Comunicazione intergenerazionale

Comunicazione intergenerazionale: quando il team diventa il messaggio

Perché le aziende più visionarie stanno scoprendo che il vero vantaggio competitivo non è solo nella strategia, ma nella composizione generazionale dei team che la pensano, la scrivono e la raccontano.

La comunicazione non è mai neutra. Porta con sé codici, riferimenti, tempi e visioni del mondo. In un contesto in cui i brand devono parlare a pubblici sempre più multigenerazionali e diversificati, avere un team di comunicazione intergenerazionale non è solo utile: è strategico. Ma attenzione: non si tratta solo di mettere insieme giovani digitali e professionisti senior. La differenza si fa quando le competenze si potenziano a vicenda, generando un output che nessuna generazione, da sola, sarebbe in grado di produrre maggiore produttività e soddisfazione dei dipendenti.

Un rapporto di Harvard Business Publishing sottolinea che team inclusivi e diversificati tendono a superare in performance quelli omogenei, grazie alla varietà di prospettive e all’autenticità promossa all’interno del gruppo.

Un professionista con vent'anni di campagne alle spalle conosce bene le strutture persuasive, il peso delle parole, la coerenza di marca nel tempo. Un talento più giovane, magari nativo digitale, si muove con agilità tra nuovi format, tone of voice mutevoli, contenuti effimeri. Quando si lavora insieme, la strategia non è più solo un piano logico: diventa un ecosistema vivo, capace di dialogare sia con la solidità di un brand book sia con l'agilità di una story su TikTok.

Un copy senior sa costruire ritmo, tensione narrativa, evocazione. Ma spesso rischia di usare formule datate. Un junior ha accesso al linguaggio del momento, ma può mancare di profondità. Metterli in coppia (o farli co-editare) significa creare un testo che sa parlare sia al cuore che all'algoritmo. Un copy con memoria e futuro.

In un mondo in cui l'immagine è sempre più linguaggio, avere visioni estetiche di epoche diverse nello stesso flusso creativo può fare la differenza. I visual designer più esperti conoscono l'equilibrio, l'identità, il dettaglio. I più giovani portano glitch, velocità, contaminazioni. Insieme possono creare contenuti che siano rilevanti oggi, ma risonanti anche domani.

Comunicazione intergenerazionale: quando il team diventa il messaggio
Comunicazione intergenerazionale: quando il team diventa il messaggio

Anche il lavoro degli specialisti delle PR aziendali può arricchirsi enormemente grazie all’intergenerazionalità. I professionisti senior portano una comprensione profonda delle dinamiche istituzionali, delle relazioni con i media tradizionali, della gestione delle crisi con equilibrio e senso della misura. I più giovani, invece, conoscono il linguaggio degli influencer, le dinamiche della reputazione distribuita, i codici del tempo reale.

Quando queste competenze si incontrano, nascono strategie di comunicazione capaci di presidiare ogni tipo di conversazione, dalla conferenza stampa ufficiale al tweet virale, passando per le relazioni con stakeholder giovani e movimenti emergenti. È qui che le PR smettono di essere difensive o promozionali, e diventano architettura dinamica della reputazione.

Due casi sono emblematici. Gucci ha introdotto un "consiglio ombra" composto da giovani talenti che affiancano il top management. Il risultato? Non solo idee più fresche, ma anche una comunicazione più coerente con il sentire culturale dei nuovi pubblici. E in molte agenzie creative stanno nascendo "coppie miste" formate da un senior e un junior: i pitch migliori nascono proprio da tensioni generazionali risolte creativamente, non da briefing lineari.

In un'epoca in cui il pubblico ha imparato a decodificare ciò che sta dietro il contenuto, anche la composizione del team è parte della narrazione. Un brand che comunica attraverso una pluralità di generazioni comunica inclusione, ascolto e visione.

Non si tratta di un gesto politico, ma di un atto strategico: solo chi ascolta più generazioni sarà in grado di parlarne. E c'è di più: grazie alla collaborazione intergenerazionale, i team possono uscire dalle metriche di vanità (like, reach, impressioni) per concentrarsi su impatti reali: brand trust, profondità di engagement, fidelizzazione a lungo termine. Perché quando i contenuti nascono da voci diverse, parlano a pubblici diversi. E non solo per essere visti, ma per essere ricordati.

Happy Collaboration!


Come trattenere talenti nell’era dell’intelligenza artificiale

Come trattenere talenti nell’era dell’intelligenza artificiale

Nella società post digitale l’innovazione fornisce mezzi tecnologici che consentono un importante aumento della produttività. Ma tra la nascita della tecnologia e l’adozione della stessa in maniera pervasiva vi è di mezzo la capacità delle persone di adattarsi al cambiamento.

E mentre l’intelligenza artificiale entra in pompa magna nelle organizzazioni, la tentazione è forte: accorciare i tempi, automatizzare, fare “di più con meno”. Ma la vera domanda che deve porsi un manager non è solo “come usare l’IA” ma chi avrà ancora persone aggiornate, capaci, motivate fra 5 anni?

