L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

Nel mio ultimo articolo ho parlato di accessibilità digitale e del ruolo che può avere nel successo di un’azienda.

Oggi voglio fare un passo ulteriore all’inclusività, tornando su un tema che considero centrale per chi si occupa di business e vuole innovare l’azienda e il mercato in cui opera.

C’è una frase che in Accenture ripetiamo spesso: “Un’innovazione che non è inclusiva, non è vera innovazione.” E questo vale anche - e soprattutto - per il modo in cui progettiamo servizi: dal design alla comunicazione, dalla governance alla distribuzione. Se vogliamo davvero innovare, dobbiamo chiederci chi resta fuori dalle nostre soluzioni. E come possiamo coinvolgerlo.

Serve inclusione concreta

Nel progettare servizi, prodotti ed esperienze, la vera sfida oggi non è aggiungere un “bollino ESG” a posteriori, ma ripensare l’innovazione fin dall’inizio per includere chi tradizionalmente è stato lasciato fuori: lavoratori informali, donne vulnerabili, anziani, persone con fragilità temporanee o permanenti.

Molti approcci ESG si concentrano sull’ambiente. Ma l’aspetto socio-economico è spesso trascurato, pur essendo fondamentale. Eppure, è proprio qui che stanno arrivando segnali forti dai paesi che prima consideravamo emergenti. Dalle Filippine all’India, alcuni esempi ci mostrano come l’innovazione inclusiva sia già realtà concreta, capace di generare impatto e differenziazione.

Non sarà che i Paesi che consideravamo ‘in via di sviluppo’ stanno diventando più lucidi e coraggiosi di noi nel rendere l’economia accessibile a tutti?

L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere
L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

Due esempi: AXA Filippine e Uniqlo in India

Due casi che ci possono ispirare sono quelli di AXA Filippine e il brand UNIQLO in India.

I lavoratori autonomi, come autisti e rider, sono parte di quella che viene chiamata gig economy — un sistema dove si lavora su richiesta, spesso senza tutele. Nel 2025, AXA Filippine, insieme a Philinsure, Grab e MOVE IT, ha lanciato una copertura assicurativa fino a 1 milione di PHP per queste categorie. Un passo concreto per offrire sicurezza e dignità a chi è fuori dai circuiti tradizionali.

Spostandoci in INDIA, di cui ricordo la sua crescita economica strabiliante degli ultimi anni in tutti i settori specialmente il tecnologico, lo stesso Fondo Monetario Internazionale (IMF) la conferma tra le economie con il più alto tasso di espansione al mondo.

Innovazione inclusiva in crescita

Questi Paesi stanno guidando l’innovazione inclusiva e crescendo più rapidamente di molte economie occidentali. Chi crea prodotti e servizi ha oggi una responsabilità diversa dal passato. Non basta più progettare per un target generico o per il “cliente ideale”. Serve ideare soluzioni che includano, che considerino i bisogni reali di persone spesso escluse dal mercato: per contesto, competenze, età, condizione sociale o fisica. L’inclusività non è un abbellimento, ma una leva di crescita concreta. Significa progettare con lucidità e lungimiranza, sapendo che un mercato realmente accessibile è un mercato che si espande, che genera più impatto, più valore e più relazioni.

Viviamo un tempo in cui la competitività passa dalla coerenza tra valori e azioni. L’inclusione nei servizi non è solo una scelta etica, ma un’opportunità di business, una leva reputazionale e una responsabilità sociale. Per chi occupa posizioni di guida e leadership è anche un modo per mostrare non solo che tipo di leader si è ma che nuove competenze metti in gioco.

Double Happy Inclusion!


Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

L’innovazione tecnologica evolve ad una velocità mai sperimentata. Ogni giorno assistiamo a progressi che ridefiniscono il nostro modo di lavorare, comunicare e vivere. Eppure, in questa corsa verso il futuro, si annida un rischio tanto invisibile quanto reale: quello di lasciare indietro a nostro stesso svantaggio le persone più vulnerabili, in particolare chi vive una condizione di disabilità.

