trasformazione talento armandobarone

Quando la Trasformazione fa rima con il Talento

La trasformazione ha dimostrato di essere una delle maggiori sfide che il mondo deve affrontare nei tempi moderni, avendo un profondo impatto sul benessere globale, sulla forza delle imprese, sulle economie e non per ultimo sulla vita quotidiana dei professionisti.

In una situazione come questa è comprensibile che due principali priorità aziendali siano la fidelizzazione dei dipendenti nell’era delle Grandi Dimissioni e l'aumento del ruolo sociale dell’impresa per garantire la crescita sostenibile dell’azienda stessa. 

In tempi d’incertezza come questi è importante spostare il focus sulle capacità e soft skills di ogni individuo, qualsiasi sia il ruolo nell’ecosistema: cittadino, genitore, professionista.

E nel portare attenzione all’individualità diventa importante per ognuno di noi focalizzarsi sui propri punti di forza piuttosto che su quelli di debolezza.

Il professionista contemporaneo dovrebbe conoscere le proprie skills e forze per meglio usarle a favore di se stesso e dei colleghi con i quali lavora. Credo fortemente che il team perfetto sia quello dove ogni individuo conosce le proprie forze ma anche quelle dei colleghi con i quali condivide visione, operatività e risultati.

Un approccio basato sui punti di forza è unico e potente. Una ricerca di Gallup mostra che la chiave del successo è comprendere appieno come applicare i propri più grandi talenti e punti di forza nella vita di tutti i giorni. I ricercatori Gallup hanno anche esaminato decenni di dati sui temi delle prestazioni individuali e dello sviluppo personale. Gallup ha studiato più di 1 milione di team di lavoro, condotto decine di migliaia di interviste individuali e formato decine di migliaia di dirigenti, leader, manager e collaboratori individuali. Tutte queste ricerche dimostrano che la chiave del successo è comprendere appieno come applicare i propri più grandi talenti e punti di forza nella vita di tutti i giorni.

trasformazione talento armandobarone

Quando scopriamo i nostri talenti, scopriremo anche le maggiori opportunità di eccellenza, successo e contributo. Saper manovrare le proprie soft skills secondo l’occorrenza costituisce la cassetta degli attrezzi del moderno membro di un team, che non è più un professionista fine a sé stesso ma dovrebbe saper interpretare un ruolo di leader vero e proprio e saper guidare la trasformazione. E puntando sulle nostre forze possiamo interpretare al meglio questo nuovo ruolo del professionista- leader.

Un team riesce a raggiungere una leadership in un contesto macro se e solo se ogni membro sviluppa una micro-leadership.

Per decenni siamo andati a lavorare sui punti di debolezza dei nostri team convinti che migliorare e migliorarsi significava ridurre il più possibile quel gap. Ma questo approccio allontana inevitabilmente dalle qualità e dai talenti che ogni persona si porta nel background, nel suo spazio naturale che costituisce vera forza per sé stesso, per i team e per l’impresa in senso più generale.

Anche se può sembrare un concetto astratto, il talento è invece connaturato alla natura stessa dell’uomo e la sfida è riconoscerlo e valorizzarlo. Questo permette non solo di scoprire e valorizzare il talento personale ma anche di riconoscere quello delle persone con cui lavoriamo, collaboriamo e interagiamo o incontriamo casualmente. Credo che questo approccio non riguardi solo le aziende, anche la scuola dovrebbe puntare sui punti di forza degli studenti anziché rilevare e fare leva sulle debolezze. In questo modo si rischia di perdere talenti per strada perché la fatica per una persona di ridurre il divario con le proprie debolezze è molta.  Non dovrebbe essere così, la scuola può aiutare a far emergere le forze e il talento, istruendolo e facendolo sbocciare. 

Uno dei motivi per cui il sistema educativo non riesce a far crescere molti talenti è che spesso si ha l’abitudine di guardare ciò che non va in uno studente, invece di mettere in risalto quello che di buono esiste già.

Tutto l’ecosistema dovrebbe cambiare un po' prospettiva e impegnarsi nell’interessante, e continua, scoperta dei nostri punti di forza (a partire dalla età dell’adolescenza). La valorizzazione e l’espressione dei talenti è un compito primario della scuola, dello sport e di tutte le realtà e comunità educative.

Crescere e svilupparsi - e ottenere il massimo ritorno sull'investimento individuale, di team e di azienda - è la sfida che deve muoverci tutti nessuno escluso verso il progresso, la trasformazione e la crescita sociale.