La ricerca di nuove competenze

La ricerca di nuove competenze si scontra già oggi con un capitale umano sempre più scarso: c’è un mismatch crescente tra domanda e offerta di skill, aggravato da un calo demografico strutturale. Tra dieci anni, in Italia, avremo 3 milioni di persone in meno: un dato che non riguarda solo la società, ma anche il lavoro.

In questo scenario, aggravato dal rischio di cronicizzazione del fenomeno dei Neet – giovani che non lavorano né studiano, trattenere e valorizzare le persone non è solo motivante: è una scelta economicamente vantaggiosa. Un dipendente qualificato, secondo il Center for American Progress, può costare fino al 213% del suo stipendio annuo se deve essere sostituito.

Le competenze da aggiornare, i dati

Secondo il rapporto Future of Jobs 2025 del World Economic Forum, il 63% dei datori di lavoro indica le lacune nelle competenze come il principale ostacolo alla trasformazione aziendale nei prossimi cinque anni. L’85% delle aziende punterà sulla riqualificazione professionale, ma solo il 50% è pronto a ridistribuire internamente le risorse in ruoli in crescita. Intanto, 4 lavoratori su 10 sanno già di dover aggiornare le proprie competenze entro lo stesso periodo.

Questo contesto apre una nuova era di un concetto non nuovo: la ricerca e la valorizzazione del talento. Il capitale umano delle aziende è destinato ad aumentare di valore, data la scarsità. Questo rende urgente lavorare ai dei programmi di reskilling permanenti, ma anche di attivare programmi di individuazione dei talenti e delle loro skill per dei percorsi di carriera in grado di combinare movimenti orizzontali e verticali e di usare la tecnologia per asettizzare il talento e il patrimonio culturale dell’organizzazione.

Questo approccio, speso noto alle grandi aziende, deve entrare nel patrimonio della PMI data la specificità del proprio capitale umano incrociato con il calo demografico.

Implementare un sistema di questo tipo aumenta non solo la resilienza dell’azienda e la retention, ma anche la fiducia. Le persone percepiscono la possibilità di crescere, essere viste, contribuire. Questo genera un clima positivo, riduce l’ansia da cambiamento e rafforza la coesione.

Come trattenere talenti nell’era dell’intelligenza artificiale
Come trattenere talenti nell’era dell’intelligenza artificiale

La costruzione di una resilienza organizzativa

5 consigli per costruire resilienza organizzativa attraverso il Capitale Umano Human+ Machine:

1. Realizza piani di sviluppo interni

Mappa i talenti e costruisci percorsi di crescita che permettano di far emergere nuove figure chiave.

2. Rendi visibili le opportunità di carriera

Le persone restano dove vedono un futuro. Comunica con chiarezza i percorsi evolutivi e i criteri di valorizzazione.

3. Integra l’IA come custode della conoscenza

Non sostituire, ma affianca. Usa l’IA per assettizzare il know-how e garantire la business continuity.

4. Crea un clima di fiducia e sicurezza psicologica

Le organizzazioni attrattive sono quelle in cui si può imparare, sbagliare e contribuire senza paura.

5. Anticipa i cambiamenti, non inseguirli

Preparati oggi alla possibile uscita di figure chiave domani. La pianificazione delle competenze è un atto strategico.

Happy trust!

 


L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

Nel mio ultimo articolo ho parlato di accessibilità digitale e del ruolo che può avere nel successo di un’azienda.

Oggi voglio fare un passo ulteriore all’inclusività, tornando su un tema che considero centrale per chi si occupa di business e vuole innovare l’azienda e il mercato in cui opera.

C’è una frase che in Accenture ripetiamo spesso: “Un’innovazione che non è inclusiva, non è vera innovazione.” E questo vale anche - e soprattutto - per il modo in cui progettiamo servizi: dal design alla comunicazione, dalla governance alla distribuzione. Se vogliamo davvero innovare, dobbiamo chiederci chi resta fuori dalle nostre soluzioni. E come possiamo coinvolgerlo.

Serve inclusione concreta

Nel progettare servizi, prodotti ed esperienze, la vera sfida oggi non è aggiungere un “bollino ESG” a posteriori, ma ripensare l’innovazione fin dall’inizio per includere chi tradizionalmente è stato lasciato fuori: lavoratori informali, donne vulnerabili, anziani, persone con fragilità temporanee o permanenti.

Molti approcci ESG si concentrano sull’ambiente. Ma l’aspetto socio-economico è spesso trascurato, pur essendo fondamentale. Eppure, è proprio qui che stanno arrivando segnali forti dai paesi che prima consideravamo emergenti. Dalle Filippine all’India, alcuni esempi ci mostrano come l’innovazione inclusiva sia già realtà concreta, capace di generare impatto e differenziazione.

Non sarà che i Paesi che consideravamo ‘in via di sviluppo’ stanno diventando più lucidi e coraggiosi di noi nel rendere l’economia accessibile a tutti?

L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere
L’innovazione è vera solo se inclusiva: perché l’accessibilità nei servizi è la chiave per crescere

Due esempi: AXA Filippine e Uniqlo in India

Due casi che ci possono ispirare sono quelli di AXA Filippine e il brand UNIQLO in India.

