competenze futuro | AB

Valorizzare le competenze per un nuovo futuro

Avere un capitale umano adeguatamente formato è sempre stato il fattore differenziante per l’individuo e per la società nel suo complesso. In un’epoca di grandi cambiamenti è importante ribadirlo per non lasciare i canali di comunicazione in balia di messaggi che rischiano di rallentare i processi di innovazione.

Per questo ritengo ammirabile chi sa delineare una visione nuova, in grado di portare la conversazione su un altro livello. È quello che ha fatto il prof. Romano Prodi che sulle colonne de Il Sole 24 ore ha lanciato l’idea di una grande operazione culturale che valorizzi l’asse del Sud: costruire nuove università mediterranee per cambiare visione. Il progetto è naturalmente complesso ma chiaro: almeno venti università nuove, fondate ciascuna insieme da un ateneo europeo («all’inizio Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo») e da un ateneo dell’Africa, ciascuna con la metà dei professori di una sponda del Mediterraneo e l’altra metà dell’altra sponda, con la stessa proporzione fra gli studenti e con l’obbligo che ogni laureando trascorra la metà del tempo degli studi in una sede e l’altra metà nella seconda sede. Un gemellaggio culturale in grado di spostare l’asse di problemi bloccati da anni facendo leva sul capitale umano.

Esiste una vera e propria economia della competenza con la quale si intende l'utilizzo degli skills dell’individuo per generare valore, oggi con particolare attenzione a tematiche come tecnologia, relazioni umane, comunicazione, trasformazione, sostenibilità, e utilizzo della conoscenza in ogni sua forma.

competenze futuro | AB

Nessun Paese con scarse competenze e capitale umano può far crescere il proprio PIL e trasformarsi come è necessario per il nostro sistema produttivo. Dovremmo darci un paniere delle competenze che misuri il tasso di capitale umano e con il passare degli anni si aggiorna. Escono alcune competenze primarie e subentrano nuove competenze che rappresentano meglio l’ecosistema attuale.

Tanto più un sistema economico soddisfa la domanda legata al capitale umano tanto più il reddito e il benessere migliora. Un recente studio sul mercato del lavoro UK ha stimato in oltre 6 punti percentuali di PIL aggiuntivo la capacità del sistema britannico di produrre le necessarie figure professionali. Qualora questa condizione non si dovesse realizzare la spirale bassi salari, bassi livelli di produttività, calo del PIL porterebbe ad una raccolta di tasse da parte dello Stato di almeno il 10% con conseguenti tagli ai servizi e al sistema di welfare.

Nell’ambito del settore in cui opero, quello delle comunicazione, posso testimoniare quanto ogni giorno per raggiungere risultati soddisfacenti sia necessario guardare alle nuove competenze come un gap da colmare in fretta e con consapevolezza. La trasformazione guidata dalle tecnologie sta plasmando il nostro lavoro di comunicatori, dobbiamo essere più istantanei, personalizzare sempre di più, ed essere inclusivi per cogliere anche le sfumature che spesso corrispondono alla sostanza.

Il successo di un team appare oggi sempre più legato alla sommatoria delle competenze hard e soft dei singoli membri; il fattore umano è una risorsa preziosa il cui valore è collegato alla qualità del gruppo di lavoro ed è quindi uno strumento competitivo importante dal quale dipendono i risultati complessivi dell’organizzazione e della società.

La centralità della persona è ormai generalmente riconosciuta per assicurare il mantenimento e lo sviluppo dell'azienda; per vincere la sfida del futuro non basteranno tecnologie avanzate, o modelli gestionali perfetti sarà necessario disporre di risorse umane in grado di navigare i cambiamenti in maniera fruttuosa per se stessi e l’ecosistema.

Happy Innovating!


La relazione tra Brand e persone si basa sulla fiducia

Svolgo questo meraviglioso lavoro da più di vent’anni e mai come oggi le sfide da affrontare sono significative. Lo scenario economico, geopolitico e sociale ha spinto ovunque il “trust gap” a livelli importanti, farsi ascoltare dalle audience diventa sempre di più complesso del catturare l’attenzione. Comunicare un brand oggi vuol dire sempre più andare oltre le qualità intrinseche del prodotto/servizio offerto per entrare sempre più nella sfera dei valori che “la persona” vuole realizzati nelle società.

Come possono le organizzazioni colmare il vuoto lasciato dai governi, proprio ora che le persone attribuiscono alle aziende un ruolo importante nella società?

Se verso l’esterno tutte le parti di un’impresa sono responsabili dell’organizazione stessa , allora un efficace strategia di comunicazione deve avere il proprio baricentro sui valori e sul credo del brand, cioè sul suo purpose. I clienti non comprano più solo ciò che facciamo ma anche ciò in cui crediamo, il pubblico obiettivo della comunicazione non è più composto da coloro che hanno bisogno dell’azienda o dei suoi servizi e prodotti, ma da coloro che credono in ciò in cui l’azienda crede.

Si tratta di un fenomeno che ha implicazioni profonde. Pensiamo al fenomeno della “great resignation” e a come trattenere e attirare nuovi talenti. Appare lecito attendersi che quelle aziende che sapranno meglio interpretare il proprio ruolo di attore sociale e colmare il vuoto potranno gestire meglio di altri il grande tema del capitale umano.

