genx futuro armandobarone

La Generazione X il ponte verso il futuro

Ogni generazione possiede caratteristiche, esperienze e influenze uniche che la definiscono. Le dinamiche intergenerazionali sono complesse e vanno oltre il semplice passaggio di conoscenze e tendenze, coinvolgendo fattori sociali, culturali ed economici.

Per definire una generazione, è fondamentale che un gruppo di individui nati nello stesso periodo abbia condiviso esperienze durante eventi di grande rilevanza. Questi eventi plasmano un sistema di valori comune e una prospettiva condivisa riguardo al futuro.

Le generazioni Baby Boomer, Generazione X, Millennials e Generazione Z comprendono le persone nate dal 1944 al 2015. In questo articolo, ci concentriamo sulla Generazione X e il ruolo dei comunicatori. La Generazione X è vissuta tra il 1966 e il 1982, un periodo in cui l'Italia ha subito trasformazioni sociali, culturali, economiche e politiche significative. Il termine "Generazione X" è stato coniato da Douglas Coupland nel romanzo "Generation X: Tales for an Accelerated Culture".

I comunicatori della Generazione X hanno svolto un ruolo di transizione tra i media tradizionali e i nuovi media. Hanno influenzato le generazioni successive con il loro stile e la loro visione. Hanno vissuto numerosi cambiamenti tecnologici nella comunicazione, dall'avvento dei personal computer e di Internet, all'utilizzo delle email come strumento di comunicazione interprofessionale, all'introduzione dei telefoni cellulari e degli smartphone, allo smart working, all'ascesa dei social media e all'economia delle app. Hanno sperimentato la transizione verso una società post-digitale.

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La Generazione X è stata un motore di cambiamento, simbolo della capacità di adattarsi e abbracciare le sfide e le opportunità offerte dai nuovi media. Hanno affrontato cambiamenti rapidi e profonde innovazioni che hanno migliorato notevolmente la qualità e lo scenario della comunicazione nel nostro Paese e nel mondo.

La visione strategica dei comunicatori della Generazione X può essere estremamente preziosa per le organizzazioni e la società nel suo complesso. Posseggono la capacità di identificare opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dalla transizione digitale e di pianificare strategie per sfruttarle al meglio. Ciò può portare a una maggiore efficienza e competitività per l'intero ecosistema.

Inoltre, la Generazione X gioca un ruolo significativo almeno su tre grandi temi:

  • il primo è legato alla stabilità e alla continuità aziendale, in un momento di elevato turn over e di grandi dimissioni.
    Infatti, Il 44% della Gen Z e il 38% dei Millennial sono disposti a cambiare lavoro per poter vivere in una diversa località, mentre solo il 27% della Gen X sarebbe disposto;
  • il secondo è un tema di connessione intergenerazionale sui temi legati al  purpose. Ad esempio, rispetto alla a fluidità di genere la Gen X si pone da collante tra i Baby Boomer e le generazioni successive. La fluidità è un tema fondamentale per il 34% della Generazione Z e per il 31% dei Millennial ma solo il 12% dei Baby Boomer da rilievo a questo tema. La Generazione X con il proprio 24% si pone da ponte culturale, mediando gli angoli provenienti dalle differenti generazioni;
  • il terzo riguarda le competenze, la Gen X è quella che più di tutte può trasferire abilità strategiche all'interno delle aziende, dal momento che per abbracciare il nuovo creando valore bisogna avere basi solide – si pensi ad esempio ai temi legati alle fake news .

In conclusione, la Generazione X rappresenta una forza in costante evoluzione e orientata verso il futuro. I comunicatori appartenenti a questa generazione sono testimoni preziosi e narratori di una trasformazione epocale che accelera ogni giorno, portando verso un futuro post-digitale.


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La Nuova Comunicazione nel post-pandemia

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la fine dell'emergenza internazionale legata alla pandemia da Covid-19.

In realtà, la pandemia ha lasciato un'impronta indelebile sulla società, avendo avuto un impatto anche sulla comunicazione, avviando ufficialmente l’era post-digitale.

Due grandi accelerazioni dovute al periodo di emergenza si sono consolidate: la maggiore focalizzazione sul digitale e l’attenzione agli aspetti umani. Questo ha generato un allineamento strategico tra comunicazione esterna e interna, fatto che nei manuali si auspicava da decenni ma con poco successo.

Infatti, con la pandemia le aziende hanno dovuto rivedere la messaggistica per allinearla alla strategia, includendo i dipendenti come stakeholder interni ed esterni, anche in riferimento alla necessità di aggiornare policy, prassi e strumenti per conciliare la sfera personale con quella professionale in un contesto cambiato e di forte stress.

Uno studio condotto dal Centre for Employee Relations and Communication (CERC) dell'Università Iulm di Milano su un campione di aziende e di responsabili della comunicazione fra luglio e novembre 2020, ha evidenziato che durante la pandemia il ruolo strategico della comunicazione interna è aumentato in modo significativo. Inoltre, è stato osservato un aumento dell'attaccamento e del senso di appartenenza dei collaboratori nei confronti dell'organizzazione.

Ma se apriamo ancora di più lo sguardo, come si dovranno muovere i comunicatori d’azienda ora che la pandemia è finita?

nuova comunicazione post pandemia

In particolare, ci sono quattro grandi variabili irrinunciabili per i comunicatori post-pandemia.

La prima è l'importanza dell'empatia come leva per l'efficacia della comunicazione. Prima del Covid-19, la connessione emotiva con il pubblico era importante, ma ora è diventata indispensabile per coinvolgere le persone. Ingaggiare il pubblico solo sul piano razionale non è più sufficiente.