I lavoratori autonomi, come autisti e rider, sono parte di quella che viene chiamata gig economy — un sistema dove si lavora su richiesta, spesso senza tutele. Nel 2025, AXA Filippine, insieme a Philinsure, Grab e MOVE IT, ha lanciato una copertura assicurativa fino a 1 milione di PHP per queste categorie. Un passo concreto per offrire sicurezza e dignità a chi è fuori dai circuiti tradizionali.

Spostandoci in INDIA, di cui ricordo la sua crescita economica strabiliante degli ultimi anni in tutti i settori specialmente il tecnologico, lo stesso Fondo Monetario Internazionale (IMF) la conferma tra le economie con il più alto tasso di espansione al mondo.

Innovazione inclusiva in crescita

Questi Paesi stanno guidando l’innovazione inclusiva e crescendo più rapidamente di molte economie occidentali. Chi crea prodotti e servizi ha oggi una responsabilità diversa dal passato. Non basta più progettare per un target generico o per il “cliente ideale”. Serve ideare soluzioni che includano, che considerino i bisogni reali di persone spesso escluse dal mercato: per contesto, competenze, età, condizione sociale o fisica. L’inclusività non è un abbellimento, ma una leva di crescita concreta. Significa progettare con lucidità e lungimiranza, sapendo che un mercato realmente accessibile è un mercato che si espande, che genera più impatto, più valore e più relazioni.

Viviamo un tempo in cui la competitività passa dalla coerenza tra valori e azioni. L’inclusione nei servizi non è solo una scelta etica, ma un’opportunità di business, una leva reputazionale e una responsabilità sociale. Per chi occupa posizioni di guida e leadership è anche un modo per mostrare non solo che tipo di leader si è ma che nuove competenze metti in gioco.

Double Happy Inclusion!


Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

L’innovazione tecnologica evolve ad una velocità mai sperimentata. Ogni giorno assistiamo a progressi che ridefiniscono il nostro modo di lavorare, comunicare e vivere. Eppure, in questa corsa verso il futuro, si annida un rischio tanto invisibile quanto reale: quello di lasciare indietro a nostro stesso svantaggio le persone più vulnerabili, in particolare chi vive una condizione di disabilità.

Credo che nella società post- digitale inclusione e ricavi devono andare a braccetto. L’accessibilità digitale non è un’azione “accessoria” o un semplice adempimento normativo: è una leva strategica che permette di estendere la portata di un brand, migliorare l’esperienza utente, fidelizzare il pubblico e rafforzare la propria reputazione.

Perché l’accessibilità digitale è una priorità strategica

Per accessibilità digitale intendiamo l’insieme di pratiche, tecnologie e principi volti a garantire che siti web, applicazioni e contenuti digitali siano fruibili da tutte le persone, comprese quelle con disabilità. Significa progettare ambienti digitali inclusivi, che rispettino le diverse esigenze sensoriali, cognitive e motorie. L’accessibilità digitale promuove pari opportunità e migliora l’esperienza utente per tutti.

Cosa significa accessibilità digitale

Sono da includere anche i portatori di disabilità leggere, spesso trascurate, che includono condizioni comuni come la miopia, che può rendere difficile leggere testi poco contrastati o troppo piccoli. Altri esempi sono i disturbi dell’udito, il daltonismo o le difficoltà cognitive lievi, che possono compromettere la fruizione di contenuti digitali.

Così il bacino si amplia e pensare all’accessibilità come un costo è un errore: si tratta di un investimento,  tra l’altro molto contenuto, in un mercato più ampio e consapevole il cui obiettivo deve essere una società più equa.

Quando Business e Accessibilità possono stare insieme
Quando Business e Accessibilità possono stare insieme

Disabilità visibili e invisibili: un bacino da valorizzare

Una persona su cinque nel mondo vive una qualche forma di disabilità. Questo numero è destinato a crescere con l’invecchiamento della popolazione. Continuare a considerare la disabilità come una sfida individuale, che riguarda solo una minoranza, è un errore strategico oltre che culturale.

Ignorare questa parte significativa della popolazione significa:

  • auto-infliggersi una limitazione,
  • rinunciare a un potenziale economico enorme,
  • rendere la società meno inclusiva e sicura.

Inclusione digitale: un’opportunità, non un costo

Un brand accessibile non solo apre le porte a nuovi clienti, ma accresce il suo valore. Oggi i consumatori premiano le aziende che si dimostrano autenticamente inclusive e attente ai bisogni di tutti. Un’interfaccia digitale accessibile comunica rispetto, competenza, affidabilità.

In questo senso, l’accessibilità agisce sull’identità del brand: rafforza la brand reputation, genera fiducia e costruisce un’immagine aziendale contemporanea e responsabile basata su una narrazione autentica.

L’impatto dell’accessibilità sulla brand reputation

La tecnologia per rendere i contenuti accessibili già esiste. I tool sono disponibili, spesso integrati nei principali sistemi di progettazione. Il vero gap non è tecnico né economico, ma culturale.

Serve una nuova mentalità: una cultura digitale che metta al centro la diversità, l’usabilità e la responsabilità sociale. Una cultura che sappia vedere l’accessibilità non come un vincolo, ma come un criterio di qualità.