Il ruolo del comunicatore si arricchisce quindi di nuove skill perché deve contribuire alla definizione del purpose, garantire azioni coerenti, intercettare stakeholders in sinergia con le credenze e valori aziendali. Se la strategia di comunicazione sarà vincente gli stakeholder restituiranno riconoscendo al brand tempo, fedeltà e anche denaro.

A proposito di Trust Gap e di di ruolo sociale delle aziende condivido con voi 3 best practise sperando di dare qualche spunto e riflessione.

Boots è uno dei principali retailer in UK che commercializza dal 1849 prodotti per la salute e per la bellezza. Per colmare il vuoto causato dall’inflazione e dalla crisi i del costo della vita dovuto ai grandi eventi contemporanei, il retailer ha bloccato il prezzo su 1.500 prodotti.

Proprio lo scorso mese Boots ha annunciato che l'azienda sta subendo la sua "più grande variazione di prezzo in assoluto" su oltre 1.500 prodotti per aiutare i clienti alle prese con la crisi del costo della vitaper aiutare i clienti alle prese con la crisi del costo della vita. Il rivenditore segue l’iniziativa della rivale Superdrug nel congelamento dei prezzi dei prodotti a marchio proprio, inclusi shampoo, dentifricio, gel doccia e pannolini, almeno fino alla fine del 2022. L'elenco dei prodotti sarà rivisto alla fine del 2022, sono disponibili 11.000 prodotti a marchio Boots, con prezzi a partire da 40 pence, con 100 linee al prezzo di 1 GBP o meno e 1.000 prodotti a un prezzo inferiore a 2 GBP.

Telco ha celebrato la fusione con telco Vocus regalando un bonus, a ogni bambino nato in Nuova Zelanda il 1 giugno 2022 assegnabili una quota di 222.000 NZD (circa 139.061 USD).

L'iniziativa mira a dare ad alcune famiglie neozelandesi un vantaggio nella creazione del proprio futuro più equo, un gesto in linea con lo scopo della società di telecomunicazioni di “Fighting for Fair”. L’iniziativa è stata accompagnata da una campagna umoristica e commovente, con un gruppo di bambini in tailleur su misura che rappresentano il futuro della Nuova Zelanda.

Alla luce della notizia del potenziale ribaltamento di Row vs. Wade nel maggio 2022 - che ha coinciso con la festa della mamma negli Stati Uniti - l'agenzia pubblicitaria GDS&M con sede in Texas ha pubblicato la campagna "Happy Forced Mother's Day". Le carte regalo raffiguranti lo slogan potrebbero essere condivise e inviate a funzionari federali e statali, fisicamente o digitalmente, nel tentativo di esercitare pressioni sul governo per proteggere i diritti all'aborto. La campagna afferma che le mamme sono fantastiche, ma nessuno dovrebbe essere costretto a esserlo.

Happy Innovating!


The News Il Podcast Accenture | Armando Barone

Aziende e Podcast, l′esempio vincente di Accenture Italia

Trascorriamo sempre più tempo nell’intersezione tra digitale e fisico, e questo è un dato di fatto. Altro dato di fatto è che le audience sono sempre più fluide, il numero di fonti dell’informazione sono aumentate considerevolmente negli ultimi anni. Vero anche che l’ampissima offerta e disponibilità di fonti rende più difficile essere ben informati. E-mail, feed di notizie, diari, social, siti multimediali, etc etc, le occasioni per informarsi si moltiplicano.

A proposito di fonti informative, proprio questa settimana è stata l’occasione per ritirare un premio, il Forbes Podcast Award, a nome della mia azienda e di tutto il team delle Media Relations. Non amo autocelebrazioni ma trovo interessante condividere con voi l’oggetto del premio e il suo presupposto.

Il progetto premiato è THE NEWS – Il podcast, la rassegna in podcast pensata dalle media Relations di Accenture, un progetto complesso e delicato, la cui lavorazione ha coinvolto e coinvolge quotidianamente l’intero team che spinge verso innovazione e purpose come duplice ma medesima prospettiva: ruotare verso il nuovo e aggiungere sempre più valore umano alla nostre soluzioni.

L’informazione di cui siamo parte ha un ruolo fondamentale nell’aiutare a coinvolgere le audience sull’importanza che l’innovazione riveste in un periodo di grande trasformazione come quello che stiamo vivendo. Ma questa consapevolezza non è sufficiente, l’opportunità sta nel trasmettere informazioni rilevanti che non solo parlano un linguaggio contemporaneo, ma potenziano anche modi nuovi di fruizione.

THE NEWS – Il podcast va OLTRE L’INFORMAZIONE SCRITTA  per raggiungere anche le generazioni più giovani che lavorano in Accenture e consentirli di informarsi, ruotare verso il nuovo confrontandosi quotidianamente con le notizie dal mercato sulle grandi trasformazioni guidate dalle tecnologie,  in un modo che è meglio allineato con le loro abitudini di informarsi.
Del resto i dati parlano chiaro, negli ultimi tre anni gli ascoltatori di podcast in Italia sono più che triplicati e tra gli argomenti in crescita proprio le news occupano un spazio importante.

The News Il Podcast Accenture | Armando Barone

Il fatto scatenante di THE NEWS – Il podcast risale al 2019, e come tutte le buone idee spesso nascono da necessità del momento e poi prendono una strada sorprendente. Così è stato per THE NEWS – Il Podcast  quando c’era l’impellente necessità  di dar vita a un canale di comunicazione  che ci permettesse di raccontare in dettaglio la Tech Vision, l’osservatorio annuale sulle tecnologie di Accenture,  e la strategicità delle Cybersecurity in un momento in cui il tema era ancora molto tecnico e relegato in un circolo stretto di addetti ai lavori.