L’empatia in era post-pandemica, e post digitale, è molto di più della capacità di un leader di trasmettere emozioni, oggi diventa il registro di comunicazione percettivo dove autenticità e integrità sono fondamentali. Non si può creare una comunicazione empatica senza sincerità e coerenza nel tempo, né tanto meno senza agire con integrità: non solo essere etici, ma anche dimostrarlo con coerenza attraverso azioni come la trasparenza su ciò che genera le decisioni.

La seconda variabile indispensabile per il comunicatore riguarda la personalizzazione dei contenuti e dei media. Prima della pandemia, la personalizzazione era importante soprattutto nella comunicazione rivolta a pubblici di nicchia. Oggi, invece, l'unicità è un valore primario nella comunicazione. Le persone vogliono sentirsi “speciali” e cercano contenuti che rispondano alle loro esigenze e interessi specifici, anche il medium scelto è sempre più legato a questa logica.

Non è più sufficiente avere un buon contenuto, ma deve essere un buon contenuto fatto su misura per l'utente. Questo richiede un livello di personalizzazione che molte organizzazioni non sono sempre in grado di gestire, ma vale la pena fare questo sforzo se si vuole che il pubblico si senta coinvolto dal brand.

La terza variabile riguarda le fake news. La pandemia ha dimostrato l'enorme potere delle informazioni false e la necessità di garantire una comunicazione corretta e affidabile. La rilevanza diventa fondamentale non solo per la qualità della comunicazione ma anche per la lotta alle fake news, inoltre i comunicatori hanno il compito di presidiare i punti di contatto coinvolti nelle strategie e nei piani per garantire la reputazione delle aziende.

La rilevanza aiuta a creare fiducia e credibilità per costruire relazioni tra le organizzazioni e il loro pubblico. La fiducia non è solo un sentimento individuale, ma anche una cultura organizzativa che consiste in valori e comportamenti che possono essere osservati chiaramente.

Infine, c'è una crescente domanda di eventi altamente strutturati secondo il modello ibrido. Questo modello si basa principalmente sul coinvolgimento del pubblico piuttosto che sul consumo passivo dei servizi. La chiave sta nel fatto che questi eventi possono essere "on-off", il che si riferisce a una struttura più flessibile dell'evento complessivo e delle sessioni al suo interno, che possono cambiare in base alle esigenze e ai requisiti del pubblico. Questi eventi creano nuove esigenze di comunicazione, nonché nuove modalità di coinvolgimento e di esperienza comunicativa.

In conclusione, il comunicatore, nei futuri scenari evolutivi, dovrebbe essere al centro di quella svolta che promuove nuove modalità di coinvolgimento delle audience, sempre più tecno-umano-centriche, diventando così un attore contemporaneo in un mondo che cambia ogni giorno ad una velocità mai vista prima.

Happy Innovating!


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Come sensibilizzare la Generazione Z all'educazione finanziaria

L’educazione dei nostri ragazzi non è meno importante dei grandi topic sul cambiamento: sostenibilità, transizione digitale e inclusione delle diversità. In un Paese come l'Italia, con un tasso demografico negativo e una popolazione sempre più anziana, il risparmio diventa un tema cruciale per le giovani generazioni. La Gen Z, che dovrà affrontare una vecchiaia in un contesto socio-economico più incerto rispetto a quello delle generazioni precedenti, avrà bisogno di risparmiare per garantirsi un tenore di vita adeguato. Molto interessante il focus de Il Sole 24 Plus di sabato 29 aprile dove è stata sollevata la questione del risparmio per i giovani, e in particolare per la GenZ, sottolineando l'importanza di sensibilizzare i nostri ragazzi a una cultura finanziaria sana.

Diverse ricerche di psicologia hanno dimostrato che già dai 5-6 anni si può cominciare a parlare di risparmio, anche perché questo concetto può essere legato non solo al denaro ma anche ad altre risorse finite come l’acqua, le piante e le fonti energetiche. Il futuro di ogni individuo su questa terra inevitabilmente passa attraverso la sua capacità di sostenersi finanziariamente. Allora, se è vero che l’appetito vien mangiando iniziare a consegnare alle persone sin dalla giovane età un po' di educazione finanziaria permetterà non solo di proteggere i loro futuri interessi ma di contribuire anche a plasmare un mondo migliore per tutti noi.

È nel compiere quest’importante opera educativa che tutto l’ecosistema dovrebbe esserne coinvolto: mondo finanziario, Istituzioni ma anche i brand che nell’era del purpose svolgono un importante ruolo.

A proposito di brand e del ruolo educativo in ambito finanziario, una recente survey di Ogilvy & Trend Media, ha rilevato che il 79% della Gen Z vorrebbe vedere i brand offrire maggiori opportunità di formazione, educazione e corsi di finanza personale attraverso i loro programmi di appartenenza o di fedeltà.

La cultura finanziaria risulta essere molto scarsa tra i consumatori della generazione Z. Il 79% dei consumatori di questa generazione e il 34% dei millennials considerano le finanze come la principale fonte di stress, e molti della generazione Z si sentono in colpa o pentiti per le spese effettuate, sensazioni che sono amplificate dalla natura impulsiva del commercio in-app. Inoltre, a causa del difficile clima economico attuale, i consumatori della generazione Z e dei millennials ritengono che la gestione delle finanze personali e l'economia domestica debbano essere le principali priorità dei programmi di studio delle scuole superiori.

