In un mondo sempre più connesso, in cui le informazioni si diffondono ad una velocità mai vista prima, i media assumono sempre di più un ruolo centrale nell’intercettare le persone che s’informano in modo diversificato rispetto alle fonti da cui attingono notizie e approfondimenti.

Tutti i dati disponibili fotografano una situazione di crescita e fluidità delle audience nella ricerca di ciò che ritengono rilevante.

Ma devono essere le audience a seguire i media o viceversa?

Nella mia visione sono i media che dovrebbero seguire le audience, anzi dovrebbero anticiparle.In uno scenario mediatico sempre più data driven la tecnologia si comporta da acceleratore – la case history di Club House nato, cresciuto e fallito tutto in contemporanea è interessantissima – e da abilitatore di cambiamenti improvvisi permettendo la nascita di media che in poco tempo raggiungono numeri impressionanti. Vedi per esempio TikTok che sta assumendo un ruolo centrale anche nel purpose con hashtag come #ecotok, #antirazzismo e #ecohack che hanno raggiunto oltre 1,25 miliardi di visualizzazioni in totale. Pensate che TikTok sia un media solo per i giovani? Ripensateci. Oltre 200 milioni di utenti TikTok hanno più di 35 anni.

In questo contesto di continua fluidità dove la vera contesa si sposta sulla capacità di convincere le persone ad investire il proprio tempo, il comunicatore che si è formato nel mondo dei media tradizionali come dovrebbe comportarsi?

Risposta 1 – Ripensa alle milioni di copie che le edicole vendevano solo pochi anni fa;
Risposta 2 – Butta la spugna e “munge la mucca”;
Risposta 3 – Cavalca la grande opportunità del mercato dell’informazione.

Evidentemente la risposta che accenderei è la numero tre perché il mercato dell’informazione ha un potenziale enorme. Per conquistare la merce più rara a disposizione delle persone, il tempo, l’asse si è spostato definitivamente dalla quantità alla qualità e alla trasparenza. La voglia d’informarsi che le persone manifestano va accompagnata con strategie e modi per essere più rilevanti e guadagnarsi così la fiducia delle audience.

Le skill imparate gestendo i media tradizionali sono un plus se vengono capitalizzate e rimesse in gioco nel nuovo scenario. Pensiamo ad esempio al sempre più sensibile tema delle fake news e al supporto che chi è formato al rigore della verifica può offrire.

L’opzione obbligatoria per rimanere rilevanti è ruotare verso il nuovo, facendo leva sull’esperienza per continuare ad avere una rapporto proficuo con i media tradizionali e includere tra gli asset di comunicazione nuovi media con contenuti di valore che raggiungono i target.

Man mano che il confine tra fisico e digitale continuerà il proprio processo di avvicinamento e folks e considerando che nulla si ripete perché il metaverso non è second live due, emergeranno nuovi mezzi e ci saranno sempre nuove opportunità.

Da un punto di vista del linguaggio i media tradizionali sono destinati ad andare oltre le parole per raggiungere le nuove generazioni e consentire alle persone di interagire con i concetti in un modo che è più allineato con le loro comunicazioni quotidiane. È una grandissima opportunità per i brand forti e riconosciuti del mercato dell’editoria.

Mi piace ricordare Jack London, un grande scrittore e giornalista britannico della fine dell’800, il padre delle serie che guardiamo oggi su Netflix. Era una persona orientata al cambiamento,  fece anche lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche e il corrispondente di guerra.
Fu uno dei primi giornalisti ad utilizzare la tecnica a puntate per farsi leggere dai suoi lettori sulla rivista in cui venivano pubblicate le sue storie. In questo modo si assicurava l’attenzione e l’engagement dei suoi lettori.

La storia ci dice che nessun media sostituisce un altro eliminandolo del tutto, ma che una convergenza intelligente è possibile. Certo è che il media è un contenitore, il suo prodotto è il contenuto, ma il produttore e il garante della qualità dell’informazione è il Comunicatore che deve contribuire a rendere virtuoso e sostenibile l’ecosistema.

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Armando Barone Armando Barone
Ufficialmente il mio percorso nel mondo della comunicazione inizia nel 1999, ma ho sempre creduto di averlo iniziato molto tempo prima. Ed esattamente nel 1980 quando il terribile terremoto dell’Irpinia che aveva devastato la mia città Napoli, fu per il bambino di allora assetato di sorprese, l’occasione per ritrovare tra le mura fogli di giornale. Una vera magia! Le pareti crollate rivelavano pagine sovrapposte di quotidiani che una volta si usavano per favorire l’aderenza della carta da parato.