Fu in quel momento esatto che realizzammo con il team l’opportunità di ottimizzare il media podcast, rendere accessibile un argomento “chiuso” e innovare il modo in cui raccontavamo e trasferivamo le notizie del giorno verso l’interno dell’azienda.

Nasce così THE NEWS – Il Podcast.

Viene erogato quotidianamente, può essere ascoltato online e  offline, sul portale aziendale oppure nella nostra app gratuita Accenture Italia News (iOS, Android).

Quando ascoltare THE NEWS – Il Podcast? Personalmente, mi sono avvicinato al mondo dei Podcast per curiosità, essendo un’amante dell’innovazione volevo sperimentare nuovi modi per informare la nostra audience. Avevo capito che con il podcast potevano non solo informare le colleghe e i colleghi di Accenture ma anche tenergli un po’ di compagnia,  persone che hanno poco tempo, che sono in viaggio o che non leggono la carta stampata.  The NEWS – Il Podcast si può ascoltare nelle più svariate occasioni e in contemporanea  ad altre attività: mentre siamo in metro, mentre guidiamo, mentre passeggiamo o facciamo sport.

Selezionare per le audience interne di Accenture le notizie più rilevanti del mondo dell’innovazione e presentarle in formato podcast ha certamente catturato attenzione e concentrazione, due risorse che non sono illimitate.

THE NEWS – Il Podcast è stato all’altezza della promessa e dal 2020 tutte le mattine questa speciale rassegna, si rivolge a ben 19 mila persone di Accenture Italia e le informa puntualmente sulle news “freschissime” del mercato dell’innovazione.

Per noi della comunicazione esterna di Accenture  la sfida non consiste solo nel conquistare l'attenzione e la fiducia delle audience interne all’azienda. Si tratta anche accompagnarli a ruotare verso il nuovo con informazioni rilevanti, accessibili, in grado di generare riflessioni.

Grazie ancora a Forbes e al suo Podcast Award per il prestigioso riconoscimento.


gen z sostenibilità

La Generazione Z sempre più attenta alla sostenibilità

Siamo certi che la necessità di trasformare il modello verso la sostenibilità sia un tema che unisce le generazioni? Siamo certi che la generazione Z di Greta Thunberg rappresenti il propulsore di questa grande rivoluzione per vivere in una società che finalmente si riconcili con i ritmi del mondo per diventare al contempo più evoluta e armonica?

Oppure stiamo provando ad imprimere un cambiamento senza garantirci di avere on board chi di fatto dovrà trainarla, e pagarla, nei prossimi decenni?

Una survey commissionata da Enel Green Power e realizzata dall’Istituto Piepoli che analizza la Gen Z ha un output molto interessante.

L’analisi mostra che tra i giovani esiste una fascia di “paladini dell’ambiente” - il 19% degli intervistati - che dicono di fare sforzi concreti per salvaguardare il pianeta, preferiscono pagare di più per prodotti "sostenibili" e partecipano a manifestazioni di piazza. Ci sono anche i “virtuosi” - il 25% - attenti a non sprecare elettricità, acqua, cibo e a fare la raccolta differenziata dei rifiuti.

Ma i due gruppi insieme rappresentano ancora una minoranza, pur se consistente, sul totale dei giovani intervistati.

La Gen Z è la prima generazione nativa digitale e costituisce quasi un terzo della popolazione globale, sono quindi il segmento demografico più grande. Cresciuti durante il tumulto di una crisi finanziaria e della guerra al terrorismo, sullo sfondo della crescente digitalizzazione e della crisi climatica, la Gen Z è caratterizzata da un insieme unico di valori e ambizioni. Ma questo va oltre il fatto che possano essere autentici interpreti di un mondo più sostenibile.

Con la crisi in Ucraina aumentano anche le tensioni geopolitiche, i giovani, sempre dalla survey di Enel Green Power, sembrano prestare poca attenzione al legame tra sostenibilità ed energia: solo il 16% lo indica. E sempre il 16% dice di voler approfondire la questione della transizione energetica (il 14% quella della decarbonizzazione) mentre il 40% pensa soprattutto al tema generale del cambiamento climatico.

Certamente una parte della Gen Z è una forza trainante in grado di modellare la cultura e i comportamenti, ma questa minoranza saprà includere la maggioranza oppure rischia l’effetto torre d’Avorio con il possibile risultato di trasformare anche la sostenibilità in un tema divisivo?

Ancora credo che un ruolo decisivo lo debba interpretare il mondo della comunicazione che deve ancora trovare una metrica condivisa con questa nuova generazione, oscillando tra il disimpegno e l’esaltazione dei giovani ma di fatti abdicando al fondamentale ruolo di comunicare in maniera inclusiva.


transizione Energetica innovazione

Come rendere popolare l′Innovazione, l′esempio dell′Idrogeno

Proprio nei giorni scorsi su Il Sole 24 Ore, ha posto sotto i riflettori il tema della transizione verde e dell’Idrogeno con una storia eccellente come quella della Società De Nora, che punta direttamente a piazza affari con un aumento di capitale che che supera i 3 miliardi di euro.

Storie di eccellenza che non devono stare troppo lontano ma ci devono riguardare. Perché?