 

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Judo soft skills armandobarone

Lo sport come acceleratore delle soft skills

Le soft skill sono le qualità più ricercate e la base su cui si fondano le “professioni del futuro”. Ma dove impararle? A mio parere lo sport può dare un contributo fondamentale, ad oggi solo in parte valorizzato prevalentemente a causa della sua marginalizzazione nel percorso didattico e educativo del nostro sistema scolastico

Lo sport conduce alla voglia di migliorarsi costantemente, a capire le regole, ad avere un approccio strategico e abbassare le soglie di stress. Ma può anche creare modelli di leadership autentici e ispirazionali.

Del resto, lo sport risponde a una molteplicità di stakeholder eterogenei, dal Consiglio di Amministrazione alla comunità dei tifosi. Illuminanti le parole di un ex presidente del Manchester City: “Nel calcio è come avere una quarantina di Consigli di amministrazione all’anno, nei quali 40.000 azionisti si presentano per esprimere ciascuno la propria opinione”.

Ma c’è un legame tra chi gestisce un team di lavoro e un allenatore? Su questo mi sono confrontato con un grande coach, Raffaele Parlati, che mi ha rassicurato che non sono fuori strada. Raffaele è l’allenatore della nazionale di Judo e padre del campione Cristian, che lo scorso ottobre ha confermato il proprio talento con l’argento nella categoria -90 kg ai Mondiali organizzati in Uzbekistan.

Insomma, non uno qualunque a cui ho posto due domande.

Raffaele, secondo te un leader che capacità deve avere per includere tutti e non perdere nessuno?

Rispondo volentieri alle domande che mi hai fatto. Come gestire un gruppo di atleti è la prima domanda che ogni allenatore si fa.

Credo che le abilità che un buon coach deve possedere, al di là delle conoscenze tecniche, sono empatia, comunicazione efficace, coerenza delle scelte e il saper motivare tutti riuscendo a far coincidere gli obiettivi personali - dell’atleta - con quelli della squadra.

Come è possibile trasmettere valori e ottenere consenso?

Per quanto riguarda i valori del Judo credo che siano valori universali ed in quanto tali restano sempre gli stessi al di là dei cambi generazionali. Sta alla capacità del maestro far recepire questi valori ai ragazzi, trovando la giusta comunicazione per arrivare ai giovani.

Queste due risposte hanno un grande significato declinabile su tanti fronti.  Primo fra tutti quello che conferma il collegamento tra lo sport, il lavoro e sistema formativo ed educativo italiano, fornitore e propulsori di nuovi talenti e giovani per le organizzazioni. Gli antichi romani ne erano già convinti: Mens sana in corpore sano. Un’abitudine che veniva condivisa anche tra i popoli dell'antica Grecia dove si proponeva un'idea di benessere psicofisico che prevedeva il raggiungimento dell’equilibrio tra corpo e mente e che passava, tra le altre attività, anche attraverso la ginnastica.

Judo soft skills armandobarone

Uno studio apparso sull’Annals Journal of Health Promotion da un team di esperti dell’Università del Montreal, ha dimostrato quanto lo sport abbia influenza anche sui risultati degli studenti. Per realizzare il test, gli esperti hanno analizzato 2700 alunni di età compresa tra i 13 e i 18 anni scegliendo un numero di ragazzi abituati a fare sport e altri che, invece, dedicavano il loro tempo solo allo studio e ad altre attività. Esaminando i risultati scolastici, è emerso che gli studenti che praticavano uno sport in modo regolare, raggiungevano risultati migliori con voti più alti. Tra le caratteristiche che presentavano in comune vi era maggiore autocontrollo e una concentrazione più duratura. Non solo, gli stessi giovani, dopo solo 5 minuti di sport, rivelavano risultati migliori nello svolgimento di test valutativi delle capacità intellettuali. Inoltre, è emerso che il 50% dei soggetti che praticavano sport studiavano in media circa 3 ore in più a settimana rispetto agli altri.

Lo sport va quindi inquadrato come un alleato in questo momento di trasformazione per aiutare il sistema Paese a migliorare il proprio capitale umano e fornire al mondo aziendale tecniche di gestione dei team, utili per valorizzare appieno le soft skill degli individui.