Questo scenario meriterebbe una strategia di crescita sostenibile che possa guadagnare la fiducia delle Gen Z. Questo si potrebbe ottenere attraverso l'utilizzo di strumenti, prodotti e campagne che soddisfino il loro bisogno di sicurezza finanziaria.

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Presidiare e guidare con l’educazione finanziaria rivolta ai giovani non solo è importante da un punto di vista etico ma probabilmente è quello che si aspettano da noi comunicatori i nostri ragazzi e le loro famiglie. Può essere particolarmente efficace aiutare le giovani generazioni con la comunicazione ad acquisire le conoscenze, le competenze e le abilità di cui hanno bisogno per avere un rapporto sano con il denaro.

Proprio i nostri ragazzi, nativi digitali sono più esposti a fake news e a flussi di notizie convogliate da fonti diverse, certamente non tutte affidabili. Per controbattere alle notizie false, spesso celate all’interno di canzoni trapper o tra i social media, è fondamentale una contro comunicazione Istituzionale trasparente, propositiva, risolutiva e soprattutto costruttiva. L'influenza dei social media e dei testi di musica trapper, che spesso promuovono uno stile di vita basato sul consumismo e sulle spese eccessive, può portare i giovani a pensare che il denaro sia un fine in sé, invece che uno strumento per raggiungere obiettivi concreti.

Per affrontare questo problema, è necessario aumentare la formazione finanziaria a tutti i livelli e sensibilizzare i giovani sulla necessità di imparare a gestire il proprio denaro in modo responsabile. È importante promuovere una cultura finanziaria positiva, che valorizzi la responsabilità, la pianificazione e la gestione oculata del denaro. Inoltre, è importante utilizzare i media e i canali di comunicazione, ciò può includere la produzione di contenuti educativi sui social media, la creazione di app per l'educazione finanziaria, e l'organizzazione di eventi e workshop sulla finanza personale.

Poi c’è anche un tema di una cultura finanziaria che è cambiata rispetto al passato, ed è importante che i giovani di oggi conoscano i principi anche della finanza etica e siano consapevoli delle opportunità che questa offre. Ciò può aiutarli a sviluppare un approccio più consapevole alla gestione del denaro e ad adottare comportamenti finanziari responsabili. Inoltre, può anche offrire ai giovani opportunità di lavoro e di carriera, in settori come l'imprenditoria sociale.

Interessante è la case study di 'From Pinning to Planning', una campagna congiunta di Pinterest e del fornitore di servizi finanziari Northwestern Mutual, che mira a dare potere agli utenti dei social media per realizzare le loro ambizioni di vita. Dopo aver risposto a un quiz basato sulla personalità, gli utenti di Pinterest vengono designati con una delle otto personalità (che vanno dalla sposa alla moda alla restauratrice creativa), con Northwestern Mutual che fornisce quindi consigli passo-passo per raggiungere i loro obiettivi. Attraverso la campagna, lanciata nel marzo 2023, i due partner sperano di demistificare la pianificazione finanziaria per i consumatori della generazione Z - il gruppo demografico in più rapida crescita su Pinterest.

Un ruolo importante nell’educazione dei giovani lo avrà anche l’intelligenza artificiale; infatti, le applicazioni finanziarie alimentate da AI stanno svolgendo un ruolo significativo nell'evoluzione del settore finanziario, migliorando il servizio ai clienti, ottimizzando i costi e offrendo nuovi prodotti di valore. L'AI sarà il principale modo di comunicazione tra la Generazione Z e le istituzioni finanziarie, e includerà tutto, dai chatbot alla rilevazione delle frodi all'automazione delle attività.

In conclusione, la distorsione del linguaggio finanziario che spesso si riscontra può avere conseguenze negative sulla cultura finanziaria dei giovani. L'importante è aumentare la formazione finanziaria e consegnare una comunicazione positiva, che valorizzi la responsabilità e la gestione oculata del denaro, aiutando così i nostri ragazzi a prendere decisioni finanziarie intelligenti e raggiungere i loro obiettivi nella vita.

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Formazione nell’era post-digitale: prepariamoci al futuro

Non è un segreto che il mondo stia cambiando più velocemente che mai e continuerà a farlo in questi anni.

Un grande trasformatore che ci prepara a un futuro diverso e imminente ci permetterà di contare su cittadini dotati di talento e sul desiderio di inventare il futuro.

L’era post digitale che è arrivata ha scatenato un’ondata di cambiamenti tecnologici, economici e sociologici non meno imponenti di quelli che nel ventesimo secolo hanno scosso il mondo.

Lo status quo finora costituito è in possesso di nuove potenzialità finora inimmaginabili.

È prevedibile pensare d’altro canto che la società post digitale se non viene accompagnata dalla crescita dell’economia con nuove competenze sarà assediata da crescenti disuguaglianze e perturbazioni occupazionali indesiderate.

L’innovazione porta sempre con sé prosperità ma anche pericoli qualora non ci si prepari al cambiamento.

Per capire dove è diretta l’innovazione è necessario guidarla, non procede da sola, non ha un pilota automatico. Richiede un impegno costante e continuativo nel processo.

Per guidare l’innovazione dobbiamo preparare nuove competenze, istruire i nostri ragazzi, rafforzare il sistema scuola.

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Quasi tutti i settori toccati dal PNRR che non riescono a spendere i fondi per carenza di risorse umane, mi fa pensare a quanto sia importante la gestione del capitale umano con una visione di lungo periodo e con alla base una logica di apprendimento continuo. Non possiamo permetterci proprio ora di svalorizzare il capitale umano, anche in reazione ai periodi di crisi. E’ sempre più evidente che bisogna 'approfittare' dei cicli economici negativi per 'aumentare' le capacità delle persone e consentire loro non solo di rientrare nel mercato del lavoro ma di rientrarvi creando maggiore valore aggiunto.

