famiglie carriere STEM armandobarone

Orientamento Inclusivo: svolta per le carriere STEM

Le recenti statistiche italiane sull'orientamento educativo e professionale dei giovani rivelano una verità fondamentale: le madri svolgono un ruolo predominante nelle decisioni formative dei loro figli. Questa influenza materna è particolarmente significativa nel contesto del deficit di donne nei campi STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). E pone una questione cruciale: le politiche e le comunicazioni di orientamento devono necessariamente includere le famiglie per essere efficaci.

Dati e implicazioni sociali

Il dato che 1,7 milioni di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni rientrano nella categoria dei Neet (Not in Education, Employment or Training), superando la media europea di sette punti percentuali, e che la disoccupazione giovanile è al 22%, contro il 13,8% europeo, pone l'accento sull'urgenza di strategie di orientamento più efficaci. Tuttavia, solo il 29,2% degli studenti italiani consegue una laurea. Vale a dire, meno della media europea del 42% (dati Istat/Eurostat), sottolineando la necessità di un orientamento mirato e consapevole.

Nelle famiglie italiane, le madri influenzano il 31,9% delle scelte scolastiche e il 25,4% di quelle lavorative per le generazioni più giovani (18-34 anni), mentre il ruolo dei padri è meno incisivo (11,4% e 13,4% rispettivamente). Inoltre, il 49,3% delle decisioni è influenzato dall'ambiente familiare e parentale, con circa il 20-30% dei giovani che compie scelte senza riferimenti esterni.

Questo quadro evidenzia come le politiche di orientamento debbano coinvolgere attivamente le famiglie, specialmente le madri. Allo scopo di indirizzare le scelte educative e professionali. È essenziale che le madri siano consapevoli delle opportunità e dei percorsi nei campi STEM, dove le ragazze mostrano eccellenze durante gli studi liceali ma tendono poi a scegliere percorsi universitari umanistici. Questa discrepanza sottolinea un gap culturale che necessita di essere affrontato attraverso un'educazione familiare mirata.

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Le campagne di orientamento devono quindi fornire non solo informazioni, ma anche ispirazione e supporto. L'obbiettivo deve essere di incoraggiare le famiglie a intraprendere scelte audaci e a rompere gli stereotipi di genere. Riconoscendo il potenziale delle donne nelle STEM e promuovendo un approccio inclusivo, è possibile iniziare una rivoluzione culturale che veda le ragazze e le donne protagoniste in campi tradizionalmente dominati dagli uomini.

Con un linguaggio chiaro e coinvolgente, le iniziative di orientamento possono stimolare curiosità e aspirazione nelle giovani, spronandole a seguire le loro vere passioni.

Iniziative per il Cambiamento

Di fronte a questa realtà, emergono alcune idee innovative per campagne ed eventi di orientamento che coinvolgano le famiglie:

Workshop Interattivi per Famiglie: Organizzare incontri dove genitori e figli possono esplorare insieme le discipline STEM attraverso esperimenti, giochi educativi e sessioni di problem solving. Questi eventi possono essere ospitati nelle scuole o nei centri comunitari, offrendo uno spazio comune di apprendimento e scoperta.

Campagne di Sensibilizzazione su Piattaforme Social: Utilizzare i social media per diffondere storie di successo di donne nelle STEM, accompagnate da webinar e Q&A con professioniste del settore. Queste campagne possono essere mirate a smontare gli stereotipi di genere e a ispirare sia le giovani che le loro famiglie.

Programmi di Mentorship Familiare: Creare programmi di mentorship in cui professioniste STEM si impegnano a guidare non solo le studentesse, ma anche le loro famiglie, attraverso il percorso educativo e professionale. Questo può aiutare a creare un dialogo aperto e a fornire un modello di riferimento concreto.

Fiere dell'Orientamento con Focus su STEM: Organizzare fiere dell'orientamento dove università e aziende presentano opportunità nei campi STEM, con workshop speciali per genitori su come supportare le scelte educative dei figli in questi settori.

Programmi Estivi di Immersione STEM per Famiglie: Offrire programmi estivi dove famiglie possono partecipare a progetti STEM, sperimentando direttamente il potenziale creativo e professionale di questi campi.

Verso un Futuro STEM Inclusivo

Includendo le famiglie in queste iniziative, si può favorire un cambio di prospettiva e incoraggiare scelte più consapevoli e audaci nel campo dell'orientamento, soprattutto per le ragazze interessate alle discipline STEM. Questo approccio, che vede le famiglie come partner attivi nel processo di orientamento, potrebbe essere la chiave per sbloccare un futuro in cui le donne sono pienamente rappresentate e valorizzate nei settori scientifici e tecnologici.