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L′inclusività oggi al centro delle aziende

Con il crescere dell’attenzione intorno al tema dell’inclusività, siamo sempre più coinvolti come professionisti a trovare modi e azioni per muovere questo concetto da un’idea astratta a modus operandi concreto. Per questo ben volentieri accetto lo stimolo di condividere un’opinione rispetto all’articolo pubblicato su thinkwithgoogle.com

L’evoluzione verso una maggiore inclusività da parte delle organizzazioni per trasformare i team di lavoro in contesti maggiormente in grado di cogliere e valorizzare gli elementi di differenza in un'era contraddistinta da repentini cambiamenti è molto cresciuta ed senz’altro un fattore positivo.

Ma come si può rendere un team di lavoro davvero inclusivo e come chi lo deve coordinare può favorire questo processo? L’esperienza mi dice che ci sono alcuni elementi che non possono mancare: maggiore capacità di ascolto, accoglienza delle criticità, aperta convivenza tra le identità o diversità del team.

Credo sia molto interessante anche la riflessione portata da Thinkwithgoogle e Adweek su una maggiore attenzione a un linguaggio e ad ambienti di lavoro più inclusivi soprattutto ora con l’avvento del modello ibrido.

Il ruolo del linguaggio, utilizzato all’interno di un team, può essere essenziale su molti fronti. Con le parole può capitarci di discriminare le persone disabili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano un corpo abile. È facile cadere nel tranello della non consapevolezza rispetto al linguaggio che utilizziamo.

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Anche l’età è un problema di inclusione e diversità che il nostro linguaggio quotidiano deve ancora risolvere, sarà capitato a molti dire per esempio: “è troppo vecchio per lavorare in questo team.” - oppure - “Il suo cv contiene delle esperienze interessanti ma ho bisogno di una persona più giovane per il mio team”.

Anche gli ambienti in cui i team operano sono cambiati e mantenere le connessioni virtuali continuerà a essere fondamentale, dal momento che sempre più team lavorano in modalità ibrida. In un luogo di lavoro ibrido è fondamentale che i team abbiano pari possibilità di collaborazione, in cui tutti i dipendenti dispongano dell'accesso, e di informazioni e strumenti necessari per lavorare insieme al proprio team ed essere produttivi.

Quindi un coordinatore di team deve riuscire a coinvolgere le persone anche se sono a distanza e questo mi rendo conto non sia facile, ma ci sono degli escamotage, per esempio iniziare una riunione domandando un parere alle persone che non sono in presenza, oppure fare in modo che le riunioni siano il più accessibili possibile e utilizzare strumenti digitali interattivi per promuovere l'inclusione durante i “face to face” di gruppo.

Insomma, la buona notizia è che con un po’ di allenamento e pratica possiamo essere più inclusivi in modo più consapevole. La diversità evolve e con essa anche il professionista, che ha l’opportunità per cambiare davvero sul campo le cose.

Sono molto orgoglioso di affermare per esempio che la mia Accenture sul fronte dell’inclusione e della diversità si sta muovendo da tempo con azioni concrete e autentiche. Sviluppa perfezionamenti in aree d’interesse che riguardano genere, etnia, LBGTQ+, religione, persone con disabilità e diversità interculturale, entro il 2025, vogliamo raggiungere il bilanciamento 50:50 in termini di genere.

L’Italia contribuisce alla sfida con un’agenda programmatica volta ad aumentare l’attuale gender mix: la presenza femminile in Accenture ha avuto negli ultimi anni un costante incremento.  

Se vogliamo avanzare verso team di lavoro veramente inclusivi, dobbiamo implementare i processi e gli strumenti necessari per monitorare e misurare i nostri progressi inclusivi come professionisti e membri di un team.

C'è ancora molta strada da fare prima che un team possa dirsi davvero inclusivo, per ora con il mio team abbiamo mosso solo i primi passi ma il cammino è lungo e ci accomuna tutti.

E se c'è uno strumento che può aiutarci a raggiungere la nostra meta più velocemente, di sicuro è quello della comunicazione.


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Il rilancio dell’istruzione come volano per la crescita

Un giorno gli studenti impareranno la storia “viaggiando” indietro nel tempo, le nuove tecnologie stanno già avendo un impatto positivo nel settore dell’istruzione, e le Big Tech stanno contribuendo a svilupparlo. Mentre l’innovazione assicura un impatto sulla vita reale di milioni di studenti e studentesse, l’ecosistema che regge l’intero ciclo dell’istruzione italiano invece sembra accusare anelli deboli.

Il punto debole del funnel non è la fase di recruiting da parte delle aziende, ma la scarsità di laureati per soddisfare la domanda del cambiamento.