La società post-digitale sarà sempre più guidata dall'uomo.

Quindi:

  • Le scuole e le università devono comprendere l'importanza di fornire una formazione in settori quali l'intelligenza artificiale, la robotica e la scienza dei dati.
  • La pubblica amministrazione deve essere più ricettiva al cambiamento e identificare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e innovazioni.
  • Le organizzazioni private devono tenere conto del fatto che i cambiamenti sono inevitabili e trovare il modo di adattare il proprio modello di business per rimanere competitive.

Con le industrie del futuro, le nuove prospettive di opportunità per il Paese e per gli individui si baseranno su competenze digitali.

Per capire cosa sono le competenze digitali nel macrosistema e in relazione alle industrie del futuro si consideri la seguente domanda:

Perché una percentuale incredibilmente alta di aziende viene ancora dalla Silicon Valley quando in tutto il mondo si fanno massicci investimenti per entrare in concorrenza?

Tra i molteplici fattori quello legato alle competenze appare ancora tra i più importanti.

Da oltre vent’anni le migliori menti del digitale hanno stabilito la loro base nella Silicon Valley creando una vera e propria cultura della tecnologia in quel territorio. La Silicon Valley ha finito per diventare, grazie allo sviluppo delle competenze tecnologiche, non semplicemente un centro industriale, ma un faro, che offre opportunità, senso di appartenenza e che ancora oggi continua ad attirare ondate di ambiziosi imprenditori.

Il legame tra scuola, nuove competenze e distribuzione geografica focalizzato sul capitale umano rappresenta uno schema di grande opportunità per il nostro Paese, territorio fatto di molteplici eccellenze produttive ma che ancora soffrono di “nanismo” industriale che potrebbe essere superato abbracciando le opportunità della società post digitale.

Contribuire a ribadire l’importanza dell’evoluzione delle competenze, affrontando i temi spinosi e da risolvere legati all’etica credo rappresenti il più importante contributo che i professionisti della comunicazione possono offrire per la creazione di una società post digitale sostenibile.


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Comunicare per comprendere il Valore del Cambiamento

A parte essere molto orgoglioso di ricevere questo premio, voglio condividere con voi una riflessione che mi accompagna quotidianamente: come deve evolvere la strategia di comunicazione in un’epoca di accelerazione esponenziale delle tecnologie, quando l’oggetto del messaggio è la tecnologia stessa?

Penso che la strategia di comunicazione debba mirare ad aiutare le organizzazioni e le persone nel comprendere il valore del cambiamento attraverso la sperimentazione del beneficio che l’adozione delle nuove tecnologie può fornire, vantaggi spesso difficilmente immaginabili.

L’esperienza permette alla comunicazione di passare dallo storytelling allo storydoing e quindi di abilitare un racconto in grado di stimolare le corde della soddisfazione del bisogno delle organizzazioni e delle persone.

Così è stato per i media coinvolti nella Tech Vision 2022, intervenuti a toccare con mano l’impatto del Metaverso sulla vita quotidiana e su un settore specifico, quello dell’editoria abilitando successivamente il racconto.

Comunicare l'innovazione in maniera “POP” significa rendere accessibili e comprensibili le nuove tecnologie per un pubblico vasto. Grazie al suo linguaggio diretto, e ai suoi contenuti coinvolgenti e pratici, questo approccio incoraggia l'accettazione del cambiamento.

Negli ultimi anni si è assistito ad un'accelerazione senza precedenti nella storia. La fase di maturazione contemporanea di nuove tecnologie convergenti come il cloud, l'intelligenza artificiale, l'internet delle cose, la blockchain, la realtà virtuale e aumentata, e tanti altri, ha avviato ad una rapida trasformazione di molte industrie e settori, generando nuove opportunità ma anche nuove sfide e problemi da affrontare.

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È umano che in questa fase prevalga un sentimento bivalente di odio-amore nei confronti del cambiamento. Per questo ritengo che contribuire ad una consapevolezza diffusa sia non solo utile ma doveroso.

Nel passato la distanza temporale tra una rivoluzione tecnologica e l'altra era generalmente molto più dilatata rispetto ai giorni nostri. Ad esempio, la rivoluzione industriale del XVIII e XIX secolo ha portato a grandi cambiamenti nel modo in cui le merci venivano prodotte, trasportate e distribuite, e ha rappresentato una trasformazione radicale per molte società dell'epoca. Tuttavia, la rivoluzione tecnologica successiva, cioè l'introduzione del telefono, dell'automobile e dell'elettricità, non si è verificata fino al XX secolo.

Al contrario, negli ultimi decenni abbiamo assistito a una rapida accelerazione del cambiamento tecnologico, che ha portato all'introduzione di nuove tecnologie e innovazioni a ritmo sempre più sostenuto. Ad esempio, l'avvento di internet ha avuto un impatto significativo sulla società e sull'economia in generale, e la sua evoluzione ha portato velocemente all'introduzione di successive e nuove tecnologie come i dispositivi mobili, la cloud computing, i social network, l'intelligenza artificiale e la blockchain. Adesso stiamo vivendo l’avvio della società post – digitale.

Se rifletto sulla mia generazione, quella dei comunicatori nati negli anni settanta, è stata la prima a vivere completamente immersa nella transizione tra l’era analogica e quella digitale e a sperimentare l'accelerazione tecnologica in prima persona. A partire dagli anni '80, con l'introduzione dei primi personal computer, si è assistito ad una rapida evoluzione della tecnologia, che ha rivoluzionato il modo in cui le persone lavorano, comunicano e si divertono.