Il vero gap è culturale, non tecnologico

In Accenture, questo cambio di paradigma è già realtà. L’accessibilità digitale è integrata nel DNA aziendale. Ogni soluzione, ogni contenuto, ogni progetto nasce con l’obiettivo di essere accessibile a tutti. Una innovazione che non include semplicemente non è innovazione.

E questo approccio si riflette anche nei piccoli gesti: ad esempio, le immagini pubblicate sui canali social dell’azienda sono sempre accompagnate da didascalie dettagliate, pensate per chi utilizza screen reader o ha difficoltà visive. Piccoli esempi, grandi segnali.

Un futuro digitale veramente inclusivo sarà anche un futuro economicamente e socialmente più ricco. E ogni professionista ha la possibilità – e la responsabilità – di contribuire a costruirlo.

Happy Digital!

 


Dall’innovazione all’IA, una nuova era per la comunicazione

Dall’innovazione all’IA, una nuova era per la comunicazione

Prima ancora di ripensare i processi, serve ripensare le competenze. La trasformazione guidata dall’intelligenza artificiale non riguarda solo le tecnologie, ma anche le persone che le utilizzano. Secondo il rapporto Future of Jobs” del World Economic Forum (gennaio 2025), il 63% dei datori di lavoro considera le lacune nelle competenze il principale ostacolo alla trasformazione aziendale nei prossimi cinque anni. È per questo che l’85% delle aziende punterà sul reskilling, mentre il 70% prevede di assumere profili con competenze emergenti.

Le nuove figure per la trasformazione

Per affrontare questa transizione, emergono tre figure chiave: il Centauro, che combina la potenza computazionale dell’IA con l’intuito umano; il Curatore Cognitivo, in grado di trasformare dati in decisioni strategiche; e il Meta-Generalista, capace di collegare discipline diverse e pensare in modo sistemico. Questi profili non sono fantascienza: rappresentano già oggi il ponte tra l’efficienza tecnologica e la profondità umana, essenziale per costruire comunicazioni significative, etiche e impattanti.

Dall’innovazione all’iper-innovazione, nuovo paradigma

Per decenni, l'innovazione ha seguito un percorso consolidato: ricerca, ideazione, prototipazione, test e lancio. Questo modello, sebbene efficace, è diventato una routine aziendale. Tuttavia, l'avvento dell'intelligenza artificiale (IA) sta trasformando radicalmente questo approccio, inaugurando l'era dell'iper-innovazione.

Nella comunicazione, l'iper-innovazione implica l'integrazione dell'IA in ogni fase del processo comunicativo, consentendo alle aziende di non solo reagire ai cambiamenti, ma di anticiparli e plasmarli. Questo approccio proattivo permette di creare strategie comunicative più efficaci e personalizzate.

Dall’innovazione all’IA, una nuova era per la comunicazione
Dall’innovazione all’IA, una nuova era per la comunicazione

Le quattro fasi dell'iper-innovazione comunicativa

Analisi e insight in tempo reale

  • Analisi e insight: tradizionalmente, raccogliere informazioni sul pubblico richiedeva tempo e risorse significative. Oggi, l'IA può analizzare vasti volumi di dati in tempo reale, identificando modelli e tendenze che informano la strategia comunicativa.

Ideazione strategica potenziata

  • Ideazione della strategia: con l'ausilio dell'IA, le aziende possono generare e perfezionare concetti strategici, adattandoli ai vincoli di costo e alle esigenze del mercato, migliorando l'esperienza del cliente e garantendo una maggiore efficacia dei messaggi.

Contenuti personalizzati su larga scala

  • Creazione dei contenuti: l'IA consente di sviluppare contenuti personalizzati su larga scala, ottimizzando testi, immagini e video per diversi segmenti di pubblico, aumentando l'engagement e la rilevanza dei messaggi.

Ottimizzazione continua

  • Lancio e ottimizzazione: dopo il lancio, l'IA monitora le performance in tempo reale, analizzando il sentiment dei consumatori e adattando dinamicamente le strategie per massimizzare l'impatto comunicativo.

Secondo il report "Pulse of Change" di Accenture, il 76% dei leader aziendali vede l'IA generativa più come un'opportunità che come una minaccia, riconoscendo il suo potenziale nel trasformare le strategie comunicative e nel favorire la crescita dei ricavi.

L'integrazione dell'IA nel processo comunicativo rappresenta non solo un vantaggio competitivo, ma una necessità per le aziende che desiderano rimanere rilevanti in un mercato in continua evoluzione. Abbracciare l'iper-innovazione nella comunicazione significa adottare un approccio proattivo, sfruttando le potenzialità dell'IA per creare strategie più efficaci, personalizzate e reattive alle esigenze del pubblico.

Happy AI!

 


Comunicazione aziendale, leva strategica per il successo

Comunicazione aziendale, leva strategica per il successo

Nell'era post digitale, la comunicazione aziendale è sempre più una leva fondamentale per il successo delle imprese. Non attribuirle il giusto valore è un bias strategico: la comunicazione rappresenta una variabile di business che ha un impatto diretto sul conto economico e sull'equity dell'azienda.