L’OCSE da poco ha rilasciato un report che mette in evidenza la crescita lenta del Paese quando si parla di istruzione. L'Italia rimane uno dei 12 Paesi dell'OCSE in cui il livello di istruzione terziaria è ancora meno diffuso rispetto a quello secondario superiore o post-secondario.

I NEET crescono oltre 3 milioni, giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo per periodi prolungati, giovani che rischiano di avere risultati economici e sociali negativi sia a breve che a lungo termine. Dopo essere aumentata fino al 31,7% durante la pandemia da COVID-19 nel 2020, la quota di NEET di età compresa tra 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% ed è aumentata fino al 30,1% nel 2021 per i giovani di età compresa tra 20 e 24 anni.

Il cambiamento crea un volano di domanda importante e l’opportunità per i giovani laureati e diplomati di cogliere il futuro come una prospettiva economica nettamente migliorativa è davvero un fatto tangibile.

L’ostacolo che va superato e che insieme possiamo superare riguarda come gli attori principali dell’ecosistema comunicano e lavorano insieme. Famiglie, Scuole, Università, Enti, Aziende tutti insieme per creare un meccanismo dove aumentiamo l’intensità dell’istruzione e il numero di laureati.

Quale forza lavoro sosterrà la competitività del nostro Paese se non i nostri giovani studenti di oggi e futuri manager e talenti di domani?

Siamo un Paese capitalistico con una scarsità di laureati e questo è un paradosso in un’economia moderna come la nostra. I giovani (25-34) con una laurea non raggiungono neppure il 30%.

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Le Famiglie meritano attenzione. Certamente i tassi record di abbandono scolastico (1 persona su 4 non arriva alla maturità) e di rinuncia del percorso universitario (solo 1 su 5 si laurea) hanno una radice anche nel nucleo familiare. Probabilmente le famiglie e i giovani non percepiscono il valore anche economico dell’istruzione. Di certo i nuclei familiari devono affrontare uno sforzo economico considerevole: secondo recenti analisi il percorso dal nido alla laurea per un singolo figlio costa 130 mila euro. Sicuramente si tratta di un investimento ma oltre al tema del percepito ci sono i limiti oggettivi di un paese con un reddito medio di poco più di 21 mila euro, è aritmetico giungere alla conclusione che le famiglie possano avere difficoltà talvolta insormontabili, per non parlare poi di quelle in difficoltà economica che sono secondo recenti dati 4 milioni e destinate ad aumentare.

Bisognerebbe quindi valutare con pragmatica attenzione il costo-beneficio di un intervento che sostenga le famiglie nel percorso di formazione dei propri figli.

Là fuori c’è fermento, ragazzi che hanno voglia di studiare e crescere, ce ne sono tanti e tutti pronti a mettersi in gioco, non dobbiamo ostacolare o interrompere questa energia ma tutt’altro dobbiamo stimolarla, potenziarla e supportarla per immettere i nostri giovani, tutti senza distinzione di genere o provenienza, all’interno di un ciclo virtuoso dove il binomio Studiare-Benessere diventa il leit motiv. Negli anni del boom economico Henry Ford voleva che tutti gli americani avessero avuto un’automobile, in segno di progresso. Oggi che non siamo nel boom economico, e abbiamo tutti più di un’automobile quello a cui dovremmo ambire è che tutti gli italiani dovrebbero avere un’istruzione in grado di generare benessere, per sé e per il Paese.

Con una percentuale di laureati, e diplomati, così bassa dobbiamo assolutamente abbattere gli ostacoli al talento, anzi dobbiamo sforzarci a coltivarlo ovunque risieda.

A questo proposito, quello che sta succedendo in questi giorni a Scampia, con l’apertura dell’Università, e di un nuovo campus per le professioni sanitarie, è una cosa straordinaria. L’istruzione può vincere tutte le sacche di degrado del nostro Paese, è il mezzo più efficace anche per combattere la criminalità. Per adesso l’Università di Scampia ospiterà fino a 2660 alunni della Federico II.

È il momento che il sistema educativo italiano sia più inclusivo e adatto alle nuove generazioni. Essere più inclusivi vuol dire certamente presidiare anche le aree maggiormente svantaggiate, luoghi dove i talenti spesso si perdono ma anche ridisegnare i programmi di studio e i servizi, pensati per buona parte nel boom economico degli anni ’60.

