Sovranità dell’IA: perché l’Italia è tornata protagonista dell’innovazione
È arrivato il momento di spingere nel post-digitale le eccellenze italiane. Non solo quelle che tutti conosciamo, legate alla creatività o al design. Oggi il Made in Italy dell’innovazione esiste, cresce, si consolida. Ed è uno dei segnali più interessanti del riscatto europeo sul fronte tecnologico. Lo dimostra un recente studio di Accenture dedicato alla sovranità dell’intelligenza artificiale: un tema che sembra tecnico, ma che in realtà riguarda da vicino la competitività delle nostre imprese, la reputazione del Paese e la capacità dell’Europa di ritrovare una sua voce nella reinvenzione tecnologica.
Da mesi utilizziamo l’IA nei modi più diversi. Ma la velocità con cui queste tecnologie entrano nei processi aziendali porta con sé una domanda nuova, quasi culturale: dove risiedono i nostri dati? Chi li gestisce? Quanto siamo dipendenti da tecnologie nate lontano da noi?
Sovranità IA, equilibrio tra innovazione e identità digitale
La cosiddetta “sovranità dell’IA” nasce proprio qui: non come desiderio di chiusura, ma come volontà di responsabilità. È il tentativo di riportare equilibrio tra la spinta all’innovazione e il bisogno di proteggere l’identità digitale di aziende e Paesi.
In questo nuovo scenario, l’Italia sta giocando una partita importante. E lo sta facendo con una maturità che, questa volta, non sorprende: deriva da anni di trasformazioni silenziose, investimenti consistenti, competenze cresciute dentro e fuori le organizzazioni.

Lo studio di Accenture sulla sovranità IA
Secondo i dati Accenture, il 71% delle imprese italiane aumenterà gli investimenti in soluzioni di Intelligenza Artificiale “sovrana” nei prossimi due anni. Un dato che posiziona l’Italia ai vertici europei, quasi alla pari con la Germania. Perché succede?
Le organizzazioni italiane hanno capito che il valore sta nei dati. E che governarli significa proteggere relazioni, prodotti, reputazione. L’IA viene vista come un abilitatore di competitività, non come un esperimento. Il passaggio dalla curiosità alla strategia è stato rapido. La consapevolezza del rischio è aumentata.
L'Italia è pronta a fare innovazione con la IA
Questi elementi spiegano perché, oggi, l’Italia appare così pronta: non è un caso isolato, ma l’esito di un’evoluzione che non raccontiamo abbastanza.
Negli ultimi anni abbiamo interiorizzato l’idea dell’Italia “fanalino di coda” nell’innovazione. Eppure, i numeri stanno mostrando il contrario: nelle tecnologie più strategiche, dal cloud all’IA, il tessuto produttivo italiano si sta muovendo con pragmatismo e velocità.
La ricerca sulla sovranità dell’IA mette in luce proprio questo: un’Italia che non rincorre, ma che partecipa con successo alla transizione digitale europea.
Un paese nuovamente competitivo
Il tema non è solo tecnologico. È narrativo, culturale, identitario. Raccontare un’Italia che torna a competere significa restituire fiducia a un ecosistema industriale che ha ritrovato ambizione e che oggi vuole essere protagonista in un’Europa che deve cambiare e accelerare.
Saper raccontare questo nuovo scenario è essenziale per differenziarsi, attrarre investitori, dialogare con partner e istituzioni. La IA Sovrana diventa una storia di strategia, non di compliance.
La sovranità IA e la sfida ai big tech
La sovranità dell’IA non è la fine dell’apertura, né una sfida ai big della tecnologia. È la scelta - moderna, matura - di innovare in modo consapevole. Per l’Italia è un’occasione preziosa: riposizionarsi, raccontarsi meglio, mostrare la forza delle proprie competenze e delle proprie imprese.
E forse, dopo anni di complessità e di narrazioni al ribasso, è proprio questa la storia che vale la pena raccontare di più: un Paese che ha voglia di tornare protagonista.
Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità
L’energia è il motore invisibile della civiltà, capace di alimentare ogni aspetto della vita umana, dalla sopravvivenza quotidiana allo sviluppo tecnologico. La storia dell’energia intreccia scoperte scientifiche, innovazioni tecnologiche e cambiamenti sociali.
Se pensiamo all'elettricità, il suo impiego diffuso ha contribuito a una maggiore efficienza e a nuove opportunità di innovazione. Grazie all'elettricità, è possibile sviluppare le tecnologie avanzate applicate nei settori industriali. L’impatto dei costi dell’energia sul sistema industriale e sui consumatori finali è quindi un tema centrale.
Ridurre il costo dell'energia
Alla 25ª edizione del Workshop dell’Osservatorio Utilities AGICI-Accenture, il dibattito è stato chiaro: abbassare il costo dell’energia elettrica è possibile, ma serve una strategia sistemica e di lungo termine. Le riforme di mercato, l’accelerazione della crescita delle rinnovabili e la riduzione del costo del gas possono portare, secondo l’analisi presentata, a una riduzione del prezzo dell’energia fino al 20% nei prossimi cinque anni.

