La sfida digitale: un percorso che riguarda tutti

La sfida digitale: un percorso che riguarda tutti

Nel 1969, quando l'Europa venne collegata per la prima volta alla rete ARPANET, il mondo non aveva ancora compreso appieno la portata della rivoluzione digitale che sarebbe seguita. Oggi, il continente si trova a rincorrere gli Stati Uniti e la Cina nel campo dell'innovazione tecnologica. Eppure, guardando agli ultimi anni, possiamo dire di essere già avanti rispetto al recente passato.

La pandemia, infatti, ha dato un'accelerazione cruciale, insegnando a tutti che il digitale è “pop”: ha consentito agli anziani di comunicare con i propri cari, di tenere viva un’attività commerciale nonostante la serranda abbassata, di gestire un’organizzazione a distanza.

Il divario tecnologico da completare

Nonostante il passo avanti, il divario dell’Italia, e dell’Europa, con le altre potenze è ancora evidente. La trasformazione digitale offre possibilità straordinarie ma per scalare ha bisogno di una strategia che parta dal basso.  Uno dei nodi principali risiede nella creazione di un ecosistema che non solo incentivi l'innovazione, ma la renda utilizzabile ai cittadini che non rifuggano dal digitale, come dimostra il successo della SPID o del Fascicolo Sanitario Digitale.

È fondamentale che tutti gli operatori del settore supportino una narrativa che renda l’innovazione un fatto vantaggioso e per tutti. Anche la regolamentazione deve essere parte di questa partita. Le regole sono necessarie, come abbiamo imparato osservando l’eccessivo liberismo che ha accompagnato lo sviluppo delle Big Tech e dei social media. Ma queste devono essere poche e chiare per le organizzazioni e per i clienti.

La sfida digitale: un percorso che riguarda tutti

Serve una comunicazione positiva

Affinché ciò accada, serve una comunicazione positiva, chiara, semplice e coinvolgente. Le storie di innovazione devono diventare comprensibili, proprio come una canzone di Sanremo.

Non si tratta solo di sviluppare nuove tecnologie, ma di farle conoscere e di educare le persone a usarle. Prendiamo, ad esempio, l’intelligenza artificiale: è necessario formare milioni di lavoratori all'uso di queste tecnologie. Noi pensiamo che questa cifra non sia inferiore ai 9 milioni di persone: sarebbe utile che le persone fossero messe in condizione di capire il vantaggio di questa trasformazione, in termini di qualità complessiva del lavoro.

La sfida è anche culturale

La sfida è culturale, e come ogni grande rivoluzione, deve essere compresa e abbracciata da tutti i livelli della società. I governi europei hanno molto da fare per colmare questo gap, ma è cruciale che i cittadini e le imprese siano messi nelle condizioni di partecipare attivamente a questa trasformazione.

Il futuro digitale è un'opportunità senza precedenti per l'Europa. Sta a noi coglierla, rendendo l'innovazione un percorso di cui tutti possano essere parte.

Happy digital!

 

 


competenze futuro | AB

Valorizzare le competenze per un nuovo futuro

Avere un capitale umano adeguatamente formato è sempre stato il fattore differenziante per l’individuo e per la società nel suo complesso. In un’epoca di grandi cambiamenti è importante ribadirlo per non lasciare i canali di comunicazione in balia di messaggi che rischiano di rallentare i processi di innovazione.

Per questo ritengo ammirabile chi sa delineare una visione nuova, in grado di portare la conversazione su un altro livello. È quello che ha fatto il prof. Romano Prodi che sulle colonne de Il Sole 24 ore ha lanciato l’idea di una grande operazione culturale che valorizzi l’asse del Sud: costruire nuove università mediterranee per cambiare visione. Il progetto è naturalmente complesso ma chiaro: almeno venti università nuove, fondate ciascuna insieme da un ateneo europeo («all’inizio Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo») e da un ateneo dell’Africa, ciascuna con la metà dei professori di una sponda del Mediterraneo e l’altra metà dell’altra sponda, con la stessa proporzione fra gli studenti e con l’obbligo che ogni laureando trascorra la metà del tempo degli studi in una sede e l’altra metà nella seconda sede. Un gemellaggio culturale in grado di spostare l’asse di problemi bloccati da anni facendo leva sul capitale umano.

Esiste una vera e propria economia della competenza con la quale si intende l'utilizzo degli skills dell’individuo per generare valore, oggi con particolare attenzione a tematiche come tecnologia, relazioni umane, comunicazione, trasformazione, sostenibilità, e utilizzo della conoscenza in ogni sua forma.

competenze futuro | AB

Nessun Paese con scarse competenze e capitale umano può far crescere il proprio PIL e trasformarsi come è necessario per il nostro sistema produttivo. Dovremmo darci un paniere delle competenze che misuri il tasso di capitale umano e con il passare degli anni si aggiorna. Escono alcune competenze primarie e subentrano nuove competenze che rappresentano meglio l’ecosistema attuale.

Tanto più un sistema economico soddisfa la domanda legata al capitale umano tanto più il reddito e il benessere migliora. Un recente studio sul mercato del lavoro UK ha stimato in oltre 6 punti percentuali di PIL aggiuntivo la capacità del sistema britannico di produrre le necessarie figure professionali. Qualora questa condizione non si dovesse realizzare la spirale bassi salari, bassi livelli di produttività, calo del PIL porterebbe ad una raccolta di tasse da parte dello Stato di almeno il 10% con conseguenti tagli ai servizi e al sistema di welfare.

Nell’ambito del settore in cui opero, quello delle comunicazione, posso testimoniare quanto ogni giorno per raggiungere risultati soddisfacenti sia necessario guardare alle nuove competenze come un gap da colmare in fretta e con consapevolezza. La trasformazione guidata dalle tecnologie sta plasmando il nostro lavoro di comunicatori, dobbiamo essere più istantanei, personalizzare sempre di più, ed essere inclusivi per cogliere anche le sfumature che spesso corrispondono alla sostanza.

Il successo di un team appare oggi sempre più legato alla sommatoria delle competenze hard e soft dei singoli membri; il fattore umano è una risorsa preziosa il cui valore è collegato alla qualità del gruppo di lavoro ed è quindi uno strumento competitivo importante dal quale dipendono i risultati complessivi dell’organizzazione e della società.

La centralità della persona è ormai generalmente riconosciuta per assicurare il mantenimento e lo sviluppo dell'azienda; per vincere la sfida del futuro non basteranno tecnologie avanzate, o modelli gestionali perfetti sarà necessario disporre di risorse umane in grado di navigare i cambiamenti in maniera fruttuosa per se stessi e l’ecosistema.

Happy Innovating!