 

Happy STEM!


trasformazione inclusiva claudia goldin armandobarone

Una Trasformazione inclusiva richiede un Cambiamento esclusivo

In un momento drammatico in cui il mondo viene risucchiato in una nuova spirale di violenza, tra le pieghe delle sfide senza precedenti che il nostro tempo ci presenta, l'inclusione emerge come un imperativo categorico, uno strumento indispensabile per tessere la trama di una società più equa e resiliente.

In un’epoca segnata da sfide mai viste, la fiducia va di pari passo con la crescita di una consapevolezza e di una richiesta di partecipazione da parte delle persone, che in tutto il mondo, stanno portando le loro frustrazioni e richieste nelle famiglie, nelle strade,  nei luoghi di lavoro e, ovviamente, nella vita digitale.

Emergono con forza esempi tangibili di un bisogno crescente d’inclusione, ma anche di una voglia palpabile di costruire qualcosa di nuovo, un sistema che sia parimenti alimentato - e crucialmente formato - da chi oggi viene spinto ai margini del cambiamento: le donne e i giovani.

La partecipazione diviene, dunque, la chiave maestra che apre le porte al cambiamento vero, una trasformazione che affonda le sue radici nel contributo di ciascuno.

Il valore insito in ogni individuo, quando riconosciuto e messo in rete, crea un tessuto sociale robusto e innovativo, capace di affrontare e plasmare il cambiamento, piuttosto che subirlo.

trasformazione inclusiva claudia goldin armandobarone

Donne e giovani, in particolare, rappresentano una forza vitale e propulsiva che, se inclusa e valorizzata, ha il potenziale di innescare una spirale virtuosa di rinnovamento e crescita. La loro voce, le loro idee e il loro entusiasmo sono risorse indispensabili per costruire il futuro che vogliamo: inclusivo, partecipativo e giusto.

Ad esempio,  scoprire nuove modalità di comunicazione con i giovani, aggiornando anche i nostri linguaggi, rappresenta un energico abbraccio verso una porzione sociale che sempre più spesso viene sacrificata nelle ambizioni e nelle opportunità. Avvicinarsi al mondo giovanile non significa solamente offrire opportunità, ma anche saper ascoltare, comprendere e valorizzare le aspirazioni, le idee e le competenze che essi possono esprimere.

Creare canali di dialogo autentico, spazi in cui i giovani possano sentirsi accolti, ascoltati e considerati non solo come destinatari, ma come attori proattivi, significa gettare un ponte verso il futuro, costruendo insieme la strada per un cambiamento inclusivo e partecipato, dove ognuno ha un ruolo determinante nel modellare l'orizzonte che verrà.

La scarsa inclusione della scuola verso la cultura dei giovani tende a minimizzare le aspettative nei confronti del futuro, rischiando di generare un'arida 'assenza di desiderio' di crescita istruttiva da parte del giovane che si sente escluso, e parallela a un ascensore sociale inceppata che priva le nuove generazioni di un futuro per cui lottare.

Questa dinamica spinge, inoltre, le generazioni precedenti a barricarsi dietro le proprie conquiste, finendo per erodere il vero valore del merito e dell'aspirazione. La chiave per invertire questa tendenza risiede nell'implementare un sistema educativo contemporaneo e autenticamente inclusivo, che promuova una cultura della partecipazione e dell'opportunità, garantendo a ogni giovane un percorso che valorizzi le proprie potenzialità e aspirazione.

In questa meditazione sulla necessità di un'inclusione sistemica, la questione della parità di genere emerge con prepotenza su due fronti nevralgici: l'ambito lavorativo e quello formativo. Parlando del contesto lavorativo, ci troviamo a giocare una partita da 28.000 miliardi di dollari, che rappresenta il valore della parità di genere nel mondo del lavoro a livello mondiale.

È fondamentale qui introdurre l’aggettivo “retribuita”, in quanto, nel calcolare il contributo femminile ai PIL nazionali, le attività di cura non retribuite, che secondo l’OCSE gravano sulle donne per un 300% in più rispetto agli uomini, restano invisibili. La bussola internazionale in questo campo è senza dubbio il Global Gender Gap Index, fornito dal World Economic Forum, che ci aggiorna annualmente sui progressi (o regressi) verso una parità di genere che non sia solo lavorativa, ma che includa anche le sfere della partecipazione politica, dell'accesso alle cure sanitarie e dell'educazione.