La generazione degli anni '70 ha dovuto imparare ad adattarsi a questa nuova realtà ed ha il bagaglio necessario per affrontare la comunicazione dell’era post-digitale.

La comunicazione per generare impatto deve interiorizzare la capacità di ruotare dinamicamente verso il nuovo per personalizzare le progettualità e mantenere l'attenzione del pubblico. A mio parere gli asset di questa strategia sono:

Utilizzo di nuovi canali di comunicazione: sperimentare i nuovi canali di comunicazione, come metatarso, realtà aumentata, social media, podcast, video e piattaforme di messaggistica istantanea, permette di raggiungere i pubblici che si informano in maniera sempre più frammentata.

Ricerca delle ultime tendenze: monitorare le tendenze emergenti nel settore della comunicazione, sia in termini di contenuti che di strumenti e tecnologie, consente di essere sempre all'avanguardia e di avviare sperimentazioni sostenibili e misurabili.

Raccolta e analisi dei dati: utilizzare dati e analisi per comprendere meglio il comportamento del pubblico e le sue preferenze consente una comunicazione più rilevante e coinvolgente per ciascun individuo.

Storytelling esperienziale ovvero storydoing: sperimentare nuovi modi di raccontare e presentare informazioni può aiutare a mantenere il pubblico interessato e ad attirare l'attenzione su temi importanti. Ad esempio, si può utilizzare la realtà virtuale o aumentata per creare esperienze immersive. Fare toccare con mano l’innovazione nell’epoca post-digitale è un modo potentissimo per ridurre le resistenze e fare emergere i benefici.

Ascolto adattivo: una competenza che considero di crescente rilevanza è la capacità di adattamento del proprio stile di ascolto alle diverse situazioni e alle esigenze del comunicatore. Questa abilità consente di comprendere meglio il messaggio dell'interlocutore, elaborarlo rispetto al contesto attuale e di rispondere in modo appropriato.

Collaborazione e co-creazione: coinvolgere i pubblici nel processo di creazione dei progetti può portare a una comunicazione più personalizzata e coinvolgente. La co-creazione permette di sviluppare contenuti che rispecchino le esigenze e le preferenze del pubblico.

Formazione continua: investire nella formazione e nello sviluppo delle proprie competenze consente di essere pronti a cogliere le nuove opportunità che si presentano e di rimanere rilevanti presso gli stakeholder.

Team: un team con una forte leadership individuale e competente fa la differenza nel realizzare la strategia di comunicazione in modo più efficace ed efficiente. Questo contribuisce a migliorare la qualità e la rilevanza della comunicazione.

In conclusione, il riconoscimento Forbes Top Quality ha premiato non solo me e il mio team ma l'importanza della comunicazione nell'era post- digitale, un elemento strategico per contribuire al coinvolgimento dei pubblici nell’accogliere il cambiamento focalizzandosi sui vantaggi che l’innovazione può fornire e consentire ai leader di affrontare e risolvere i nodi che il cambiamento pone sulla base di un consenso diffuso.

 


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La "nuova scuola" e la sfida del Cambiamento

Il settore della scuola deve adattarsi ai continui cambiamenti. Negli ultimi cento anni la scuola e l'istruzione italiana hanno visto una rapida evoluzione.  Da singole scuole a reti estese, da una lingua a più lingue, dall'istruzione obbligatoria alla libera scelta delle scuole, da aule isolate ad ambienti di apprendimento basati sulla tecnologia, da un insegnamento incentrato sull'insegnante a un apprendimento incentrato sullo studente, da risultati rigidi all'acquisizione di conoscenze basate su approcci di apprendimento attivo.

Quindi, la scuola deve continuare il proprio processo di adattamento facendo anch'essa i conti con un fenomeno mai visto nella storia: l'accelerazione esponenziale delle tecnologie disponibili. Un fenomeno che genera almeno 3 sfide contemporanee: la necessità di rivedere i percorsi formativi per orientare e formare i giovani su skill totalmente nuovi; aggiornare le modalità di erogazione del sapere; rivedere l'apparato burocratico per andare incontro ad un cliente/studente nativo digitale. Il tutto ad una velocità compressa, a cui la PA ma non solo, non è abituata.

La "nuova scuola" dovrà seminare un germoglio del tutto nuovo: l'apprendimento costante. La società accelerata dalle tecnologie deve essere orientata al cambiamento costante e quindi alla necessità di aggiornare in maniera dinamica le proprie competenze. Bisogna inquadrare questa come una sfida prioritaria e da vincere. L'Italia è un Paese con un tasso demografico decrescente ed un livello di capitale umano istruito in calo. Al contrario il mondo sta orientando sempre di più la competizione sul sapere, con i grandi player demografici che stanno sempre più proponendosi come riserva di talenti per il mondo occidentale. In un altro articolo abbiamo visto come l'India stia investendo e guadagnando spazio.

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La tendenza va quindi velocemente invertita facendo leva sulle tante eccellenze distribuite sul territorio che devono adesso contribuire a creare un sistema pubblico/privato che sappia generare valore su numeri decisamente più grandi.

Sembra andare in questa direzione il Programma Scuola e Competenze. Finanziamenti ingenti, risorse di fondi europei che si affiancano al PNRR e lo potenziano, un grande salto in avanti per tutto l'ecosistema educativo.