Affinché un sistema economico sia competitivo sul mercato, è essenziale che abbia la capacità di potenziare la cultura e le competenze dei giovani. Diventa determinante, quindi, comprendere la diversità e la ricchezza dei nostri talenti made in Italy, rinunciando a suddividere la realtà in mere categorie socio-demo e comprendendone i cambiamenti e i bisogni, quelli che si situano tra cuore e stomaco, lì dove pulsano i valori più profondi in cui crediamo e dove l’istruzione ha sempre avuto un posto fondamentale.

La buona notizia è che il sistema impresa italiano è pronto ad accogliere un maggior numero di laureati, un maggior numero di competenze e un maggior numero di talenti.

In piena transizione come quella che stiamo vivendo una politica di prevenzione del sistema educativo che abbassa i rischi connessi alla crescente competizione globale e colga nuove e prospere opportunità di crescita per il nostro Paese, diventa un volano di successo per tutti.


accenture impegno sud italia armandobarone

La mia Accenture e il suo impegno al Sud Italia

Il nostro Paese è cresciuto più della media europea quest’anno, ha superato Francia e Germania e ben pochi paesi a livello mondiale sono cresciuti così. Eppure l’ecosistema della comunicazione sembra quasi snobbare questo risultato eccezionale. Eccezionale soprattutto perché dimostra le enormi potenzialità del tessuto produttivo italiano e degli italiani che hanno saputo e stanno ancora affrontando in maniera profittevole uno dei periodi più difficili della storia. Una qualità questa che andrebbero celebrata e valorizzata, dal momento che il 2023 si presenta altrettanto difficile.

La mia Accenture c’è. Abbiamo infatti deciso di intensificare l'impegno e raddoppiare la presenza nel Sud Italia creando, sulla scorta della bellissima esperienza avviata pioneristicamente prima a Napoli, dove abbiamo un Advanced Technology Center e un Cyber Security Center, poi a Cagliari dove esiste un polo tecnologico, due nuovi centri a Bari e Cosenza.

accenture impegno sud italia armandobarone

Con questo nuovo investimento puntiamo a raddoppiare il numero di talenti fino a 5 mila ed affiancare alle competenze avanzate in Sicurezza Informatica, Cloud, Intelligenza Artificiale quelle sull’e-health, Sostenibilità e i Dati. Ma non è quindi solo una questione di numeri. L’obiettivo infatti è creare anche intorno a queste città un ciclo virtuoso che possa coinvolgere tutti gli attori rendendo il territorio più attrattivo e migliorare la capacità occupazionale di giovani e meno giovani che potranno creare valore per il loro territorio d’origine.

Noi siamo certi che il divario Nord-Sud si possa superare a beneficio non solo del Paese ma anche dell’Europa, che con il Recovery Fund ha mostrato di avere fede nell’Italia.

L'innovazione crea ricchezza per tutto l'ecosistema. 


AI Informazione armandobarone

L′Intelligenza Artificiale e la qualità dell′Informazione

Entro il 2030 le previsioni ci dicono che il 30% del lavoro sarà automatizzato. La ricerca scientifica sull'intelligenza artificiale e la robotica continua a crescere  e le tecnologie del "fattore wow" vengono integrate in ogni tipo di prodotto e servizio.

Che si tratti di elaborazione del linguaggio, di protezione e selezione delle informazioni, di sistemi di raccomandazione che alimentano TikTok o Netflix, il ruolo moderno dei media sta cambiando faccia.

L’esempio del Secolo XIX, accompagnato dalla mia Accenture,  sta cogliendo l’opportunità e le potenzialità dell'intelligenza artificiale e ci dimostra che la nuova tecnologia può essere un abilitatore differenziante anche per il giornalismo.

Il quotidiano ligure ha incorporato un Intelligent Assistant nel sistema redazionale. Il risultato? Un giornalismo sempre di qualità, immediato e preciso e la possibilità per i professionisti di dedicarsi a progetti a maggiore valore aggiunto. Milioni di dati vengono analizzati e i contenuti classificati in tempo reale. Un giornalista che si presta a scrivere una notizia, può contare sul prezioso e immancabile aiuto dell’assistente AI che controlla la coerenza dei dati presenti nel testo, i potenziali link e altre risorse, oltre all’ortografia e alla sintassi.

Sicuramente esistono importanti temi legati ad un’adozione massiva della tecnologia. La tutela della privacy e dei diritti è correttamente al centro dell'attenzione, così come l’adeguamento dei sistemi di istruzione e formazione per consentire la chiusura del gap tra i nuovi lavori che stanno già emergendo e le competenze utili per ricoprire le nuove professioni. In Italia una parte consistente del PNRR ha questo scopo.