L’analisi, condotta su 146 Paesi nel mondo, ci ricorda quest’anno che, proseguendo su questa traiettoria, saranno necessari ancora 131 anni per colmare il divario tra uomini e donne. Gli ultimi dati, diffusi da «Forbes», segnalano che il gap retributivo di genere a livello globale ammonta al 17 per cento. Una ventenne che oggi entra a tempo pieno nel mondo del lavoro guadagnerà, lungo un percorso professionale di 40 anni, 407.760 dollari in meno di un suo collega, a fronte di ruoli e mansioni equivalenti.

Anche da un punto di vista della carriera e dei ruoli aziendali, le donne continuano a sperimentare una sofferenza palpabile rispetto agli uomini. Claudia Goldin, insignita del premio Nobel per l’Economia nel 2023 per i suoi studi sul mercato del lavoro femminile, rappresenta un faro in questo ambito. È la terza donna a ricevere il Nobel per l’Economia, la prima a vincerlo in solitaria e la prima per gli studi di genere, settore al quale ha consacrato la sua intera vita professionale.

Il suo premio non è soltanto un omaggio al notevole lavoro di una ricercatrice, ma anche un riconoscimento che l’analisi delle differenze di genere, delle cause e delle persistenti forme di una delle più acutizzate disuguaglianze, sia un argomento cardine per l’economia e una dimensione cruciale per comprendere le più rilevanti trasformazioni socio-economiche del nostro tempo.

L’accrescimento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro rappresenta una delle metamorfosi più salienti dell'ultimo secolo. I tassi di occupazione femminili hanno più che triplicato nell’ultimo secolo, mentre quelli maschili sono rimasti sostanzialmente stabili. Nonostante ciò, al giorno d'oggi, solo il 50% delle donne nel mondo sono inserite nel mercato del lavoro, contro una percentuale dell'80% di uomini occupati. Una discrepanza che necessita non solo di analisi, ma di interventi mirati e sistematici per la costruzione di un futuro realmente paritario.

Da un punto di vista formativo in un'epoca di profonda trasformazione tecnologica, dove la necessità di manodopera specializzata in ambito scientifico e tecnico diviene cruciale per superare le sfide future, questa disparità non è solo un'iniquità sociale, ma rappresenta un autentico freno allo sviluppo e all’innovazione del nostro sistema Paese e dell’intera Unione.

Nonostante i passi avanti, nell'intero panorama dell’Unione Europea, le donne persistono a essere sottorappresentate nei percorsi formativi a impronta scientifica e tecnologica. Di fronte a una media UE di circa 21 laureati STEM per ogni 1.000 giovani tra i 20 e i 29 anni, le laureate sono soltanto 14,9, mentre il dato relativo ai maschi è quasi doppio, posizionandosi a 27,9. Un divario che si manifesta, con differenti intensità, in tutti gli stati dell’Unione.

In Italia, la media dei laureati in materie scientifiche (entrambi i sessi inclusi) è ancor più bassa, registrando un 16,4 per mille giovani residenti. La percentuale di laureati STEM maschili cresce a 19,4, mentre quella delle laureate si ferma a 13,3, evidenziando un distacco di circa 6 punti. Si tratta di una tendenza di lungo periodo che può essere invertita solo portando su scala sistemica le eccellenze spesso iper-locali che al momento produce la collaborazione pubblico- privato.

Immaginiamo per un istante un giardiniere che, volendo far prosperare il suo giardino, sceglie consapevolmente di zapparsi sui piedi, impedendo a se stesso di camminare, di prendersi cura delle piantine e, quindi, di vedere fiorire i suoi sforzi.

Metafora che trova sponda diretta con quanto accade nella nostra società quando scegliamo di trascurare l'inclusione e di non alimentarla nelle generazioni emergenti e nelle donne. Abbiamo in mano il rastrello della parità, l'acqua dell'equità e i semi della crescita economica, basterebbe far fiorire coloro che sono ancora troppo ai margini della partecipazione, per realizzare un habitat in cui l'economia e la società possano prosperare insieme, in un equilibrio sano e produttivo.

Non permettere a chiunque di accedere alle risorse, alle opportunità e ai sogni equivale a privare il terreno della nutrizione necessaria perché possano germogliare semi vigorosi e resilienti.  In uno scenario internazionale che ci vede di fronte a sfide imponenti, il coinvolgimento, la partecipazione e la condivisione di ogni singolo pezzo di terreno fertile, rappresentato da ogni individuo, diventano imperativi categorici da cui non possiamo e non dobbiamo prescindere.