Credo che nella società post- digitale inclusione e ricavi devono andare a braccetto. L’accessibilità digitale non è un’azione “accessoria” o un semplice adempimento normativo: è una leva strategica che permette di estendere la portata di un brand, migliorare l’esperienza utente, fidelizzare il pubblico e rafforzare la propria reputazione.

Perché l’accessibilità digitale è una priorità strategica

Per accessibilità digitale intendiamo l’insieme di pratiche, tecnologie e principi volti a garantire che siti web, applicazioni e contenuti digitali siano fruibili da tutte le persone, comprese quelle con disabilità. Significa progettare ambienti digitali inclusivi, che rispettino le diverse esigenze sensoriali, cognitive e motorie. L’accessibilità digitale promuove pari opportunità e migliora l’esperienza utente per tutti.

Cosa significa accessibilità digitale

Sono da includere anche i portatori di disabilità leggere, spesso trascurate, che includono condizioni comuni come la miopia, che può rendere difficile leggere testi poco contrastati o troppo piccoli. Altri esempi sono i disturbi dell’udito, il daltonismo o le difficoltà cognitive lievi, che possono compromettere la fruizione di contenuti digitali.

Così il bacino si amplia e pensare all’accessibilità come un costo è un errore: si tratta di un investimento,  tra l’altro molto contenuto, in un mercato più ampio e consapevole il cui obiettivo deve essere una società più equa.

Quando Business e Accessibilità possono stare insieme
Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

Disabilità visibili e invisibili: un bacino da valorizzare

Una persona su cinque nel mondo vive una qualche forma di disabilità. Questo numero è destinato a crescere con l’invecchiamento della popolazione. Continuare a considerare la disabilità come una sfida individuale, che riguarda solo una minoranza, è un errore strategico oltre che culturale.

Ignorare questa parte significativa della popolazione significa:

  • auto-infliggersi una limitazione,
  • rinunciare a un potenziale economico enorme,
  • rendere la società meno inclusiva e sicura.

Inclusione digitale: un’opportunità, non un costo

Un brand accessibile non solo apre le porte a nuovi clienti, ma accresce il suo valore. Oggi i consumatori premiano le aziende che si dimostrano autenticamente inclusive e attente ai bisogni di tutti. Un’interfaccia digitale accessibile comunica rispetto, competenza, affidabilità.

In questo senso, l’accessibilità agisce sull’identità del brand: rafforza la brand reputation, genera fiducia e costruisce un’immagine aziendale contemporanea e responsabile basata su una narrazione autentica.

L’impatto dell’accessibilità sulla brand reputation

La tecnologia per rendere i contenuti accessibili già esiste. I tool sono disponibili, spesso integrati nei principali sistemi di progettazione. Il vero gap non è tecnico né economico, ma culturale.

Serve una nuova mentalità: una cultura digitale che metta al centro la diversità, l’usabilità e la responsabilità sociale. Una cultura che sappia vedere l’accessibilità non come un vincolo, ma come un criterio di qualità.

Il vero gap è culturale, non tecnologico

In Accenture, questo cambio di paradigma è già realtà. L’accessibilità digitale è integrata nel DNA aziendale. Ogni soluzione, ogni contenuto, ogni progetto nasce con l’obiettivo di essere accessibile a tutti. Una innovazione che non include semplicemente non è innovazione.

E questo approccio si riflette anche nei piccoli gesti: ad esempio, le immagini pubblicate sui canali social dell’azienda sono sempre accompagnate da didascalie dettagliate, pensate per chi utilizza screen reader o ha difficoltà visive. Piccoli esempi, grandi segnali.

Un futuro digitale veramente inclusivo sarà anche un futuro economicamente e socialmente più ricco. E ogni professionista ha la possibilità – e la responsabilità – di contribuire a costruirlo.