 

Dal punto di vista normativo, si osservano passi importanti. Europa e USA stanno lavorando per preparare leggi per la protezione del cittadino.

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La Casa Bianca ha avanzato un "Blueprint for an AI Bill of Rights" che contiene un insieme di principi e pratiche per guidare  "la progettazione, l'uso e l'implementazione di sistemi automatizzati" in maniera tale da proteggere i diritti dei cittadini nell'era dell'intelligenza artificiale.

Vengono affrontati diversi punti, a partire dalle preoccupazioni su algoritmi viziati da pregiudizi, passando a quelle legate agli aspetti della sorveglianza basata su AI.

Anche in questo contesto la comunicazione, e i comunicatori, hanno un ruolo determinante. Le preoccupazioni sono infatti del tutto legittime, ma vanno viste in un processo di trasformazione per portare l’intera società nell’epoca della sostenibilità. Fondamentale quindi che tutti gli stakeholder abbiano evidenza ed accesso ad informazioni corrette e divulgative per includere positivamente in questo entusiasmante percorso il maggiore numero di persone.

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omunicazione strategica cambiamento

La Comunicazione strategica che abilita il Cambiamento

Ogni aspetto del lavoro di chi si occupa di comunicazione esterna sta cambiando seguendo uno scenario macro economico più complesso e organizzazioni impegnate in trasformazioni sempre più compresse nel tempo, tanto da rendere fondamentale la capacità di decidere in segmenti di tempo ridotti, mandando così in soffitta la cultura dei piani di comunicazione triennali.

Non lavoriamo più da un posto fisso, oggi siamo in ufficio, domani a casa o chi in uno spazio di coworking. Ci sono nuove definizioni e atteggiamenti nei confronti del lavoro, come per esempio il dibattito tra umani e intelligenza artificiale. Paradossalmente ritengo che questo scenario di continuo cambiamento renda ancora più necessario dotarsi un strategia, resiliente by design.

Abbiamo bisogno di una strategia di comunicazione, di una strategia di gestione del team e di una strategia anche per noi stessi, per cogliere il cambiamento prima che arrivi. La sfida quindi è avere un rapporto differente con il tempo, accettando di ridurre i segmenti entro i quali troviamo ispirazione, soluzioni e agiamo in modo strategico.

La strategia di comunicazione deve avere il suo perno negli stakeholder, a partire dal proprio team di lavoro. Fondamentale è qui avere un approccio empatico e inclusivo. Un ambiente e un atteggiamento inclusivo fa sì che i membri del team siano coinvolti e motivati dal progetto a cui partecipano attivamente. Stesso approccio vale per gli  stakeholder (top management, partner, media, influencer…) perché in un mondo fluido dove la strategia può cambiare rapidamente se non hai tutti gli stakeholder on board non puoi essere resiliente. Su questo punto ritorna l’importanza delle relazioni pubbliche, come momento di confronto attivo con tutto ciò che è portatore di interesse esterno all’organizzazione.

omunicazione strategica cambiamento

Siamo in una fase di trasformazione che arriva con molte idee nuove e innovative ma anche molte altre domande e sperimentazioni. Alcune cose sono chiare però. Ad esempio, che le audience e gli stakeholder ai quali ci rivolgiamo hanno più influenza di prima, che il lavoro del comunicatore è di baricentro per accogliere il nuovo valorizzando gli asset e il know-how della professione  e, infine, che solo le organizzazioni che si alimentano con una comunicazione esterna ed interna veramente significativa, costruita intorno a valori sani saranno abbracciate da dipendenti, consumatori e clienti.

A proposito di avere un modello di economia dell’attenzione ma anche inclusivo nel contesto che viviamo, bella la campagna Joyful Diversity with AI di BMW che ha lanciato una sfida per trovare soluzioni per la diversità, l'equità e l'inclusione che possono essere messe in atto internamente. La sfida ha incoraggiato i partecipanti a proporre soluzioni basate sull'intelligenza artificiale e sui dati (compresi i dati in tempo reale) che testano, misurano e riducono sistematicamente i pregiudizi negli ambienti di lavoro e nella comunicazione. Con questa campagna BMW spera che le soluzioni possano consentire una migliore comprensione, riflessione e decisioni più intelligenti a livello globale, sia per l'azienda che per la società nel suo insieme. Dopo un processo di selezione iniziato in ottobre, una giuria selezionerà due squadre vincitrici entro dicembre di quest’anno.