Le fonti alternative sono un argomento sempre più vicino ai bisogni delle persone. Gli obiettivi legati al taglio delle emissioni di Co2 coinvolgono tutti, non solo i super esperti.

I media, gli influencer e i comunicatori hanno una grande responsabilità nel divulgare questi temi perché senza un’alleanza con le persone il cambiamento stenterà a decollare.

La strada verso la transizione energetica, ha bisogno di Idrogeno come strategia per realizzare un’ efficienza energetica strettamente connessa alle energie rinnovabili.

L’idrogeno è ovunque nell’universo, è il combustibile con la massima efficienza energetica per massa e quando viene utilizzato non emette CO2.

Riuscire a favorire le conoscenze tecnologiche, lo sviluppo di infrastrutture e l’utilizzo dell’idrogeno rinnovabile significa portare evidenti benefici a tutto l’ecosistema Aziende, comunità e persone.

Perché voglio parlarvi di Idrogeno oggi? Non sono di certo un tecnico del settore o un divulgatore scientifico della materia ma credo che la comunicazione giochi un ruolo fondamentale nel difendere innovazione e creare un’alleanza con le persone comuni, quelle che pagano le bollette.

Bisognerebbe semplificare e portare cultura nelle famiglie, nelle piccole aziende che giocano un ruolo fondamentale nella transizione energetica. Un processo di innovazione così repentino come quello di cui abbiamo bisogno per abbattere l’emissione dei CO2 deve potere contare sul supporto della più alta percentuale di popolazione possibile. Mai come adesso la comunicazione gioca un ruolo determinante. Ma siamo ancora lontani. Nel momento in cui sto scrivendo questo articolo digito la parola Idrogeno su Google, i primi 10 risultati sono tutti scientifici.

transizione Energetica idrogeno

La sfida della transizione tecnologica non è relegata esclusivamente ai livelli funzionali delle soluzioni ma altresì deve spostarsi verso l’engagement di nuove audience. Solo così possiamo massificare il bisogno e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

L’idrogeno consente di raccontare storie accessibili a tutti, vere fiabe tecnologiche: con 1 kg di idrogeno è possibile muovere un'automobile per 130 km, fornire riscaldamento per due giorni a un'abitazione, produrre 9 kg di acciaio a partire dal ferro grezzo.

Ma non solo. Condivido tre esempi di soluzioni che hanno usato l’idrogeno, tre prospettive diverse ma tutte e tre molto interessanti.

Il caso di Ecopetrol che ha stretto alleanze con sei società internazionali per sviluppare una strategia energetica all'idrogeno, il caso di Volvo che prevede già quest'anno di avviare la produzione di concept car e componenti in acciaio realizzati utilizzando l'idrogeno e infine, il caso di un profumo che per essere prodotto utilizza CO2 convertiti in alcolici privi d’impurità utilizzando l’idrogeno nel sistema di reattore di conversione.

Veniamo al primo esempio: dopo aver testato il suo primo progetto pilota a idrogeno green, a maggio il produttore petrolifero colombiano Ecopetrol ha annunciato una collaborazione con società energetiche internazionali per sviluppare una strategia incentrata sul carburante verde. Insieme a Total Eren ed EDF dalla Francia, Siemens Energy dalla Germania, H2B2 dalla Spagna, Empati dal Regno Unito e Mitsui dal Giappone, l'azienda ha avviato una strategia per rafforzare lo sviluppo di un piano globale a basse emissioni di carbonio. Dedicherà progetti specifici alla de-carbonizzazione della produzione di idrogeno nelle raffinerie e realizzerà iniziative per il suo utilizzo nell’industria e nel settore mobilità.

La seconda innovazione che merita un accenno è una nuova produzione, quella della svedese Hybrit (Società di proprietà di SSAB)  che ha consegnato un lotto di "acciaio green” a Volvo. Mentre il carbone viene utilizzato per la produzione di acciaio a base di minerali, Hybrit utilizza energia rinnovabile e idrogeno in un impianto pilota aperto nel nord della Svezia nel 2020. Volvo  già utilizza dalla fine del 2021 l'acciaio per prototipi e parti separate di veicoli, l’azienda ha dichiarato di voler diventare un’azienda climaticamente neutra entro il 2050 in linea con l'Accordo di Parigi.

L’ultima innovazione che vorrei condividere con voi è quella di Air Eau de Perfume,  un profumo a base di etanolo prodotto da Air Company. L'azienda specializzata in tecnologie del carbonio con sede a New York crea prodotti di consumo utilizzando CO2 estratti da impianti di fermentazione tradizionali e alcolici industriali, che convertono in alcol privi di impurità utilizzando l'idrogeno nel sistema del reattore di conversione del carbonio dell'azienda. L'azienda ha dichiarato che ogni bottiglia utilizza 0,036 kg di CO2. Le bottiglie costano 220 USD ed erano disponibili con un preordine nell'ottobre 2021 con spedizione prevista nel primo trimestre del 2022.

Insomma esistono già progetti tangibili, perché non raccontarli?

Allora amici comunicatori proprio per questo motivo se avete delle innovazioni o dei POV da condividere che riguardano l’Idrogeno, eccomi qui pronto ad accoglierle tra vostri commenti.

Happy Innovating!


Oltre le Logiche dei media per una logica della rilevanza 

In un mondo sempre più connesso, in cui le informazioni si diffondono ad una velocità mai vista prima, i media assumono sempre di più un ruolo centrale nell’intercettare le persone che s’informano in modo diversificato rispetto alle fonti da cui attingono notizie e approfondimenti.