Happy Digital!

 


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L’inclusività passa dallo sport

Lo sport da sempre  è un linguaggio universale che supera le barriere culturali. Durante le competizioni internazionali, atleti provenienti da diverse parti del mondo si uniscono per celebrare la loro passione condivisa. Questo ambiente aperto alla diversità promuove la comprensione reciproca e l'apprezzamento delle differenze culturali.

2023, anno storico per lo Sport Femminile

Il 2023 è stato un anno straordinario per lo sport femminile. Un anno che ha fatto la storia e che continuerà a influenzare positivamente il futuro. Un punto culminante  è stato il record di presenze stabilito dalla Coppa del Mondo Femminile FIFA, che ha superato di oltre 600.000 spettatori il precedente record. Questo exploit ha attirato l'attenzione su una realtà che sta guadagnando sempre più rilevanza nel mondo dello sport: il crescente successo dello sport femminile.

C’è un segnale inequivocabile dell'interesse da parte del pubblico, e questo attiva inevitabilmente anche l’attenzione degli investitori e dei brand nell'ecosistema dello sport femminile.

L'impatto delle squadre Femminili sui Brand

Ma cosa significa davvero tutto ciò per i brand e le aziende? Le opportunità sono immense e varie, e vanno ben oltre il campo di gioco. Ecco come le aziende possono sfruttare appieno questo momento straordinario:

Coltivare il legame emotivo tra i fan e le squadre che sostengono:

Le squadre femminili stanno guadagnando sempre più seguaci appassionati. Marchi e aziende possono sfruttare questa affezione emotiva per costruire relazioni più profonde con i loro consumatori. Investire nella sponsorizzazione e nella promozione delle squadre femminili non solo offre visibilità, ma crea anche un legame autentico con i fan.

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Ampliare l'accesso alla partecipazione:

Promuovere lo sport femminile significa anche creare opportunità per le giovani atlete e le aspiranti campionesse. Le aziende possono sostenere programmi che promuovono la partecipazione femminile nello sport, contribuendo a coltivare il talento e a creare un futuro più inclusivo. L'inclusività passa attraverso l'opportunità per tutte di partecipare attivamente nello sport.

Promuovere l'inclusività attraverso lo Sport

Utilizzare lo sport come veicolo per promuovere l'inclusività:

L'inclusività è un pilastro fondamentale dello sport femminile. Lo sport ha il potenziale per superare barriere culturali e sociali. Le aziende possono sfruttare lo sport femminile come un potente mezzo per promuovere l'inclusività e la diversità. Questo va oltre il marketing: implica un impegno autentico per creare un mondo in cui le donne abbiano pari opportunità. L'inclusività passa attraverso l'uguaglianza di genere, la diversità e l'accessibilità per tutti.

Lo sport ha dimostrato di essere un potente facilitatore dell'inclusività a tutti i livelli, creando un terreno di gioco equo e aperto verso la diversità in molteplici dimensioni. Tra queste, l'inclusività non solo nei confronti delle donne ma anche delle persone fragili, l'accoglienza delle differenze culturali e la promozione della consapevolezza e dell'accettazione delle identità LGBT emergono come obiettivi.

Atleti iconici e il loro Impatto

Atleti come Megan Rapinoe e Tom Daley hanno pubblicamente condiviso le loro identità e storie, ispirando gli altri a fare altrettanto. Queste figure rappresentano un cambiamento importante nel panorama sportivo.

In uno stadio, in un campo, sul podio o nella palestra, lo sport ci insegna che le diversità sono le note che creano la melodia della vita

È nell'inclusività che troviamo la nostra forza, e attraverso lo sport, possiamo suonare la sinfonia dell'uguaglianza.

Happy Inclusivity!