La comunicazione esterna, deve essere ancorata al piano di business, pensato in chiave strategica, sostenuta da capability adeguate, gestita con precisione nella fase di delivery e misurata  scrupolosamente.

Alimentare e connettere un ecosistema

Le imprese che investono, riescono a innescare un circolo virtuoso capace di alimentare e connettere l'intero ecosistema aziendale e esterno. Non si tratta solo di coinvolgere e diffondere informazioni, ma di consolidare la fiducia e la resilienza, specialmente in periodi di incertezza. Infatti, quando la fiducia vacilla, sostenere gli obiettivi di business diffondendo con  chiarezza la visione e i valori dell'azienda, permette all'impresa di rafforzare la relazione con i suoi stakeholder, consolidare le aspettative e favorire una percezione positiva rispetto alla propria offerta.

Esistono migliaia di aziende i cui CEO sono ignoti. Nell’era  post digitale si tratta di un fatto nocivo per il business. Oggi il ruolo dei CEO è strategico non solo per la definizione delle linee di business, ma per la reputazione dell’azienda, un punto di riferimento per la comunità aziendale e i propri stakeholder. I più prestigiosi studi segnalano che l’immagine del CEO vale  fino al 50% della reputazione dell'azienda. Il leader dell’azienda assume sempre più il ruolo di autentico rappresentate dei valori del brand. La sua  buona reputazione, infatti, genera un impatto tangibile sia sulla propensione all'acquisizione di nuovi clienti clienti (+19,2%) sia sulla capacità di attrarre talenti e investimenti.

Comunicazione aziendale, leva strategica per il successo
Comunicazione aziendale, leva strategica per il successo

Una comunicazione che alimenta la Leadership

Inoltre, un CEO supportato da un progetto di comunicazione adeguato, crea il contesto per consentire alla “forza vendita” di confrontarsi con i “buyer” su un terreno condiviso e quindi più fertile. Un progetto di comunicazione così articolato, consente alla leadership aziendale di sviluppare un mindset ecosistemico, capace di unire purpose, produttività e impatto, trasmettendo autenticità e valore.

Vi è poi anche la questione sensibile della comunicazione interna, anche questa da intendere secondo gli schemi imposti dalla contemporaneità. E’ nostra opinione che i social media siano da intendere (anche) come un canale di comunicazione interna. Ruotare la strategia di questi asset favorisce il confronto di clienti e consumatori con la cultura interna dei brand con cui interagiscono e consentono alla comunicazione sui social media dei dipendenti di manifestarsi come la miglior occasione per il brand di dare valore alle proprie persone.

Creare uno scambio con i dipendenti

Una comunicazione interna post digitale quindi è fondamentale non solo per garantire l'allineamento agli obiettivi strategici ma per creare uno scambio virtuoso con i dipendenti e assicurare maggiore trasparenza al mercato.

In conclusione, proprio in questo periodo di incertezza e cambiamenti, ripensare al ruolo della comunicazione diventa una riflessione chiave per sostenere la resilienza delle aziende. Una strategia ben definita contribuisce a  sviluppare la percezione del brand  e del suo business.

Le imprese capaci di posizionare al centro della propria strategia di business una comunicazione efficace riusciranno ad affrontare il mercato con maggiore forza, trasformando i momenti di difficoltà in opportunità di rinnovamento.

Happy communication!

 


Simbiosi Uomo+Macchina, la sfida per le aziende

Simbiosi Uomo+Macchina, la sfida per le aziende

Mi capita spesso di fermarmi a pensare a come il mondo intorno a noi stia cambiando. Non è solo una questione di tecnologia che avanza, è il modo in cui noi, come esseri umani, ci stiamo intrecciando con essa. La simbiosi tra cervello umano e cervello digitale è una possibilità concreta che le aziende possono cogliere per garantire una "continuity" vera, solida, capace di resistere alla volatilità del mercato.

Immaginate un’azienda dove l’intuizione umana e la precisione dell’intelligenza artificiale si completano. Il cervello umano porta creatività, empatia, la capacità di vedere oltre i numeri; il cervello digitale offre velocità, analisi profonda, una memoria che non dimentica. Insieme, possono creare un’organizzazione snella, pronta ad affrontare i cambiamenti e a mantenere una competitività che non si piega alle incertezze.

La Formazione è la chiave di tutto

Ma perché questo accada, serve un ingrediente fondamentale: la formazione.

Non parlo di corsi generici o di manuali da seguire. Parlo di una formazione mirata a costruire questa simbiosi, a insegnare alle persone come dialogare con la macchina, come affidarsi a lei senza perdersi. È un po’ come imparare una nuova lingua: all’inizio sembra ostica, ma poi diventa un’estensione di noi stessi. Le aziende che investono in questo tipo di preparazione non solo ottimizzano i processi, ma creano una cultura resiliente, dove il sapere non si disperde perché è condiviso tra uomo e macchina.

Sicurezza by design

E qui entra in gioco un aspetto che mi affascina: la sicurezza by design. Non possiamo parlare di futuro senza pensare a una base solida. Una combinazione di cloud, intelligenza artificiale può garantire che i dati, le decisioni e i processi siano protetti, trasparenti, inattaccabili. Il cloud offre flessibilità, l’IA analizza e prevede, il blockchain assicura che ogni passo sia tracciato e sicuro. È un trio che non solo sostiene la continuity, ma la rende inattaccabile.