Tutti i dati disponibili fotografano una situazione di crescita e fluidità delle audience nella ricerca di ciò che ritengono rilevante.

Ma devono essere le audience a seguire i media o viceversa?

Nella mia visione sono i media che dovrebbero seguire le audience, anzi dovrebbero anticiparle.In uno scenario mediatico sempre più data driven la tecnologia si comporta da acceleratore - la case history di Club House nato, cresciuto e fallito tutto in contemporanea è interessantissima - e da abilitatore di cambiamenti improvvisi permettendo la nascita di media che in poco tempo raggiungono numeri impressionanti. Vedi per esempio TikTok che sta assumendo un ruolo centrale anche nel purpose con hashtag come #ecotok, #antirazzismo e #ecohack che hanno raggiunto oltre 1,25 miliardi di visualizzazioni in totale. Pensate che TikTok sia un media solo per i giovani? Ripensateci. Oltre 200 milioni di utenti TikTok hanno più di 35 anni.

In questo contesto di continua fluidità dove la vera contesa si sposta sulla capacità di convincere le persone ad investire il proprio tempo, il comunicatore che si è formato nel mondo dei media tradizionali come dovrebbe comportarsi?

Risposta 1 - Ripensa alle milioni di copie che le edicole vendevano solo pochi anni fa;
Risposta 2 – Butta la spugna e “munge la mucca”;
Risposta 3 – Cavalca la grande opportunità del mercato dell’informazione.

Evidentemente la risposta che accenderei è la numero tre perché il mercato dell’informazione ha un potenziale enorme. Per conquistare la merce più rara a disposizione delle persone, il tempo, l’asse si è spostato definitivamente dalla quantità alla qualità e alla trasparenza. La voglia d’informarsi che le persone manifestano va accompagnata con strategie e modi per essere più rilevanti e guadagnarsi così la fiducia delle audience.

Le skill imparate gestendo i media tradizionali sono un plus se vengono capitalizzate e rimesse in gioco nel nuovo scenario. Pensiamo ad esempio al sempre più sensibile tema delle fake news e al supporto che chi è formato al rigore della verifica può offrire.

L’opzione obbligatoria per rimanere rilevanti è ruotare verso il nuovo, facendo leva sull’esperienza per continuare ad avere una rapporto proficuo con i media tradizionali e includere tra gli asset di comunicazione nuovi media con contenuti di valore che raggiungono i target.

Man mano che il confine tra fisico e digitale continuerà il proprio processo di avvicinamento e folks e considerando che nulla si ripete perché il metaverso non è second live due, emergeranno nuovi mezzi e ci saranno sempre nuove opportunità.

Da un punto di vista del linguaggio i media tradizionali sono destinati ad andare oltre le parole per raggiungere le nuove generazioni e consentire alle persone di interagire con i concetti in un modo che è più allineato con le loro comunicazioni quotidiane. È una grandissima opportunità per i brand forti e riconosciuti del mercato dell’editoria.

Mi piace ricordare Jack London, un grande scrittore e giornalista britannico della fine dell’800, il padre delle serie che guardiamo oggi su Netflix. Era una persona orientata al cambiamento,  fece anche lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche e il corrispondente di guerra.
Fu uno dei primi giornalisti ad utilizzare la tecnica a puntate per farsi leggere dai suoi lettori sulla rivista in cui venivano pubblicate le sue storie. In questo modo si assicurava l’attenzione e l’engagement dei suoi lettori.

La storia ci dice che nessun media sostituisce un altro eliminandolo del tutto, ma che una convergenza intelligente è possibile. Certo è che il media è un contenitore, il suo prodotto è il contenuto, ma il produttore e il garante della qualità dell'informazione è il Comunicatore che deve contribuire a rendere virtuoso e sostenibile l’ecosistema.


transizione energetica

La transizione energetica ci sta insegnando il futuro

E se vi dicessi che l’Italia può diventare indipendente dal gas straniero entro 3 anni? Capisco che mentre si osserva la strepitosa bolletta da pagare o semplicemente si sta facendo il pieno all’automobile può risultare una provocazione.

Invece secondo uno studio Accenture – Agici è uno scenario assolutamente fattibile. La soluzione sta in un grande impegno che tutto l’ecosistema Paese dovrebbe prendere per accelerare l’installazione di fonti rinnovabili portandola a 20 GW/anno,  incrementare la produzione di biometano a 8 Bcm, aumentare l’efficienza energetica dall’ attuale 1% a 1.5% all’anno e migliorare la produzione nazionale di gas.

E’ difficile? Assolutamente ma non impossibile. I benefici di uno sforzo collettivo in questo senso sarebbero enormi. In termini macro e microeconomici ma anche di prestigio del nostro Paese che da diversi decenni fa fatica a stare al tavolo che conta dei paesi avanzati. Ci sarebbe inoltre un grandissimo contributo al tema dei temi: il cambiamento climatico. La battaglia per fermare il “disastro climatico” come l’ha definito Bill Gates, è cinta d’assedio tra la pandemia, che ancora mostra qualche picco, la guerra in Ucraina e il correlato rischio geopolitico che ne consegue.

transizione energetic

Ma non bisogna perdere la bussola perché ogni rallentamento dalla traiettoria del raggiungimento dell’obiettivo di emettere zero Co2 ci avvicina sempre di più allo scenario di rischio che secondo molti studi può costare al nostro Paese il 7-8% di PIL per la convergenza del peggioramento delle condizioni dei centri urbani, del tessuto idrogeologico, delle risorse idriche, dell’agricoltura e degli incendi boschivi. Tacendo sullo scempio che questo scenario arrecherebbe al nostro Bel Paese e al proprio patrimonio paesaggistico e culturale.