Quasi 3,8 miliardi di euro, uno stanziamento record, una parte importante destinata al rafforzamento delle competenze della comunità scolastica e alla lotta alla dispersione e un'altra interessa invece il finanziamento delle infrastrutture (laboratori, mense e palestre, dispositivi per la didattica).

Tra le principali azioni previste c'è il potenziamento delle competenze di base e delle discipline STEM, la lotta alla povertà infantile, l'inclusione e il contrasto alla dispersione scolastica.

Nei prossimi anni si attueranno azioni per sostenere i bambini e i giovani nell'apprendimento e questo sarà portatore di entusiasmo, fiducia e ambizione. Ciò comprenderà il sostegno allo sviluppo delle competenze di base e delle discipline STEM nella scuola primaria e il contributo alla lotta contro la povertà infantile, alla lotta contro l'abbandono scolastico e all'inclusione.

Sembra quindi che ci stiamo mettendo finalmente alle spalle un lungo periodo di disinvestimenti nella scuola, sicuramente uno dei fattori chiave per spiegare le difficoltà di un paese in difficoltà da troppi anni.


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Lo sport, opportunità di crescita personale e professionale che vale oro

Lo sport è un'attività che va ben oltre il puro divertimento e l'agonismo: rappresenta una fonte di formazione per i giovani, un'opportunità di crescita personale e un'importante industria a livello globale. 

Investire in uno sportivo può infatti rappresentare un'opportunità di ritorni tangibili, non solo in termini di successo atletico, ma anche di sviluppo personale e professionale. È uno strumento potentissimo di individuazione e sviluppo del talento.

Lo sport, infatti, aiuta a definire una serie di competenze e attitudini differenzianti. Alcune di queste includono l'autodisciplina, la capacità di lavorare in team, l’individuazione delle priorità, la determinazione e la capacità di gestire lo stress. Cosa non di poco conto in periodi di burnout.

Inoltre, lo sport genera entrate ragguardevoli. Infatti, la filiera del sistema sportivo è molto lunga e complessa e coinvolge molti. È un'industria che copre un variegato numero di attività e servizi strettamente interconnesse che dipendono l'una dall'altra.

Un vero e proprio ecosistema!

Guardando ai diversi modelli sportivi dei Paesi europei, possiamo notare che ci sono differenze significative nella valorizzazione degli atleti.

Il modello americano appare senz’altro il riferimento, anche dall’alto del primato di ben 1.133 medaglie vinte negli ultimi 20 anni alle Olimpiadi. 

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Negli Stati Uniti, lo sport è parte integrante del modello educativo e molti giovani atleti seguono un percorso di sviluppo che prevede la combinazione tra attività sportiva e studi accademici. Le Università americane investono in modo significativo nello sport e offrono ai loro studenti-atleti opportunità di sviluppo sia accademico che sportivo.  

In questo modo, i giovani che intraprendono un tale percorso, hanno la possibilità di sviluppare le loro capacità sportive senza sacrificare gli studi, e allo stesso tempo acquisiscono competenze che possono essere utili nella vita professionale. Secondo i dati più recenti della NCAA (National Collegiate Athletic Association) il 90% degli atleti universitari a tempo pieno che hanno iniziato il college nel 2014 è riuscito a laurearsi entro sei anni. Ciò dimostra come lo sport possa essere un’importante fonte di formazione per i giovani, e come investire in un futuro sportivo possa rappresentare un’opportunità di ritorni tangibili.

Non meraviglia che gli atleti americani sappiano distinguersi anche nelle attività imprenditoriali: Michael Jordan, laureato in geografia all’University North Caroline, ha un capitale stimato da Forbes di 2.1 miliardi di dollari. Cifra mostruosa accumulata attraverso le molteplici attività commerciali del cestista. LeBron James, che ha preferito fermarsi al diploma, ha investimento con successo in diversi settori raggiungendo in questo modo un capitale di 500 milioni di dollari.

Il sistema americano sembra inequivocabilmente indicare che la combinazione sport-formazione crea ricchezza per il Paese.

L'Italia, con un deficit di capitale umano sempre più allarmante, potrebbe guardare allo sport da questo punto di vista? Le Olimpiadi del 2026 a Milano e Cortina potrebbero dare lo start ad un nuovo corso?

L’evento sarà un’occasione unica per il nostro Paese di creare crescita sostenibile, valorizzando i nostri talenti attraverso il sistema sportivo investendo, quindi, in persone e non solo in infrastrutture e servizi.

In conclusione, lo sport è una grande opportunità per far crescere i nostri ragazzi, per creare valori solidi e aumentare la ricchezza del Paese. 


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La fuga dei talenti nella comunicazione italiana: cause e soluzioni per il futuro

Non è un segreto che l'Italia sia da tempo alle prese con il problema della fuga dei talenti. Nonostante viviamo in un Paese incredibile, con una storia e una cultura ricche che lo rendono un luogo ideale per vivere, Il Sole 24 ore qualche giorno fa ha segnalato che l'8% dei laureati italiani lascia il Paese per cercare migliori opportunità all'estero, e questo fenomeno rischia di interessare anche il settore della comunicazione. Ma perché questo accade? E cosa si può fare?

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento del numero di studenti che scelgono di frequentare corsi di laurea legati alla comunicazione. Un numero forse eccessivo che rimanda al tema del deficit nell’orientamento dei giovani, argomento che merita certamente un approfondimento separato.