Insomma il nostro lavoro di comunicatori è nuovamente al centro del cambiamento, sono tanti gli aspetti e le implicazioni, il lavoro che cambia, le audience che cambiano e la delivery che cambia. In questo meraviglioso mondo che si trasforma ogni giorno abbiamo l’opportunità di ribadire l’importanza di un lavoro senza pari.


bisogni GenZ armandobarone

I bisogni della GenZ un′occasione per modernizzare la nostra società

La GenZ, il cluster di popolazione più ampia al mondo, è nata e cresciuta in un mondo fisico che rispecchia e incorpora il mondo online. È la generazione che ha trascorso quasi più tempo di vita online che nella vita reale. Quindi i nostri giovani hanno la velocità e l’accesso istantaneo ai servizi come parte del loro set dei desideri, non sono aspettative, come accadeva per le generazioni precedenti, ma veri e propri bisogni non derogabili.

Se vogliamo una società inclusiva e partecipativa dobbiamo quindi necessariamente riflettere la cultura delle generazioni più giovani anche nei servizi di cui hanno bisogno. È un argomento chiave per superare la sfida con il basso a livello di istruzione e la piaga dei ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano, cifra che oltrepassa i 3 milioni secondo l’Eurispes. Considerando che le proiezioni al 2033 dicono che nel nostro paese solo 6 milioni di giovani saranno in età di formazione è evidente che stiamo parlando di un tema determinante.

Le nuove tecnologie si stanno fondendo rapidamente online e offline, assicurando che i nostri ragazzi non siano mai completamente sconnessi. Tuttavia, non possiamo creare una realtà che disconosca il mondo fisico, i ragazzi vivono ancora nel mondo reale. Quindi, mentre l’ON-LINE ha più portata, velocità, scelta, stimoli, luoghi in grado di alimentare l'immaginazione, la realtà fisica, OFF-LINE, ha anche i suoi vantaggi: autenticità, bellezza, presenza sensoriale e fisica che l’ON-LINE  non può eguagliare.

La PA sta realizzando progetti importanti di digitalizzazione e tanto arriverà sulla scorta di quanto previsto dal PNRR, è fondamentale che questi siano fatti bene e comunicati adeguatamente.

La comunicazione è un asset fondamentale anche per creare un legame empatico tra le nuove generazione e la PA, oggi vissuta con un sentimento che oscilla tra l’indifferenza e l’ostilità.

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L’esempio di PagoPa calza a dovere per ricordarci quanto l’importanza di avviare servizi pubblici digitali che possano essere fruiti sia on che off-line per un’esperienza “instant”, personalizzata e flessibile alle esigenze del singolo, siano strategici per la trasformazione del Paese. Viviamo nell’era in cui la tecnologica abbraccia qualsiasi area della vita umana, spinta da innovazioni veloci e a volte anche radicali.

Anche la Pubblica amministrazione si dovrà spingere sempre più forte verso questa transizione, e accelerare il ritmo avvicinandosi alla velocità dell’impresa privata per divenire più resiliente, facile e attrattiva. Aprire le porte all’innovazione per rendere moderno l’accesso ai servizi pubblici è una sfida collettiva, che tocca gli interessi di tutti.

A partire dalle Università, forse il luogo dove i giovani fanno maggiore fatica ad accettare la logica analogica alla sua base, in un mondo che negli ultimi due anni e mezzo è profondamente cambiato.

Progettare servizi per questo peculiare pezzo della PA vuol dire non solo accrescere la skill degli studenti, ma anche progettare esperienze di accesso e fruizione che tengano conto del cambiamento, per cercare di avvicinare gli obiettivi di studio al purpose personale – quello “scopo” che ogni giovane dovrebbe avere nella vita e che deve raggiungere attraverso un lavoro, delle competenze e un Sistema paese tecnologicamente  contemporaneo.

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Viviamo l′era della Trasformazione Aumentata

Siamo in un momento di trasformazione aumentata, in mercati pieni di nuove idee, di start-up che si moltiplicano a una velocità incredibile; di più, rispetto al passato, il nostro lavoro è sempre più compresso, abbiamo sempre più obiettivi trasformativi da raggiungere. Come misuriamo i nostri risultati alla luce di un mondo e di un mercato sempre più orientato al nuovo?

I KPI tradizionali riescono a catturare questo cambiamento?

Un indicatore chiave di prestazione è un valore misurabile che dimostra l'efficacia con cui un team sta raggiungendo gli obiettivi principali, e quando parliamo di comunicazione ci sono specifici KPI che assolvono a questo incarico: numero di articoli, condivisione, visualizzazioni, coinvolgimento etc.