Ritornando alla “Green Acceleration” è possibile se facciamo convergere tutte le intelligenze del fare per semplificare i processi amministrativi, armonizzare gli incentivi, rendere stabili il mix di fonti, usare la tecnologia per adeguare le infrastrutture e ottimizzare gli impianti esistenti.

Ritorna quindi la necessità di dotarsi di un mind set innovativo andando oltre al business as usual e  accelerare per cogliere l’evidente bisogno di cambiamento.


purpose cambiamento

Purpose driven, modello per il Cambiamento

Le emergenze che stiamo vivendo hanno cementato le organizzazioni sul modello purpose driven. Basta digitare la parola sul web per realizzare le tante e belle iniziative delle aziende in questo senso.  Nel grafico di Google trend al termine “purpose” viene associato il valore 100 per indicare che lo stesso termine è stato cercato dagli utenti con una maggiore frequenza rispetto ad altre parole.

Ma come rendere questo importante framework parte integrante della quotidianità nel lavoro come professionista e come team? Questa è la domanda che dovremmo considerare.

Non credo che ci sia una soluzione univoca ed è anche per questo che condivido il mio punto di vista.

Credo che nella pratica il purpose coincida con l''innovazione', con la capacità di vivere il contesto di cambiamento in maniera aperta nei confronti del nuovo e pronto a mettere in discussione i processi consuetudinari valorizzando il 'business as usual' come leva per innestare positivamente il nuovo e creare valore per le persone.

Nel pratico vuol dire attivare un 'meccanismo' se vogliamo anche divertente, di fare challenge alle pratiche quotidiane del lavoro: vado in ufficio per una sessione di design thinking oppure faccio smartworking? Produco un comunicato stampa oppure un podcast? E via dicendo.

purpose cambiamento

Un atteggiamento del genere parte dalla constatazione che il concetto stesso di “comfort zone” è diventato fluido. Mentre i nostri genitori sono entrati nel mercato del lavoro e ne sono usciti ancorati a delle prassi che li hanno accompagnati per tutta la carriera questo oggi non accade. Per questo credo che la leva della formazione sia fondamentale non solo per acquisire skill ma per fare sedimentare culturalmente in ognuno di noi un contesto cambiato strutturalmente nel volgere di pochi anni.

C’è anche un risvolto motivazionale, non solo legato alle competenze, infatti mettersi in gioco rispetto all’innovazione significa un graduale avanzamento verso il purpose cioè uno sviluppo volto a trovare una versione più innovativa di noi stessi.

Questo credo è il significato pratico di purpose =innovazione, piccoli passi che ci portano tutti ad un mondo migliore, azioni che ci rendono migliori professionisti, che ci fanno crescere ed evolvere.

Ogni sfida ci offre l'opportunità di sviluppare un mindset innovativo.

Man mano che il mercato progredisce il professionista avanza, piccoli passi, di un percorso.

Certo a volte non è semplice, ma in un percorso

piccole crisi inaspettate possono aiutare a trovare soluzioni inaspettate, soluzioni innovative.

Si tratta di un processo fatto di micro innovazioni verso una versione più innovativa di noi stessi.

Proprio noi siamo i primi artefici del purpose in action, certo all'interno dello scenario definito dall'azienda dove abbiamo scelto di proseguire il nostro percorso. Connetterci al macro purpose e alle macro innovazioni ci permette di stare nell’ecosistema in modo equilibrato e avere un ruolo nel cambiamento.

È anche una questione di utilizzo innovativo della nostra intelligenza, l’innovazione è il carburante della trasformazione

Non c’è bisogno di fare il pieno ma almeno avere sempre  un livello giusto d’innovazione per non navigare a motore spento.

Happy innovating!


presentazioni aziendali armando barone

Come realizzare una presentazione aziendale efficace

Quante volte abbiamo assistito ad una presentazione e ci siamo accorti che non riuscivamo a stare concentrati, nel dilemma se seguire lo speaker oppure guardare le slide, oppure incantati dal bellissimo quadro alle spalle della spokesperson per cui il cervello si sganciava dall’evento e mentre si lanciava in una ricerca inarrestabile per ricordare l’autore fino a capitolare alla tentazione di dedicarsi a guardare i messaggi sul cellulare?

A mio parere in questi interventi il relatore ha sbagliato qualcosa, non riuscendo a coinvolgerci appieno.

Lo spostamento degli eventi dal fisico all’on-line, il mondo ibrido su cui si sta organizzando l’uscita dalla pandemia, ha reso strategica la preparazione degli interventi.

Slide o speech che sia, quando dobbiamo fare una presentazione è importante prima di tutto allocare del tempo per prepararsi, non bastano i pochi minuti tra un Teams e un altro.

Importante prendere in considerazione alcuni passaggi.