Simbiosi Uomo+Macchina, la sfida per le aziende
Simbiosi Uomo+Macchina, la sfida per le aziende

Integrazione tra IA e competenze umane

Questo approccio ha implicazioni concrete anche per la comunicazione d’impresa. L’integrazione tra intelligenza artificiale e competenze umane consente oggi di creare messaggi personalizzati e pertinenti, basati su analisi in tempo reale e modelli predittivi. Strumenti di Intelligenza Artificiale generativa come per esempio synthetic permettono di condurre ricerche su campioni di utenti che hanno caratteristiche di consumo  simili a esseri umani e quindi segmentare i pubblici, simulare comportamenti e testare scenari comunicativi che prima richiedevano settimane di lavoro o risorse non alla portata di tutti.

Alla ricerca di un equilibrio autentico

Naturalmente, il percorso non è privo di sfide: l’equilibrio tra automazione e autenticità va costruito. Un esempio di simbiosi Uomo-Macchina  interessante è quello di Unilever, che ha adottato un sistema di IA per l’analisi dei trend di consumo e l’elaborazione di contenuti su misura per i suoi brand. Il team creativo utilizza questi dati per affinare messaggi e campagne, migliorando il time-to-market e aumentando l’engagement del pubblico. Il risultato? Una comunicazione più rilevante e una riduzione significativa dei costi di produzione dei contenuti, senza rinunciare all’identità e ai valori del brand.

L’intelligenza artificiale generativa, e la sua evoluzione in agenti digitali, ha una caratteristica importante per il nostro sistema industriale quello di un costo relativamente basso, certamente accessibile alla nostra dorsale di PMI. La sua adozione quindi non è legata ai massicci investimenti tipicamente appannaggio delle grande aziende, ma alla cultura aziendale forgiata dalla leadership e dalla capacità di quest’ultime di ingaggiare i propri talenti in un percorso personalizzato di upskilling.


Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità

Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità

L’energia è il motore invisibile della civiltà, capace di alimentare ogni aspetto della vita umana, dalla sopravvivenza quotidiana allo sviluppo tecnologico. La storia dell’energia intreccia scoperte scientifiche, innovazioni tecnologiche e cambiamenti sociali.

Se pensiamo all'elettricità, il suo impiego diffuso ha contribuito a una maggiore efficienza e a nuove opportunità di innovazione. Grazie all'elettricità, è possibile sviluppare le tecnologie avanzate applicate nei settori industriali. L’impatto dei costi dell’energia sul sistema industriale e sui consumatori finali è quindi un tema centrale.

Ridurre il costo dell'energia

Alla 25ª edizione del Workshop dell’Osservatorio Utilities AGICI-Accenture, il dibattito è stato chiaro: abbassare il costo dell’energia elettrica è possibile, ma serve una strategia sistemica e di lungo termine. Le riforme di mercato, l’accelerazione della crescita delle rinnovabili e la riduzione del costo del gas possono portare, secondo l’analisi presentata, a una riduzione del prezzo dell’energia fino al 20% nei prossimi cinque anni.

Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità
Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità

Il prezzo dell’elettricità all’ingrosso in Italia è tra i più alti d’Europa, con un valore medio di 109 €/MWh nel 2024, contro i 59 €/MWh della Francia e gli 80 €/MWh della Germania. Un divario che pesa sulla competitività delle imprese e sul potere d’acquisto delle famiglie.

Italia ed Europa, prezzi a confronto sull'energia

Ma perché l’energia costa così tanto in Italia? La risposta è una combinazione di fattori: un’elevata dipendenza dal gas, che copre ancora il 45% della produzione, un limitato sviluppo delle rinnovabili rispetto ad altri Paesi europei e un sistema di formazione del prezzo che rende il gas il principale price setter per circa il 70% delle ore.

Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità
Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità

Tuttavia, la soluzione esiste. Lo studio presentato all’evento AGICI-Accenture delinea un piano d’azione concreto: ridurre il ruolo del gas, accelerare la produzione da fonti rinnovabili e abbattere i costi dell’approvvigionamento energetico attraverso strategie di negoziazione su scala europea. Come sottolinea Pierfederico Pelotti, responsabile del mercato Utilities di Accenture Italia: “Non esiste una soluzione unica, ma serve una programmazione equilibrata e sinergica. Con scelte strategiche mirate possiamo rendere il nostro sistema energetico più sicuro e competitivo”.

Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità
Transizione Energetica: un percorso sistemico per abbassare il prezzo dell’elettricità

Comunicare la Transizione Energetica

Ma c’è un altro aspetto cruciale, spesso trascurato: la comunicazione. La transizione energetica non è solo una questione tecnica o economica, ma anche culturale e sociale. Un cambiamento di questa portata richiede che tutti i portatori di interesse – aziende, istituzioni, consumatori – siano coinvolti e consapevoli del ruolo che possono giocare.

