni collegati all’uso del digitale come la tutela della privacy, la necessità di considerare l’innovazione trasversale a tutte le materie, rendere centrale e premiante la formazione dei docenti. Anche qui ci sono segnali positivi: tutti questi punti sono indirizzati nell’indagine conoscitiva approvata dal parlamento (chi vuole può leggerla qui)

Siamo di fronte ad una priorità sistemica che merita la massima attenzione da parte dei comunicatori e dei media. Divulgare questi cambiamenti, che aprono ad un concreto ventaglio di opportunità, con l’obiettivo di includere nelle conversazioni famiglie e studenti è strategico per creare le premesse per il successo del progetto di trasformazione della scuola che può creare benefici in termini di PIL ed essere un volano positivo in termini di coesione sociale e benessere.