STEM: la chiave per un Paese "Future Ready”
Era il 1988 quando Piero Angela esortava: “ Abbiamo bisogno di uomini che sappiano cucire la cultura umanistica con quella scientifica” e dopo quasi 40 anni la nuova “riforma” della scuola non sembra avere assimilato questo appello. Tutto questo quando l'intelligenza artificiale sta riscrivendo le regole del lavoro, della società e la tecnologia sempre più plasma ogni settore, nel viaggio alla modernizzazione tecnologica dove algoritmi e agenti digitale riscrivono regole e confini.
È forse la conoscenza del latino o del greco a renderci protagonisti della contemporaneità, o la capacità di progettare applicativi di AI? Questa provocazione non è retorica, i recenti avvenimenti ci mettono difronte al fatto che questo è il cuore del dibattito in un dualismo datato tra la necessità di preservare un'istruzione umanistica di stampo novecentesca e l'urgenza di puntare sulle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica).
I numeri parlano chiaro: nei paesi più progrediti, l’investimento nelle STEM è un propulsore di produttività. Un +10% nelle competenze tecnologiche corrisponde a un +15% di produttività, secondo l’OCSE. Ancora più eloquente è uno studio della Oxford University: competenze in intelligenza artificiale, apprendimento automatico e scienza dei dati aumentano i salari potenziali del 40%. Questa crescita non è solo numerica, ma metaforica: rappresenta il balzo verso un futuro in cui l’innovazione non sarà più una scelta, ma una necessità.
Se vogliamo vedere l’importanza di questo percorso, basta volgere lo sguardo al Medio Oriente, un’area spesso associata al passato, ma oggi proiettata con forza verso il domani. In paesi come Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, il 77% dei lavoratori ritiene fondamentale aggiornare le proprie competenze STEM per affrontare le sfide dell’era digitale. Non si tratta solo di parole: interi sistemi educativi stanno mutando per supportare la formazione in settori cruciali come la robotica, l’energia sostenibile e l’intelligenza artificiale.
Ad esempio, iniziative come il programma “STEM for All” negli Emirati hanno portato a un incremento del 60% degli iscritti a corsi universitari scientifici in soli cinque anni. Questa regione sta dimostrando che non importa da dove parti, ma dove decidi di andare. Con una visione chiara, l’impegno nel presente può trasformare il futuro.

Il Lavoro come rinascita: case study innovativi
L’insegnamento delle STEM non conosce confini né barriere, come dimostrano due esempi emblematici. L’Università di Helsinki, ha messo a disposizione dei carcerati un corso per imparare le basi dell’intelligenza artificiale per prepararsi al mercato del lavoro una volta scontatta la loro pena: un’analogia concreta tra la libertà mentale e la libertà fisica.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, l’UCLA ha deciso di utilizzare l’intelligenza artificiale non solo per sviluppare la tecnologia, ma anche per rafforzare le materie umanistiche. Il corso di letteratura comparata della professoressa Zrinka Stahuljak sfrutta la piattaforma AI Kudu per personalizzare materiali didattici e stimolare l’analisi critica degli studenti. È un esempio di ciò che le STEM possono fare: non cancellare, ma trasformare. Non chiudere, ma aprire.
In questo scenario, i giovani e le imprese non sono più solo consumatori di conoscenza: sono creatori e innovatori. Guidati da capacità, curiosità e necessità, reinventano il mondo attraverso approcci scientifici. Le aziende che sostengono questo spirito imprenditoriale ottengono più di profitti.
Prepararsi al futuro: una scelta necessaria
L’Italia deve guardare avanti. L’idea che l’umanesimo e le scienze debbano convergere è corretta, ma non può distogliere l’attenzione da ciò che conta davvero: preparare i giovani alle competenze STEM, perché il futuro non aspetta.
Il nostro Paese rischia di diventare una sineddoche dell’Europa, una parte che non rappresenta più il tutto, un frammento nostalgico di un passato glorioso, mentre altri costruiscono il domani. Per evitare questa trappola, dobbiamo agire ora.
Il dibattito si è acceso proprio recentemente, il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha annunciato una riforma volta a rilanciare lo studio della Storia, con una commissione di esperti incaricata di aggiornare le Indicazioni Nazionali. È un tentativo lodevole, ma solleva almeno 3 interrogativi: stiamo forse cercando di invertire il corso di una trasformazione inevitabile? Forse è il passato che ci guida, o l’innovazione che ci chiama? È forse il latino che ci prepara, o la tecnologia che ci insegna?".
Il Ruolo della Comunità Scientifica
La comunità scientifica, però, non può limitarsi a vivere nella sua torre d’avorio, lontana dai dibattiti umanistici e dalla società. È necessario che gli esperti STEM si impegnino in una divulgazione semplice e accessibile, capace di abbattere il muro di incomprensione che spesso separa scienza e pubblico.
Ma non basta. I professionisti delle scienze devono partecipare attivamente alla vita culturale del Paese, contribuendo a creare un tessuto connettivo in cui sapere scientifico e pensiero umanistico non siano più mondi separati, ma un tutt’uno. Solo quando società, umanesimo e scienza dialogheranno in armonia potremo veramente ambire a un’Italia migliore, capace di progredire senza perdere la sua identità.