La comunicazione istituzionale e d’impresa assume quindi un ruolo centrale. Non basta parlare di transizione energetica, bisogna renderla comprensibile, concreta e condivisa. Bisogna evitare il rischio di percepire il cambiamento come un’imposizione e trasformarlo in un’opportunità.

L’energia non è un settore in cui si può improvvisare: serve una pianificazione strutturata. È come costruire un ponte: non si può pensare solo all’inizio e alla fine del tragitto, bisogna progettare ogni pilastro con attenzione. Un approccio di lungo periodo è l’unico che può garantire risultati duraturi e benefici reali.

Un futuro energetico sostenibile e collaborativo

Se le politiche energetiche saranno guidate da una visione chiara e condivisa, se tutti gli attori – istituzioni, imprese e cittadini – faranno la loro parte, allora il prezzo dell’energia potrà scendere nei prossimi tre anni, come dimostrano anche gli studi di ENI. E con esso, l’intero sistema economico potrà beneficiarne.

Il traguardo non è solo un costo dell’energia più basso, ma un’Italia più competitiva, sostenibile e indipendente in un'Europa coesa e solidale. La transizione energetica è già in corso: il successo dipenderà da quanto sapremo lavorare insieme, con metodo, visione e responsabilità.

Happy Pricing!

 


Gli Usa e STEM: il paradosso del gigante tecnologico

Gli Usa e STEM: il paradosso del gigante tecnologico

Gli Stati Uniti sono il faro globale dell’innovazione: dalla Silicon Valley al boom dell’intelligenza artificiale generativa, il paese ha plasmato il proprio successo su una visione fortemente orientata dalla tecnologia. Tuttavia, una sfida emerge quando si guarda più da vicino il capitale umano del paese e si zooma su quello che rappresenta all’unisono l’élite e la ninfa vitale di una nazione che ha al suo centro la tecnologia di frontiera, ovvero le STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).

Ebbene nei precedenti articoli avevamo anticipato delle sorprese, eccone un’altra: in termini di laureati STEM gli USA non appaiono in buona salute. I circa 437 mila laureati in discipline STEM rappresentano solo il 21% dei laureati americani. Negli articoli precedenti abbiamo visto che questa percentuale in Germania rappresenta il 36%, mentre in termini assoluti la Cina ogni anno sforna 4.7 milioni di laureati STEM.

Le discipline STEM negli Usa

Anche il fenomeno della grande attrattività delle Università americane può, dal punto di vista della salute dal capitale umano a stelle e strisce, fornire una lettura non necessariamente positiva: oggi oltre metà dei titoli STEM negli USA sono conseguiti da studenti internazionali. In campi come informatica o ingegneria, gli studenti stranieri dominano le classi, con punte di oltre il 70% nei corsi in computer science.​ Va detto che circa 2/3 di questi laureati rimangono  a lavorare negli Stati Uniti, complessivamente, quasi un quinto della forza lavoro STEM statunitense è composta da nati all’estero.

Gli Usa e STEM: il paradosso del gigante tecnologico
Gli Usa e STEM: il paradosso del gigante tecnologico

Altro elemento critico appare essere la situazione nelle scuole pre-universitarie ( K-12). Nelle ultime rilevazione gli studenti americani fino a 18 anni hanno ottenuto risultati nella media internazionale in matematica e scienze, piazzandosi dietro molte altre nazioni avanzate​.

Sappiamo che la disponibilità di professionisti STEM è un fattore cruciale per tutte le economie moderne, e negli USA una carenza di figure tecnico-scientifiche potrebbe avere conseguenze significative su produttività e competitività.

Le imprese Usa e le difficoltà crescenti

Attualmente, le imprese americane segnalano difficoltà crescenti nel reperire lavoratori qualificati in settori tecnologici. Dopo la pandemia, con la ripresa delle attività, molti datori di lavoro hanno incontrato carenze di manodopera specializzata al punto da dover rallentare la produzione per mancanza di personale adeguato.

Gli Usa e la formazione STEM non sufficiente

Gli Stati Uniti detengono la leadership tecnologica globale in molte industrie, grazie alla combinazione di forte R&S, spirito imprenditoriale e attrazione di talenti. Tuttavia la formazione STEM domestica insufficiente può rappresentare un punto di debolezza significativo.

Chiudo consigliandovi di guardare un breve video in cui il CEO di Apple, Tim Cook, spiega il motivo per cui la sua azienda ha parte della produzione in Cina.

Happy STEM!

 


La Cina e il record nelle STEM: come Pechino sta plasmando il futuro scientifico e tecnologico

La Cina e il record nelle STEM: come Pechino sta plasmando il futuro scientifico e tecnologico

Nell’ultimo articolo abbiamo visto che in merito allo STEM il campione Occidentale è la Germania. Adesso la domanda è: chi è il leader a livello mondiale? La risposta è la Cina, l’impero di mezzo.

Negli ultimi decenni, la Cina ha ridefinito il concetto di crescita tecnologica, emergendo anche come una superpotenza nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Come sapete non è obiettivo di questo blog intervenire in temi di natura politica ma va ricordato per un corretto inquadramento delle informazioni presenti in questo articolo che la Cina non è governata secondo regole democratiche.