La mia impressione è che questi KPI vadano arricchiti. Ad esempio tutto ciò che esula dai media tradizionali necessita di una misurazione dell’efficacia, un indicatore in grado di dimostrare il grado di trasformazione raggiunto dai principali veicoli con cui "distribuiamo" l’informazione.

Stesso discorso vale per il purpose, che coinvolge sempre di più i comunicatori del nuovo millennio. Senza la condivisione di standard trasparenti che misurano l’approccio individuale, come possiamo capire in maniera oggettiva se le azioni intraprese sono in grado di sedimentare valore?

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La definizione di KPI più rivolti agli individui appare importante nel momento in cui la comunicazione è sempre più distribuita tra differenti media e di conseguenza aumentano le possibilità che l’individuo possa con le proprie azioni quotidiane agire nei confronti del posizionamento dell’azienda.

Un nuovo approccio può favorire un accorpamento dei troppi standard già esistenti, ed essere adottati su base volontaria?

Il mondo cambia velocemente, noi cambiamo velocemente, i KPI dovrebbero evolvere, senza per altro stravolgere la loro anatomia che è sempre legata a caratteristiche standard. L’anatomia di un KPI strutturato include 4 punti principali:

  1. Una Misura. Ogni indicatore KPI deve avere una misura. I migliori KPI hanno misure più espressive.
  2. Un Obiettivo. Ogni KPI deve avere un obiettivo che corrisponda alla misurazione individuata e al periodo di tempo individuato per raggiungerlo.
  3. Un’Origine Dati. Ogni KPI deve disporre di un’origine dati chiaramente definita, in modo che non vi siano aree grigie nel modo in cui ciascuna viene misurata e tracciata.
  4. Una frequenza. KPI diversi hanno frequenze di segnalazione diverse; tendenzialmente è buona prassi confrontarsi con le proprie metriche almeno una volta al mese.

In un’epoca di grandi cambiamenti diventa strategico evolvere  il sistema di misura con un cruscotto di KPI che accompagni i professionisti in un percorso che necessariamente richiede di combinare credibilità con flessibilità.


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Le micro-community nel contesto della Comunicazione

Mai come oggi le nuove tecnologie stanno plasmando nuovi modelli di fiducia delle audience aprendo opportunità di connettersi con micro-community, molto più ristrette rispetto al tradizionale concetto di comunità ma più focalizzate intorno al purpose condiviso.

Questo è un fenomeno nuovo, dal grande potenziale, che merita l’attenzione di noi comunicatori. Infatti se pensiamo alle nuove generazioni,  la “Tiktokification” dei contenuti on-line ha dato una grande accelerata al fenomeno delle micro-community, con una conseguenza importante: l'ascesa di reti di audience più piccole e meno influenzate dagli algoritmi della pubblicità che riportano l'accento sulle persone, un elemento di grande preoccupazione per i social media e le big tech.

In un periodo di trust-gap come quello che stiamo vivendo le micro-community si costruiscono proprio sulla fiducia. Potenzialmente quindi parliamo di luoghi dove il posizionamento di un brand autentico può essere recepito e accolto dalla Gen Z, una grande opportunità per includere le nuove generazioni e non perdere il contatto con le altre audience.

micro-community armandobarone

Alcune case history offrono buone indicazioni su come approcciare questo fenomeno. Creare connessioni più profonde basate su valori condivisi, obiettivi e identità appare una condizione necessaria, così come concentrarsi su ciò che il tuo brand può fare per la comunità. Patagonia con il concept Action Works ha deciso un approccio differente rispetto alla community attiva per trovare soluzioni alla crisi ambientale, settore in cui il brand è attivo da oltre 40 anni. Patagonia, preso atto che la crisi ambientale ha assunto uno stato senza precedenti, ha deciso di non coinvolgere le persone direttamente bensì di mettere la sua community in contatto diretto con i beneficiari delle attività. Questo ha consentito una focalizzazione sui problemi più urgenti e un’accelerazione nell’implementazione delle soluzioni individuate aumentando quindi l’apprezzamento della community nei confronti del brand.

L’ascolto dinamico e intelligente delle community può inoltre diventare fonte di ispirazione e consapevolezza con l’obiettivo di continuare a sviluppare strategie autenticamente audience centric. Esplorare, ascoltare e connettersi con questo nuovo scenario è sicuramente sfidante ma rappresenta un’opportunità in un contesto in cui l’informazione sarà sempre più multi-piattaforma, multi personalizzata e multi-partecipata.