Il primo fondamentale, quanto bistrattato, è creare un set up adeguato ed evitare quelli che ci potrebbero apparire come piccoli errori ma che in realtà possono complicarci le cose. Se dovessimo applicare una legge di Pareto alle presentazioni direi che parliamo di quel 20% che fa l’80% del risultato! I passaggi da fare sono 3:

  1. Capire bene le motivazioni delle persone a cui presentiamo rispetto alle argomentazioni che vogliamo comunicare;
  2. Costruire uno speech e delle slide con l’obiettivo di creare una sinergia tra i messaggi sui due “mezzi” differenti;
  3. Curare e preparare bene la delivery per evitare brutte sorprese al momento della presentazione.

Sfoltire le slide che presentiamo è un must. Le persone riescono a processare 3 messaggi, se questi vengono nascosti intorno a decine di dati non solo i messaggi non emergono ma l’ascoltatore inevitabilmente si perde, ed eccolo là che tira fuori zitto zitto il suo smartphone. Sforziamoci quindi ad eliminare testo superfluo senza temere di dimenticarci il dato di dettaglio durante lo speech.

presentazioni aziendali armando barone

Anche da un punto di vista estetico, aumentare sproporzionatamente la densità del testo nelle slide porta inevitabilmente a diminuire l’impatto visivo e la funzionalità che questo registro di comunicazione ha sull’apprendimento della audience.

Anche il tempo, può giocare a nostro favore se lo pianifichiamo bene, aspetto questo che con le presentazioni on line è ancor più vero.

Il modo migliore è stare dentro un certo minutaggio sorpassato il quale l’attenzione della audience cala inevitabilmente. Ecco perché ci converrebbe preparare bene lo speech, collegandolo alle slide – oppure al supporto visivo scelto, in maniera puntuale.

Sarà capitato anche a voi di assistere sia a presentazioni che hanno sforato con i tempi, sia a quelle invece fatte da relatori attenti che hanno concluso qualche minuto prima.

Chi avete apprezzato?

Scommetto che la risposta è chi ha chiuso qualche minuto prima.

I colleghi americani, un po’ per cultura un po’ per abitudine, sono più ferrati di noi quando gestiscono una presentazione. Negli USA, già dalle scuole elementari, insegnano ai bambini a presentare le proprie idee.

L’atto del presentare è a tutti gli effetti un atto comunicativo incentivato dal sistema scolastico. Ve ne racconto un’altra.

Nel mese di settembre, per una settimana decine d’imprenditori presentano le proprie start-up a influenti gruppi di esperti, investitori e media, in due diversi eventi: il TechCrunch 50 a San Francisco e il DEMO a San Diego. Per coloro che fondano una start up la posta in gioco è molto alta: successo o fallimento. Gli organizzatori del TechCrunch ritengono che 8 minuti sia un tempo sufficiente per “speakerare” un’idea. DEMO concede agli imprenditori ancora meno tempo, 6 minuti. Demo inoltre chiede 3000 dollari al minuto.

La domanda che potremmo farci è: se dovessimo sborsare 3000 euro al minuto per fare una presentazione, come ci muoveremo?

La preparazione di uno speech richiede non solo un termine di tempo entro il quale stare ma anche un attento lavoro sulla storia e sul ritmo dei contenuti, nonché un particolare check tra le parole che verbalizziamo e quelle riportate in slide. I “soundbite” che verbalizziamo dovrebbero trovare riscontro sulle slide. Chi ti ascolta ha sempre bisogno di un gancio visivo per fissare il messaggio.

C’è anche da dire che le presentazioni oggi non hanno solo un format, possono essere in presenza, trasferite in streaming in modalità one to many, visualizzate on-demand, statiche o interattive o distribuite su più piattaforme digitali.

One presentation fits all purtroppo non funziona più, dobbiamo quindi determinare il modo migliore per connetterci con la audience e quale formato utilizzare in base alla dimensione del pubblico, l’impostazione della presentazione, come il nostro pubblico preferisce ricevere informazioni; e un metodo di delivery che aiuti i nostri obiettivi di comunicazione.

Un altro aspetto importante è quello di bilanciare la necessità di un messaggio coerente con la flessibilità di una presentazione dinamica e personalizzata. Oggi teniamo molte presentazioni on line e in quest’ottica è importante considerare alcune sfumature che cambiano decisamente il risultato rispetto alla modalità di presentazione in presenza. Per esempio la tecnologia: tutti gli aspetti tecnici che in presenza ignoriamo perché c’è qualcuno che ci pensa oggi sono fondamentali per una resa efficace.

Inquadrature sbagliate, illuminazione scarsa, sedute scomode, possono compromettere realmente il percepito della audience. Così anche tutti gli aspetti legati all’audio.

Nelle presentazioni on line cambia anche la modalità di delivery della storyline. Meglio accorciare i bit di comunicazione e variare velocemente l’argomento, per ottimizzare l’attenzione del pubblico che in modalità ibrida cala più facilmente – quante telecamere sono spente durante le vostre performace online?