Se oggi non investiamo nelle STEM, domani resteremo solo a osservare gli altri costruire ciò che avremmo potuto creare. Le STEM non sono un’alternativa, sono la base. Sono la grammatica del futuro, l’alfabeto di un mondo in cui l’innovazione è il nuovo linguaggio universale. Chiudo attingendo ancora da Angela che citando Toraldo di Francia chiude l’intervista con cui ho aperto questo articolo dicendo: “Non bisogna soltanto fare una la tecnologia a misura dell’uomo ma anche l’uomo, e direi degli intellettuali, a misura della tecnologia”
IA, il copilota che rivoluziona il modo di lavorare
Non è ripetitivo né ridondante insistere su un concetto basilare del nostro tempo: l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando tutti i settori, tutti i mestieri e il mercato del lavoro.
Molte professioni richiedono già una trasformazione del lavoro quotidiano attraverso l’Intelligenza Artificiale. Pur ritenendo urgente che l’ecosistema, a partire dal mondo regolatorio, comprenda ed agisca per gestire i rischi che tutte le tecnologie hanno sempre presentato, non possiamo disconoscere che questo grande cambiamento pervaderà sempre di più le nostre vite professionali.
L’AI permette di acquisire veri e propri superpoteri che è bene incorporare nella prassi lavorativa. Tali superpoteri serviranno a imprenditori, manager, impiegati, insegnanti, studenti a migliorare nettamente la qualità dei propri output potendosi dedicare alle attività di maggiore valore, affidando all’AI i volumi.
Affinchè ciò avvenga è necessario acquisire competenze e abilità che ci predispongano a guidare insieme al Co-pilota AI.
Un copilota straordinario che cambia il nostro modo di lavorare e permette a tutti i mestieri di liberare il tempo per attività di maggiore valore. Potenzialmente parliamo di una tecnologia in grado di consentire al mondo del lavoro quel salto verso la sostenibilità che appare sempre più necessario.
Pensando al mio mestiere di comunicatore non posso non considerare mondi possibili dell’AI. I chatbot, sofisticati programmi di conversazione, potrebbero essere capaci di analizzare le domande dei giornalisti e fornire risposte adeguate in tempo reale. Questa innovazione potrebbe, in teoria, rendere le conferenze stampa più efficienti e gestibili e contribuire alla creazioni di meta dati che potrebbero aiutare l’elaborazione di contenuti sempre più personalizzati.
É ovvio che in ottica di trasformazione del mestiere, i nuovi comunicatori devono essere in grado di gestire e controllare, proprio perché abbiamo riconosciuto all’AI il ruolo di co-pilota e non quello di pilota.
Nonostante le tecniche di apprendimento automatico siano sempre più sofisticate, l'AI non può (ancora) competere con la capacità umana di riflettere, ragionare e formulare opinioni basate su esperienze personali.
Tuttavia, ritengo possibile la visione futuristica di un'AI che gestisce interamente una conferenza stampa. Stiamo già assistendo a progressi rapidi nell'apprendimento automatico e nella comprensione del linguaggio naturale. Mentre i sistemi AI continuano a migliorare, diventa plausibile immaginare un futuro in cui l'AI assumerà un ruolo sempre più centrale nella professione del comunicatore.
In conclusione, il mondo cambia perché siamo noi a cambiarlo. Tuttavia, prima di tutto dobbiamo acquisire le competenze per guidare il cambiamento. Ogni rivoluzione tecnologica rappresenta il copilota, ma la direzione la impostiamo sempre noi.
Happy Innovating!
Rebranding della PA: la vera sfida per i Talenti
Nell'era dell'innovazione e della competizione globale, la Pubblica Amministrazione italiana sta affrontando una sfida importante: attrarre e trattenere i talenti necessari per compensare il turn over e per coordinare i progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Dopo decenni di comunicazione con il mantra di ridurre a tutti i costi il personale, la PA si accinge ad attirare nuovi talenti e ad affrontare un ambizioso processo di rebranding che mira a trasformarne l'immagine. Se questo sforzo collettivo dovesse riuscire, come dobbiamo augurarci, potrebbe portare a un mercato dei talenti radicalmente diverso da quello attuale, spostando nettamente gli equilibri in gioco, con l’ingresso di un nuovo attore pubblico che diventa un competitor per le organizzazioni private nel mercato del lavoro.
Il riposizionamento d’immagine in atto ha lo scopo di migliorare la brand image che i talenti e altri stakeholder hanno della PA, e di adeguarla alle esigenze e alle opportunità del contesto. E questo sembra a tutti gli effetti un rebranding proattivo, perché il cambiamento in questione rappresenta un’esclusiva opportunità di miglioramento della percezione.
Quindi, per competere con il settore privato e attrarre i talenti necessari per le operazioni chiave, la Pubblica Amministrazione italiana ha riconosciuto l'importanza di rafforzare il proprio brand. Il riposizionamento in corso mira a comunicare il purpose nel contribuire alle missioni del Paese previste dal PNRR in un momento di grande cambiamento e di segnalare i benefici affrontando di petto i bias che riguardano la PA e che per anni sono stati lasciati circolare senza contrapposizione.
La comunicazione senza dubbio gioca un ruolo fondamentale in questo processo di rebranding. Il dibattito sui media si è più volte acceso sulla trasparenza e la valorizzazione delle competenze presenti nella Pubblica Amministrazione italiana, sui salari e le possibilità di carriera.
Un vero e proprio cambiamento di paradigma: quando la PA italiana riuscirà a diventare più attraente, i giovani professionisti potranno guardare al settore pubblico locale e centrale come un'opzione di carriera altamente interessante, in grado di offrire stabilità, sviluppo professionale e un impatto positivo sulla società.
Sembra quindi che il settore privato avrà a breve un grande ed importante competitor in quella che viene definita ‘la guerra dei talenti’, che sia questo il trigger per accelerare gli investimenti in formazione, anche per la workforce attuale, da molto tempo teorizzati come necessari?