Il prezzo dell’elettricità all’ingrosso in Italia è tra i più alti d’Europa, con un valore medio di 109 €/MWh nel 2024, contro i 59 €/MWh della Francia e gli 80 €/MWh della Germania. Un divario che pesa sulla competitività delle imprese e sul potere d’acquisto delle famiglie.
Italia ed Europa, prezzi a confronto sull'energia
Ma perché l’energia costa così tanto in Italia? La risposta è una combinazione di fattori: un’elevata dipendenza dal gas, che copre ancora il 45% della produzione, un limitato sviluppo delle rinnovabili rispetto ad altri Paesi europei e un sistema di formazione del prezzo che rende il gas il principale price setter per circa il 70% delle ore.

Tuttavia, la soluzione esiste. Lo studio presentato all’evento AGICI-Accenture delinea un piano d’azione concreto: ridurre il ruolo del gas, accelerare la produzione da fonti rinnovabili e abbattere i costi dell’approvvigionamento energetico attraverso strategie di negoziazione su scala europea. Come sottolinea Pierfederico Pelotti, responsabile del mercato Utilities di Accenture Italia: “Non esiste una soluzione unica, ma serve una programmazione equilibrata e sinergica. Con scelte strategiche mirate possiamo rendere il nostro sistema energetico più sicuro e competitivo”.

Comunicare la Transizione Energetica
Ma c’è un altro aspetto cruciale, spesso trascurato: la comunicazione. La transizione energetica non è solo una questione tecnica o economica, ma anche culturale e sociale. Un cambiamento di questa portata richiede che tutti i portatori di interesse – aziende, istituzioni, consumatori – siano coinvolti e consapevoli del ruolo che possono giocare.
La comunicazione istituzionale e d’impresa assume quindi un ruolo centrale. Non basta parlare di transizione energetica, bisogna renderla comprensibile, concreta e condivisa. Bisogna evitare il rischio di percepire il cambiamento come un’imposizione e trasformarlo in un’opportunità.
L’energia non è un settore in cui si può improvvisare: serve una pianificazione strutturata. È come costruire un ponte: non si può pensare solo all’inizio e alla fine del tragitto, bisogna progettare ogni pilastro con attenzione. Un approccio di lungo periodo è l’unico che può garantire risultati duraturi e benefici reali.
Un futuro energetico sostenibile e collaborativo
Se le politiche energetiche saranno guidate da una visione chiara e condivisa, se tutti gli attori – istituzioni, imprese e cittadini – faranno la loro parte, allora il prezzo dell’energia potrà scendere nei prossimi tre anni, come dimostrano anche gli studi di ENI. E con esso, l’intero sistema economico potrà beneficiarne.
Il traguardo non è solo un costo dell’energia più basso, ma un’Italia più competitiva, sostenibile e indipendente in un'Europa coesa e solidale. La transizione energetica è già in corso: il successo dipenderà da quanto sapremo lavorare insieme, con metodo, visione e responsabilità.
Happy Pricing!