Il modello educativo cinese, la strategia vincente

La Repubblica Popolare Cinese ha elaborato una strategia fatta di politiche educative mirate, importanti investimenti in ricerca e sviluppo (R&D) e una stretta collaborazione con il mondo industriale. Una visione che ha consentito al Paese di scalare le classifiche globali dell’innovazione. Questo articolo esplora le chiavi del successo cinese nel mondo STEM e il suo impatto sull’economia globale.

Come detto uno dei pilastri della leadership cinese nelle STEM è il suo sistema educativo. Fin dall’infanzia, gli studenti vengono formati con un forte orientamento alle materie scientifiche e matematiche. Le scuole cinesi pongono un’enfasi particolare su matematica e scienze, tanto che il sistema di valutazione nazionale, il Gaokao, richiede prestazioni eccellenti in queste discipline per accedere alle università più prestigiose.

In Cina 4,7 milioni di laureati STEM

Secondo il World Economic Forum, la Cina produce ben 4,7 milioni di laureati STEM all’anno. Per avere un paragone in Italia questa cifra si aggira intorno a 84 mila persone e in Germania, che abbiamo visto essere il campione per l’Occidente, circa 217 mila ogni anno.

Il governo cinese ha introdotto corsi di intelligenza artificiale, programmazione e big data già nelle scuole superiori, con piani per estendere questi insegnamenti ai livelli più bassi. Parallelamente, iniziative pubbliche e private incentivano la partecipazione alle competizioni di robotica e coding, alimentando il talento STEM fin dalla giovane età.

La Cina e il record nelle STEM: come Pechino sta plasmando il futuro scientifico e tecnologico
La Cina e il record nelle STEM: come Pechino sta plasmando il futuro scientifico e tecnologico

Cina, investimenti miliardari in ricerca e sviluppo

La Cina è oggi il secondo Paese al mondo per investimenti in R&D, con una spesa di oltre 723 miliardi di dollari nel 2023, appena dietro gli Stati Uniti. Questo valore è aumentato di 18 volte rispetto all’anno 2000, segnando una delle crescite più rapide della storia moderna. Pechino destina il 2,68% del suo PIL alla ricerca scientifica, avvicinandosi agli standard delle economie avanzate come gli Stati Uniti e la Germania.

I settori principali di investimento includono:

  • Intelligenza Artificiale (IA): il governo ha stanziato fondi importanti per sviluppare algoritmi avanzati e modelli linguistici, sfidando direttamente le aziende occidentali.
  • Biotecnologie: le aziende cinesi sono sempre più protagoniste nel settore farmaceutico e delle terapie avanzate, con startup e colossi emergenti che sviluppano vaccini, farmaci e terapie geniche.
  • Energie rinnovabili: la Cina è leader nella produzione di pannelli solari, batterie per veicoli elettrici e turbine eoliche, investendo circa 890 miliardi di dollari nel 2023 in tecnologie pulite.
  • Spazio e telecomunicazioni: il programma spaziale cinese ha raggiunto traguardi significativi, come il lancio della stazione orbitale Tiangong e le missioni lunari Chang’e.

Impatto economico: l’innovazione al centro della crescita

L’ascesa della Cina nelle STEM ha avuto un impatto profondo sull’economia, almeno pari all’importanza dei capitali finanziari. Il Paese è passato da essere la "fabbrica del mondo" a una potenza high-tech, con il 30% del valore aggiunto manifatturiero globale. Oltre il 40% del PIL cinese proviene dall’economia digitale, grazie a investimenti in AI, fintech, e-commerce e tecnologie avanzate.

Le aziende cinesi sono protagoniste mondiali in settori chiave, Huawei e ZTE guidano il mercato delle telecomunicazioni e del 5G, BYD e CATL dominano il settore delle batterie e dei veicoli elettrici, Alibaba, Tencent e ByteDance innovano nel fintech, social media e Intelligenza Artificiale.

La Cina ha ormai superato gli Stati Uniti nel numero di brevetti depositati ogni anno e ha conquistato il primo posto per numero di pubblicazioni scientifiche. Le università cinesi sono salite nei ranking internazionali.

Le sfide delle aziende cinesi in IA e comunicazioni 

Nel settore IA, le aziende cinesi stanno sviluppando modelli linguistici sempre più sofisticati, avvicinandosi (e talvolta superando) le controparti occidentali. Nel 5G e nelle telecomunicazioni, Pechino è avanti nella costruzione di infrastrutture e standard globali. Anche nel settore aerospaziale, la Cina si è posta l’obiettivo di competere con NASA ed ESA, con missioni ambiziose su Marte e piani per basi lunari entro il 2030.

Il modello cinese nelle STEM è un esempio di come investimenti strategici e una pianificazione a lungo termine possano trasformare un Paese in una superpotenza tecnologica. Con una forza lavoro altamente specializzata, un ecosistema di ricerca in espansione e un’enorme capacità industriale, la Cina è destinata a giocare un ruolo sempre più centrale nelle innovazioni dei prossimi decenni.

La domanda che il resto del mondo dovrebbe porsi è: come competere con una macchina dell’innovazione così potente?

Happy STEM 

 

 


Armando Barone

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