Nutriamo e irrighiamo insieme il nostro giardino comune, cosicché il futuro possa sbocciare in un'esplosione di colori, talenti e opportunità, a beneficio di tutti.

Happy inclusion!


gender gap armandobarone

Gender Gap, una sfida che richiede soluzioni concrete

È ammirevole il coraggio delle donne iraniane che stanno sfidando la teocrazia che domina il loro paese. Il regime dell’Ayatollah teme l’emancipazione femminile come uno dei pericoli più concreti contro il potere. Stessa cosa accade nell’Afghanistan dove i talebani, appena ritornati alla guida, hanno prioritizzato la lotta all’istruzione delle donne. Ma perché tanto accanimento? È evidente che ad una maggiore partecipazione delle donne alla vita culturale e produttiva dei paesi corrisponde maggiore benessere e democrazia. Non è un caso che le prime posizioni nell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (UNDP), un rapporto che monitora annualmente la qualità della vita, sono stabilmente assegnate a paesi che hanno un tasso di occupazione femminile alto.

L’occidente è un faro per i diritti civili e il contrasto alle differenze di genere rappresenta una priorità nell’agenda di tutti i leader. Ciò accede anche in Italia, che sconta un forte ritardo con un tasso di occupazione femminile di circa 50% a fronte di una media UE di oltre 60% e con picchi superiori a 70% in Norvegia.

Credo che le radici di questo ritardo siano prima di tutto culturali. In Italia le donne sono 31,4 milioni di persone, gli uomini invece 29,6 milioni. Ebbene quante donne completano il ciclo di studi fino alla laurea? Circa 220 mila. Gli uomini sono invece solo 187 mila. La logica vorrebbe quindi che il mercato del lavoro di un Paese sviluppato il genere che rappresenta più laureati veda la maggiore rappresentazione. Invece, viceversa, il tasso di occupazione femminile è, come detto sopra del 50% mentre quello degli uomini del 62.5%.

Cosa genera questa distruzione di valore se non un bug nel processo culturale di indirizzo e valorizzazione del talento femminile?

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È un punto che il PNRR sembra avere colto. Il progetto prevede una serie di azioni che affrontano alla base il problema. Sono previsti importanti investimenti per la realizzazione di asili nido, l’evasione scolastica, l’orientamento allo studio, l’introduzione di nuove metodologie di studio, nuove politiche di equilibrio vita privata e lavoro, formazione ad hoc, politiche di inserimento.

Nella speranza che il PNRR nella sua fase di delivery non tradisca gli impegni è necessario che il settore privato continui nell’investire nella chiusura del gender gap.

Non mancano progetti di grande portata come quelli promossi dalla Fondazione Valore D oppure il programma di Diversità e Inclusione della mia Accenture.

Bisogna quindi riuscire ad accendere una sinergia in grado di portare gli esempi di eccellenza in una fase che possa generare grandi numeri.

Guardando all’estero, sempre a proposito di impegno collettivo,

Un caso interessante è quello di GrubHub che dimostra come le aziende possano utilizzare le loro risorse per supportare le donne e ridurre il divario di genere. Il progetto RestaurantHER, lanciato in occasione del Mese della Storia delle Donne, ha creato una mappa digitale per evidenziare i ristoranti gestiti da donne, con l'obiettivo di aumentare il business per le proprietarie femminili e di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare. Grazie a questa iniziativa, le donne proprietarie di ristoranti hanno ricevuto un maggiore sostegno e visibilità, incoraggiando altre donne a intraprendere carriere in questo settore.

Tuttavia, il caso di GrubHub evidenzia anche la necessità di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare e in altri settori. Secondo Grubhub, solo il 20% dei cuochi sono donne, un dato che mette in luce l'importanza di promuovere l'uguaglianza di genere anche in settori tradizionalmente considerati maschili. Inoltre, il progetto RestaurantHER dimostra come le aziende possano collaborare con organizzazioni di donne per promuovere la parità di genere e l'accesso alle opportunità.

La parità di genere è senz’altro un impegno da perseguire senza se e senza ma e bisogna realizzare che nell’affrontare questo determinante diritto stiamo percorrendo una delle maggiori leve di crescita per il Paese. Infatti, secondo una stima dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), se l'Italia aumentasse il tasso di occupazione delle donne dal 50% al 60%, potrebbe generare un aumento del PIL di circa l'1,2% nel medio termine (circa 10 anni) e di circa il 2,3% nel lungo termine (circa 20 anni).

Innovare fa bene e conviene.