In Italia, i laureati in comunicazione devono spesso affrontare una serie di sfide, tra cui la mancanza di opportunità di lavoro, i salari bassi e lo scarso utilizzo delle competenze acquisite durante gli studi nonché alcuni gap formativi su dei basic come ad esempio le lingue straniere. Questo scenario rende sempre più difficile per i giovani di talento costruirsi una carriera soddisfacente e gratificante nel proprio Paese.

Secondo i dati forniti da LinkedIn ed Eurostat, molti laureati italiani scelgono di iniziare la propria carriera all'estero. Le destinazioni più gettonate sono Germania (21%), Regno Unito (13%), Svizzera (10%), Francia (9%) e Danimarca (8%).

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La ragione principale di questa tendenza è semplice: l'elevato tasso di disoccupazione giovanile. Sebbene l'Italia abbia tassi più bassi rispetto ad altri Paesi del Sud Europa come la Grecia o la Spagna, soffre ancora di alti livelli di disoccupazione giovanile (circa il 40%). Inoltre, molti laureati non riescono a trovare un lavoro che corrisponda alla loro qualifica. Questo contesto, unito al fatto che i salari medi e le possibilità di carriera all’estero sono sensibilmente più alti, è facile intendere il motivo per cui l’ipotesi di lavorare all'estero risulti sempre più attraente per i nostri ragazzi.

In un mondo alle prese con una spirale inflazionistica il tema salari diventa centrale nella “guerra dei talenti”. I giovani laureati partono attratti dalle migliori opportunità offerte all’estero, soprattutto in termini di retribuzioni e prospettive di carriera. All’estero c’è una minore incidenza del lavoro autonomo. Solo il 4,6% lo sceglie fuori dai confini nazionali, contro il 13% in Italia. Rapporto opposto per i contratti a tempo indeterminato: 51,8% all’estero, 27,6% in Italia. A pesare, forse più di tutto, è la questione economica. Chi si trasferisce, a uno anno dalla laurea, ha una retribuzione mensile di circa 1.963 euro mensili netti. Contro i 1.384 euro percepiti in Italia. A cinque anni, poi, quasi non c’è paragone. Oltre 2.350 euro all’estero, appena 1.600 in Italia. (Fonte: studio del Sole 24 Ore su dati Miur e Istat).

Per fermare questa tendenza, la fuga di laureati, l'Italia deve investire nella formazione e nel miglioramento delle competenze dei giovani tanto quanto nelle capacità di offrire maggiori opportunità e salari più vicini alla media europea. È senz’altro una sfida che il Paese può vincere cogliendo le opportunità che il PNNR offre di creare infrastrutture ed adeguare i servizi ed innalzare il quoziente tecnologico ai migliori standard, condizione necessaria per rimanere nella parte di Occidente industrializzato che compete sul valore.

Differentemente il destino è segnato, il fenomeno che abbiamo oggi finalmente riconosciuto diventerà strutturale e i nostri talenti naturalmente andranno nei paesi il cui mercato li accoglierà alimentando negativamente la spirale di perdita di competitività del Sistema Paese.

Happy Innovating!


gender gap armandobarone

Gender Gap, una sfida che richiede soluzioni concrete

È ammirevole il coraggio delle donne iraniane che stanno sfidando la teocrazia che domina il loro paese. Il regime dell’Ayatollah teme l’emancipazione femminile come uno dei pericoli più concreti contro il potere. Stessa cosa accade nell’Afghanistan dove i talebani, appena ritornati alla guida, hanno prioritizzato la lotta all’istruzione delle donne. Ma perché tanto accanimento? È evidente che ad una maggiore partecipazione delle donne alla vita culturale e produttiva dei paesi corrisponde maggiore benessere e democrazia. Non è un caso che le prime posizioni nell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (UNDP), un rapporto che monitora annualmente la qualità della vita, sono stabilmente assegnate a paesi che hanno un tasso di occupazione femminile alto.

L’occidente è un faro per i diritti civili e il contrasto alle differenze di genere rappresenta una priorità nell’agenda di tutti i leader. Ciò accede anche in Italia, che sconta un forte ritardo con un tasso di occupazione femminile di circa 50% a fronte di una media UE di oltre 60% e con picchi superiori a 70% in Norvegia.

Credo che le radici di questo ritardo siano prima di tutto culturali. In Italia le donne sono 31,4 milioni di persone, gli uomini invece 29,6 milioni. Ebbene quante donne completano il ciclo di studi fino alla laurea? Circa 220 mila. Gli uomini sono invece solo 187 mila. La logica vorrebbe quindi che il mercato del lavoro di un Paese sviluppato il genere che rappresenta più laureati veda la maggiore rappresentazione. Invece, viceversa, il tasso di occupazione femminile è, come detto sopra del 50% mentre quello degli uomini del 62.5%.

Cosa genera questa distruzione di valore se non un bug nel processo culturale di indirizzo e valorizzazione del talento femminile?

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È un punto che il PNRR sembra avere colto. Il progetto prevede una serie di azioni che affrontano alla base il problema. Sono previsti importanti investimenti per la realizzazione di asili nido, l’evasione scolastica, l’orientamento allo studio, l’introduzione di nuove metodologie di studio, nuove politiche di equilibrio vita privata e lavoro, formazione ad hoc, politiche di inserimento.

Nella speranza che il PNRR nella sua fase di delivery non tradisca gli impegni è necessario che il settore privato continui nell’investire nella chiusura del gender gap.

Non mancano progetti di grande portata come quelli promossi dalla Fondazione Valore D oppure il programma di Diversità e Inclusione della mia Accenture.

Bisogna quindi riuscire ad accendere una sinergia in grado di portare gli esempi di eccellenza in una fase che possa generare grandi numeri.