Spero di avervi convinto che fare una bella presentazione non è scrivere tante cose intelligenti e chiedere ad un grafico di metterle insieme ma il risultato di una strategia e di un delivery ragionato. Ma quanto tempo c’è bisogno per prepararsi bene? A questa domanda rispondo segnalando alcuni passaggi che bisogna necessariamente fare:

Strategia

  • Comprendi bene le motivazioni del tuo pubblico rispetto all’argomento che devi presentare
  • Chiediti cosa speri di ottenere attraverso la tua presentazione e scegli una delivey in linea con i tuoi obiettivi (in presenza, on line, on demand etc);
  • Considera l’ambiente in cui presenterai (location fisica o spazio ibrido) e tutti gli aspetti che possono facilitare l’accesso ai contenuti da parte del pubblico;
  • Fissa bene lo “spostamento” che vuoi far fare al tuo pubblico per seguire la tua idea
  • Determina la lunghezza della tua presentazione
  • Decidi lo stile delle tue slide

Speech

  • Prepara lo schema del tuo speech e sviluppa i tuoi 3 messaggi;
  • Perfezionati ricordandoti che per risultare spontanei il giorno della presentazione ogni minuto di speech richiede almeno un quarto d’ora di allenamento;
  • Fai un check sul tempo che impieghi a deliverare tutto lo speech, qualora riscontrassi sforamenti elimina il superfluo.

Slide

  • Inserisci un’immagine, una head o poche key words e se hai necessità una body che non superi le tre righe;
  • Controlla che sulle slide siano riportati i soundbite che hai incorporato nel tuo speech;
  • Se ti troverai in presenza non perdere mai il contatto visivo con un pubblico voltando le spalle per leggere la slide. Se hai preparato bene lo speech e le slide sono essenziali non ne avrai bisogno.

Location

  • Se puoi scegli un luogo dove sei a tuo agio;
  • Prenditi cura dell’inquadratura e del background;
  • Scegli un abbigliamento che trasmetta autenticità, relativo al contesto ma che ti rappresenti.

L′invecchiamento cambia il tema della Salute

L'invecchiamento della popolazione globale sta cambiando radicalmente la società e ha un impatto sulla salute, la felicità e la prosperità di tutti.

Le previsioni sul futuro demografico in Italia restituiscono un quadro preciso. Nel 2020 il 21% della popolazione aveva 65 anni e più, rispetto al 16% del 2001, con un aumento di 5 punti percentuali. Le implicazioni includono che questo è un segmento in crescita della società e che non deve e vuole essere tenuto, e protetto, in un pluriball.

Le generazioni più anziane richiederanno prodotti, servizi ed esperienze che offrano indipendenza, connessione e stile.

Il Giappone è un grande esempio di come sia riuscito a rendere produttivo un target apparentemente inattivo attraverso l’introduzione di nuove tecnologie dedicate alla salute. Il Giappone si annovera tra i principali mercati importatori nell’industria delle tecnologie sanitarie (Healthcare Tech) con una storia consolidata nell’importazione di tecnologia medicale (il 49% del mercato MedTech nel 2014). L’innalzamento dell’età media tra la popolazione cresce rapidamente (il 30% della popolazione sarà ultrasessantacinquenne entro il 2025) l’utilizzo nell’industria sanitaria di prodotti IT e di servizi ad essi connessi dovrebbe aumentare almeno di 2,3 volte entro il 2030 (rispetto al 2013). Tra altri importanti sub-segmenti, il mercato degli strumenti legati a IoT e sistemi nel campo medico (del valore di 753 milioni di dollari USA nel 2016) dovrebbe raggiungere 1.685 miliardi di dollari USA nel 2025. I prodotti legati all’intelligenza artificiale e al mercato dei servizi, incluse le analisi di big data (del valore di 37 milioni di dollari nel 2016) si prevede che raggiungano 134 milioni di dollari nel 2025.

L’ultimo report di ISTAT registra che la salute degli anziani cresce ma cresce anche  la domanda di cura e assistenza e registra anche  forti differenze territoriali a svantaggio del Sud e delle Isole e le disuguaglianze sociali nella salute.

Circa un terzo degli over 75 presenta una grave limitazione dell’autonomia e per un anziano su 10 questa incide sia sulle le attività quotidiane di cura personale che su quelle della vita domestica.

La quota di popolazione over 65 con gravi patologie croniche e multi-mobilità è del 32,3%, mentre tra gli over 85 è il 47,7%, vale a dire 3,8 milioni di persone.

Sanità digitale

La nuova frontiera della sanità digitale è certamente un’opportunità per rispondere a questa domanda di cure e assistenza e superare le limitazioni territoriali in un’economia della distanza che prende sempre più forza economica.

Lo stesso PNRR prevede uno stanziamento di 1,67 miliardi di euro per il rafforzamento della sanità. Investimenti principalmente dedicati a reti di prossimità, telemedicina, innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. La realtà virtuale che spesso viene associata alle generazioni più giovani sta facendo breccia nel settore sanitario per gli anziani e potrebbe aiutare a scongiurare l'Alzheimer facendo sentire i senior delle nostre società civili meno sole.

Oppure dispositivi indossabili destinati ad alleviare il disagio e aumentare la mobilità delle persone affette dal morbo di Parkinson.

Immaginiamo come sarebbe la telemedicina se potessimo includere esami fisici basati sull'intelligenza artificiale nei controlli? Questo poteva essere difficile  da immaginare alcuni anni fa. Ma oggi disponiamo di dispositivi basati sull'intelligenza artificiale in grado di rilevare importanti parametri vitali per aiutare i medici a offrire un'assistenza sanitaria eccellente ai loro pazienti anziani e in remoto.

Un utilizzo intelligente delle tecnologie per la salute innesca un meccanismo premiante per l’intera filiera: gli anziani stanno meglio, accedono facilmente ai servizi, i costi di gestione diminuiscono e i consumi aumentano perché ovviamente in salute ci si hanno più desideri, a qualsiasi età.