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L′inclusività oggi al centro delle aziende

Con il crescere dell’attenzione intorno al tema dell’inclusività, siamo sempre più coinvolti come professionisti a trovare modi e azioni per muovere questo concetto da un’idea astratta a modus operandi concreto. Per questo ben volentieri accetto lo stimolo di condividere un’opinione rispetto all’articolo pubblicato su thinkwithgoogle.com

L’evoluzione verso una maggiore inclusività da parte delle organizzazioni per trasformare i team di lavoro in contesti maggiormente in grado di cogliere e valorizzare gli elementi di differenza in un'era contraddistinta da repentini cambiamenti è molto cresciuta ed senz’altro un fattore positivo.

Ma come si può rendere un team di lavoro davvero inclusivo e come chi lo deve coordinare può favorire questo processo? L’esperienza mi dice che ci sono alcuni elementi che non possono mancare: maggiore capacità di ascolto, accoglienza delle criticità, aperta convivenza tra le identità o diversità del team.

Credo sia molto interessante anche la riflessione portata da Thinkwithgoogle e Adweek su una maggiore attenzione a un linguaggio e ad ambienti di lavoro più inclusivi soprattutto ora con l’avvento del modello ibrido.

Il ruolo del linguaggio, utilizzato all’interno di un team, può essere essenziale su molti fronti. Con le parole può capitarci di discriminare le persone disabili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano un corpo abile. È facile cadere nel tranello della non consapevolezza rispetto al linguaggio che utilizziamo.

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Anche l’età è un problema di inclusione e diversità che il nostro linguaggio quotidiano deve ancora risolvere, sarà capitato a molti dire per esempio: “è troppo vecchio per lavorare in questo team.” - oppure - “Il suo cv contiene delle esperienze interessanti ma ho bisogno di una persona più giovane per il mio team”.

Anche gli ambienti in cui i team operano sono cambiati e mantenere le connessioni virtuali continuerà a essere fondamentale, dal momento che sempre più team lavorano in modalità ibrida. In un luogo di lavoro ibrido è fondamentale che i team abbiano pari possibilità di collaborazione, in cui tutti i dipendenti dispongano dell'accesso, e di informazioni e strumenti necessari per lavorare insieme al proprio team ed essere produttivi.

Quindi un coordinatore di team deve riuscire a coinvolgere le persone anche se sono a distanza e questo mi rendo conto non sia facile, ma ci sono degli escamotage, per esempio iniziare una riunione domandando un parere alle persone che non sono in presenza, oppure fare in modo che le riunioni siano il più accessibili possibile e utilizzare strumenti digitali interattivi per promuovere l'inclusione durante i “face to face” di gruppo.

Insomma, la buona notizia è che con un po’ di allenamento e pratica possiamo essere più inclusivi in modo più consapevole. La diversità evolve e con essa anche il professionista, che ha l’opportunità per cambiare davvero sul campo le cose.

Sono molto orgoglioso di affermare per esempio che la mia Accenture sul fronte dell’inclusione e della diversità si sta muovendo da tempo con azioni concrete e autentiche. Sviluppa perfezionamenti in aree d’interesse che riguardano genere, etnia, LBGTQ+, religione, persone con disabilità e diversità interculturale, entro il 2025, vogliamo raggiungere il bilanciamento 50:50 in termini di genere.

L’Italia contribuisce alla sfida con un’agenda programmatica volta ad aumentare l’attuale gender mix: la presenza femminile in Accenture ha avuto negli ultimi anni un costante incremento.  

Se vogliamo avanzare verso team di lavoro veramente inclusivi, dobbiamo implementare i processi e gli strumenti necessari per monitorare e misurare i nostri progressi inclusivi come professionisti e membri di un team.

C'è ancora molta strada da fare prima che un team possa dirsi davvero inclusivo, per ora con il mio team abbiamo mosso solo i primi passi ma il cammino è lungo e ci accomuna tutti.

E se c'è uno strumento che può aiutarci a raggiungere la nostra meta più velocemente, di sicuro è quello della comunicazione.


Armando Barone

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