Quando l’Intelligenza Artificiale diventa misurabile aumenta la credibilità

Quando l’Intelligenza Artificiale diventa misurabile aumenta la credibilità

C’è un momento nella vita di chi comunica l’innovazione, in cui l’entusiasmo rischia di somigliare alla fede. E allora può capitare di passare, nel giro di una riflessione, da San Francesco a Jeff Bezos. Il primo predicava la povertà e la verità del gesto, il secondo misura tutto: tempi, risultati, ritorni. Due estremi che raccontano bene la condizione in cui si trova oggi chi deve parlare di Intelligenza Artificiale – tra la tensione etica della trasformazione e la necessità, molto terrena, di dare conto dell’impatto sul business.

Negli ultimi mesi, l’AI è diventata la calamita di ogni discorso sull’innovazione. Attira investimenti, talento, narrativa. È una “bolla buona”, come ha detto Bezos: un ecosistema gonfio di aspettative, che può però produrre effetti positivi se impariamo a trasformarlo in impatto buono. Ma per farlo serve un cambio di prospettiva.

Serve raccontare cosa può fare l'IA

Non basta raccontare cosa può fare l’AI; serve mostrare cosa fa davvero, in che misura, e con quali benefici tangibili. Per chi si occupa di comunicazione, il punto è costruire fiducia – all’interno delle organizzazioni e all’esterno, verso clienti e stakeholder.

Significa collegare ogni progetto IA a metriche che contano davvero: efficienza, qualità, sostenibilità, valore per le persone. Dichiarare da dove partiamo, cosa intendiamo migliorare e in che orizzonte temporale.

È un approccio più sobrio, ma anche più credibile. Richiede dati raccolti in modo coerente, baseline affidabili, verifiche indipendenti e contestualizzazione dei risultati.

In altre parole, i progetti devono nascere misurabili by design.

Quando l’Intelligenza Artificiale diventa misurabile aumenta la credibilità
Quando l’Intelligenza Artificiale diventa misurabile aumenta la credibilità

La Fiducia come valuta dell'IA

La fiducia è la valuta che regge la comunicazione dell’IA. Custodirla significa raccontare anche come vengono gestiti i dati, quale ruolo mantiene il controllo umano e quanto spesso vengono aggiornate le evidenze. Non serve la perfezione, serve trasparenza. Promesse misurate, evidenze progressive, aggiornamenti chiari: è così che la “bolla buona” diventa impatto buono.

Forse non è un caso che chi si occupa di innovazione viva spesso in bilico tra idealismo e pragmatismo. Il primo ci ricorda il valore della coerenza e della misura; l’altro, l’importanza della scalabilità e della prova empirica.

Nel mezzo, c’è la sfida quotidiana di chi comunica: dare voce al progresso senza perdere il contatto con il reale. Trasformare la bolla in impatto “buono” non è un atto di fede. È un esercizio di metodo, rigore e umiltà.

Happy Innovation!


Armando Barone

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