Guardando all’estero, sempre a proposito di impegno collettivo,

Un caso interessante è quello di GrubHub che dimostra come le aziende possano utilizzare le loro risorse per supportare le donne e ridurre il divario di genere. Il progetto RestaurantHER, lanciato in occasione del Mese della Storia delle Donne, ha creato una mappa digitale per evidenziare i ristoranti gestiti da donne, con l'obiettivo di aumentare il business per le proprietarie femminili e di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare. Grazie a questa iniziativa, le donne proprietarie di ristoranti hanno ricevuto un maggiore sostegno e visibilità, incoraggiando altre donne a intraprendere carriere in questo settore.

Tuttavia, il caso di GrubHub evidenzia anche la necessità di affrontare il divario di genere nell'industria alimentare e in altri settori. Secondo Grubhub, solo il 20% dei cuochi sono donne, un dato che mette in luce l'importanza di promuovere l'uguaglianza di genere anche in settori tradizionalmente considerati maschili. Inoltre, il progetto RestaurantHER dimostra come le aziende possano collaborare con organizzazioni di donne per promuovere la parità di genere e l'accesso alle opportunità.

La parità di genere è senz’altro un impegno da perseguire senza se e senza ma e bisogna realizzare che nell’affrontare questo determinante diritto stiamo percorrendo una delle maggiori leve di crescita per il Paese. Infatti, secondo una stima dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), se l'Italia aumentasse il tasso di occupazione delle donne dal 50% al 60%, potrebbe generare un aumento del PIL di circa l'1,2% nel medio termine (circa 10 anni) e di circa il 2,3% nel lungo termine (circa 20 anni).

Innovare fa bene e conviene.


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India, come il capitale umano qualificato traina la crescita del paese

L'India è uno dei paesi più grandi del mondo, con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone. È anche una delle economie che si sta sviluppando più velocemente, con un tasso di crescita del PIL costantemente tra i più elevati negli ultimi anni. Uno dei fattori chiave del successo è la sua imponente forza lavoro altamente qualificata, che include ingegneri, scienziati, programmatori e altri professionisti specializzati.

Nonostante la presenza di una grande povertà nel paese, l'India ha un sistema d'istruzione molto ampio, diversificato e in grado di gestire numeri elevatissimi.

Secondo le statistiche, questo Paese immette sul mercato del lavoro ogni anno due milioni di laureati di cui circa mezzo milione ingegneri. Per renderci conto del valore di queste cifre basta constatare che in Italia il numero complessivo di ingegneri è di circa 250 mila persone. Un risultato notevole, considerando le molte sfide da affrontare, tra cui la povertà, la disuguaglianza e la mancanza di infrastrutture di base in alcune parti del territorio. Tuttavia, nonostante queste sfide si è riuscito a creare un capitale umano differenziante, che diventa il miglior alleato per la stessa crescita economica.

La maggior parte delle scuole e delle università sono gestite dal governo, anche se ci sono scuole e Università private di alto livello. C’è anche un gran numero di istituti tecnici e di ricerca, tra cui l'IT (Indian Institutes of Technology), che sono considerati tra le migliori scuole di ingegneria del mondo.

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Un sistema di istruzione oggetto di investimenti crescenti, molto orientato alla specializzazione e alla sperimentazione di metodi innovativi, con tanti studenti che scelgono di concentrarsi su aree specifiche come l'ingegneria, la medicina, l'informatica e così via. Ciò significa che i giovani che escono dalle scuole e dalle Università sono in grado di contribuire immediatamente al fabbisogno di industrie e alle organizzazioni del paese.

Con l’obiettivo di avere un capitale umano in grado di gestire positivamente le discontinuità macro-economiche è molto attiva la collaborazione pubblico-privato. Le aziende, infatti, investono percentuali importanti dei loro ricavi per programmi di formazione e di sviluppo dei dipendenti.

La strategia dell’India appare avere il chiaro intento di rendere il Paese molto attraente per il mercato e per gli investitori. I dati aiutano ad inquadrare la strategia.

Già nel 2018 il rapporto “Educational at glancer 2021”, confermava che il 34% dei laureati indiani avevano completato un corso di laurea in una disciplina STEM. Questo accadeva nel momento in cui l’Europa si fermava al 24% e gli Stati Uniti ristagnavano in un povero 11%. Aggiungiamo a questo che mentre i paesi occidentali invecchiano secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, i due terzi della popolazione indiana ha meno di 35 anni.

Possiamo quindi affermare che l’India ha deciso di mettere a disposizione dell’economia mondiale un'enorme riserva di talento giovane.

Ma non solo. Anche gli investimenti nell'innovazione e nella ricerca stanno crescendo rapidamente, con molte aziende, start-up e istituzioni che collaborano per sviluppare nuove tecnologie e prodotti. Questi sforzi di innovazione stanno contribuendo a posizionare l'India come una delle principali potenze tecnologiche del mondo, e molte organizzazioni indiane stanno guadagnando una reputazione globale per la loro innovazione e la loro capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti in corso.

È strabiliante costatare come un paese con un reddito medio annuo di poco più di 2 mila dollari sia stato in grado di darsi una strategia tanto lucida ed efficace per proiettarsi nel nuovo millennio.

Certamente il caso India è molto interessante visto dall’Italia, che ha la grande occasione di affrontare alcuni di questi temi attraverso gli investimenti previsti dal PNRR. Comunicare l’innovazione è quindi sempre più importante per contribuire a tenere alta l’attenzione su una sfida che può determinare il posizionamento del Paese nel contesto mondiale dei prossimi decenni.


Armando Barone

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